Il regolamento che norma il sistema di sorveglianza del carcere albanese è inaccessibile. Così ha deciso il ministero della Giustizia, rispondendo ai sindacalisti della Uilpa!
Si tratta del carcere dove dovrebbero transitare i migranti responsabili di eventuali reati commessi nei Cpr costruiti in quel territorio, una struttura vuota che, come ha raccontato Domani, nel recente passato si era trasformata in un accogliente canile. Ora possiamo rivelare la nuova puntata di questa saga fatta di sprechi, inefficienza e assenza totale di trasparenza. Ma su cosa il ministero ha opposto motivi di sicurezza per evitare la trasmissione di documenti? Sulla domanda formulata da Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa, che aveva semplicemente chiesto copia del regolamento per la disciplina del sistema di video-sorveglianza della struttura penitenziaria, la data di emanazione, ma anche «copia del provvedimento con cui sono stati nominati il responsabile e gli incaricati del trattamento, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia».
Inaccessibili
Richieste che sembravano consuetudinarie e dovute, ma che, invece, sono diventate inaccessibili e segrete. «Si tratta di un ulteriore restringimento degli spazi democratici e anche del principio di trasparenza, ci chiediamo cosa ci sia di così segreto nelle immagini e negli eventuali audio che vengono registrati. Considerando che in quella struttura sono andati e andranno anche deputati e senatori della Repubblica, veramente non è possibile sapere come vengano usate quelle immagini? Di certo il precedente responsabile della polizia penitenziaria di quel carcere ne ha avuto accesso», dice De Fazio.
L’amministrazione ha eccepito la segretezza citando il decreto 115 del 1996 che disciplina i documenti del ministero sottratti al diritto di accesso, una disciplina applicabile anche all’accesso civico generalizzato (il cosiddetto Foia) secondo il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e la direttrice del carcere di Gjader, Silvana Salani.
Il diniego è così stato disposto «in relazione alla esigenza di salvaguardare la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali». Si legge ancora nel rigetto dell’istanza che «sono sottratti all'accesso i programmi per la collaborazione internazionale in materia penitenziaria e di giustizia quando la loro conoscenza comporti un pregiudizio concreto ed effettivo alla tutela degli interessi suindicati».
Doppio rigetto
Dopo la bocciatura, c’è stata la richiesta di riesame avanzata dal sindacato: che è stata respinta dal responsabile anticorruzione del ministero, Giuseppe Fichera. Il pronunciamento prende in esame la disciplina che norma la divulgazione degli atti facendo riferimento alle sentenze dei giudici amministrativi. «In sostanza, anche dopo l’entrata in vigore delle norme sull’accesso civico generalizzato permane un settore “a limitata accessibilità” se è vero che è consentito a chiunque di conoscere ogni tipo di documento o di dato detenuto dalla pubblica amministrazione, nello stesso tempo, qualora la tipologia di dato o di documento non può essere resa nota per il pericolo che ne provocherebbe la conoscenza indiscriminata, l’ostensione di quel dato e documento può essere consentita solo in favore di una ristretta cerchia di interessati», si legge.
Fichera conclude ritenendo legittimo «il diniego opposto dall’amministrazione alla richiesta di accesso civico».
Il Dap senza guida
In pratica resta inaccessibile la documentazione relativa perfino alla data di entrata in vigore del sistema di videosorveglianza così come l’atto di nomina dei responsabili. «Si tratta di una decisione incredibile e inaccettabile che arriva in un periodo nel quale il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non ha un capo, altro vulnus che racconta l’attenzione nei confronti del mondo carcerario e della polizia penitenziaria», dice De Fazio.
Da quattro mesi, infatti, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è senza un vertice, la ragione è stata svelata da questo giornale. Il nome della prescelta, Lina Di Domenico, ora facente funzioni, è stato prima fatto circolare alla stampa e poi è arrivato al Quirinale provocando lo stupore del Colle. Una sgrammaticatura che ha generato lo stallo.
«Bisogna rimediare quanto prima, leggo sui giornali nomi di magistrati che non hanno i requisiti per ricoprire quell’incarico, c’è una diffusa disattenzione non solo delle forze di maggioranza, ma anche di opposizione. In questo momento l’assenza provoca ritardi anche nelle riunioni della commissione che si occupa della progressione delle carriere. Commissione che dovrebbe presiedere la numero due del corpo che, però, da settimane è impegnata nel doppio ruolo anche di capo facente funzioni. Un caos inaccettabile», conclude De Fazio. Dopo il doppio diniego il sindacato valuta nuove iniziative, tra queste il ricorso al tribunale amministrativo.
Nello Trocchia - Il Domani 8 aprile 2025
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