Albania non è un modello. La polizia penitenziaria al governo: "Nessuna trasparenza e scelte ad personam" (di A. Raimo) www.huffingtonpost.it
Mancata trasparenza, parzialità e penuria di informazioni. Selezione di agenti ad personam. E ancora: personale alloggiato in prefabbricati mentre altri corpi sono stati mandati in hotel, carenza di servizi essenziali, a cominciare dall’acqua potabile.
Nel giorno numero uno del Centro per i rimpatri in Albania, a Gyader, arriva la protesta formale degli agenti di polizia penitenziaria. Il segretario della Uilpa Gennaro De Fazio scrive al capo del Dap Giovanni Russo e al direttore dell’amministrazione penitenziaria Massimo Parisi per chiedere informazioni sulle notizie che arrivano dall’Albania. Ma non solo. La polizia penitenziaria denuncia lacune e carenze relative “all’intera procedura propedeutica e connessa all’espletamento del servizio” che prevede l’impiego di operatori in servizio di missione internazionale.
“Si è connotata – scrive De Fazio - per mancanza di trasparenza, possibile parzialità e penuria d’informazioni doverose”. A cominciare dal reclutamento e dalla selezione del personale. “Basti pensare – si legge - che dopo l’emanazione di un bando d’interpello e l’acquisizione dei curricula degli interessati, non vi è stata comunicazione alcuna del numero dei candidati, né tantomeno la pubblicazione di qualsivoglia graduatoria o mero elenco dei medesimi.
Come se non bastasse, sono circolati vari elenchi dei selezionati, con repentini cambiamenti, frutto di scelte evidentemente “intuitu personae”, volendo utilizzare un eufemismo”.
In sostanza – questa è l’accusa dell’Uilpa - gli agenti sono stati chiamati in base a criteri discrezionali, non comunicati né formalizzati. Allo stato, poi, aggiunge il sindacato di polizia, “non si ha notizia ufficiale degli operatori del Corpo inviati in Albania, del trattamento alloggiativo e di missione loro riservato in relazione alla corresponsione di anticipi, etc., dell’entrata in funzione del penitenziario, della data d’invio dell’intero contingente previsto e molto altro ancora”.
La struttura albanese è infatti divisa in tre moduli.
A Shenjin, sulla costa, c’è l’hot spot dove viene effettuata una nuova identificazione dei migranti, dopo quella compiuta a bordo delle navi militari. Ieri nel controllo effettuato a terra si è scoperto che 4 persone su 16 non dovevano essere portate in Albania: due perché minorenni e altre due perché in condizioni di fragilità, cioè malate. Nella notte, i rimanenti 12 sono stati trasferiti a
Gyader, che è un vero e proprio centro di permanenza per il rimpatrio.
La struttura ospita anche un mini istituto penitenziario. Accanto al personale civile, selezionato dalla società Mediahospes, è impiegato personale in divisa: militari, polizia e agenti penitenziari.
Questi ultimi ora denunciano anche un trattamento discriminatorio nei loro confronti.
“Non si comprende – scrive ancora il capo del sindacato Uilpa- la parzialità manifesta determinatasi con gli appartenenti alla Polizia penitenziaria che alloggiano in prefabbricati nell’area del penitenziario, con anche difficoltà nella fornitura dei servizi (come l’acqua potabile), rispetto a quelli delle altre forze di polizia interessate, e per i quali è stata prevista la sistemazione in hotel”. Il sindacato chiede “circostanziate notizie” sulla situazione in Albania e chiede inoltre di ricevere “immancabili e tempestivi aggiornamenti periodici”.
Intanto a Gyader è arrivata la missione dei parlamentari Riccardo Magi di Più Europa, Paolo Ciani e Rachele Scarpa del Pd. Venerdì sarà il giorno decisivo per capire se l’esperimento messo in piedi dal governo in territorio albanese andrà avanti o se subirà uno stop. La sezione specializzata immigrazione del tribunale di Roma si riunirà in udienza di convalida dei trattenimenti.
Se la convalida non dovesse esserci, i 12 migranti trasportati dai militari italiani a bordo della nave Libra, dovranno essere trasferiti dall’Albania in Italia e inseriti nel sistema nazionale dell’accoglienza. “È chiaro che l’udienza di convalida ha un valore discriminante – spiega all’Huffpost Anna Brambilla, avvocato dell’Associazione studi giuridici immigrazione – rispetto alla quale c’è prioritariamente un tema temporale. La decisione della convalida va presa entro 48 ore
dall’udienza di convalida, e questa deve tenersi entro 48 ore dal trattenimento. L’udienza si tiene venerdì e dunque siamo oltre i termini previsti, visto che l’inizio del trattenimento deve essere calcolato dal momento in cui queste persone sono state fatte salire a bordo della nave militare italiana”.
Nell’udienza ci sarà poi un problema di garanzie tecniche e materiali ai migranti che saranno collegati via video con Roma, saranno assistiti da un avvocato d’ufficio e da un mediatore culturale in Albania, che lavora per la società che gestisce il centro per conto del governo italiano. In queste condizioni è difficile che possano spiegare bene la situazione in cui si trovano. “C’è sicuramente un tema relativo al diritto a una difesa adeguata, posto che bisognerà vedere in che modo l’avvocato riuscirà a conferire con il proprio assistito, per capire le condizioni in cui si trova”, sottolinea Brambilla.
Ma soprattutto c’è un tema di eccezioni generali alla convalida che il magistrato, e l’avvocato dei migranti, potranno tenere in considerazione. A cominciare dalla questione se sia legittimo il trattenimento in uno Stato estero. E se è legittimo trattenere, in vista del respingimento, una persona che arriva da un paese non sicuro. “Le 12 persone arrivano dal Bangladesh e dall’Egitto. La decisione del magistrato potrebbe ricalcare quella del giudice di Catania che ha respinto il trattenimento di un cittadino bengalese perché non ha ritenuto sicuro il Bangladesh”, spiega l’avvocato Brambilla.
“A questa decisione – osserva - si è aggiunta poi quella della Corte di giustizia europea che sostanzialmente la conferma”. Per quanto riguarda l’Egitto, al governo italiano basterebbe ricordare il dramma di Giulio Regeni, per capire che non è un paese sicuro.