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“Pronti gli hot spot in Albania. In pochi giorni l’arrivo dei primi migranti”, festeggia Fratelli d’Italia con una card diffusa via social. Peccato che la situazione sul campo non sia quella che celebra il partito di maggioranza relativa. “Al momento i nostri agenti di polizia penitenziaria sono accampati in container. La fornitura di acqua non copre l’intera giornata, lo stesso vale per la corrente elettrica e per le connessioni telefoniche e wifi. Vivono in una condizione di assoluta precarietà”, denuncia all’Huffpost Gennaro De Fazio, segretario della Uilpa.

L’ottimismo di FdI fa leva su altrettanto ottimistiche dichiarazioni dell’ambasciatore italiano a Tirana Fabrizio Bucci. “I due centri di accoglienza dei migranti, costruiti dall'Italia in Albania, sono da oggi operativi e siamo pronti ad accogliere i primi" ha annunciato Bucci, nel corso di un sopralluogo nel centro di Shengyin. I centri in realtà non sono ancora operativi, non sono in grado cioè di accogliere i migranti e di trattenerli in condizioni dignitose.

Il sistema di accoglienza albanese è organizzato su due strutture. La prima sulla costa, a Shengyin, nel Nord dell’Albania, a una sessantina di chilometri da Tirana, è un centro di prima accoglienza. Appena scesi dalla nave, i migranti vengono sottoposti agli accertamenti sanitari e all'identificazione. Quindi vengono trasferiti a Gyader, nell’entroterra albanese. Il campo di Gyader è diviso in tre sezioni: la più grande ospita i migranti che hanno fatto domanda di asilo e sono in attesa della risposta. La seconda è un Centro per i rimpatri (Cpr). Qui alloggerano i migranti la cui domanda di asilo è stata respinta. Nella terza sezione c’è un penitenziario, destinato a chi dovesse compiere reati all'interno del campo. La capienza è di 20 detenuti maschi.

Le due strutture e i moduli del campo di Gyader sono fatti per funzionare in maniera coordinata. Se non c’è il centro di accoglienza non può funzionare quello di Gyader, e lo stesso vale per ognuno dei tre moduli del campo nell’entroterra. Ma ad oggi, a quanto risulta all’Huffpost, i lotti di Gyader non sono stati consegnati integralmente. Dall’esterno non si nota che i lavori sono incompleti. Ma basta aprire l’acqua dei rubinetti per rendersi conto che mancano lavori essenziali a garantire la permanenza in simultanea, questo è previsto dal piano del governo, di 1120 persone nel centro di Gyader e di 300 in quello di Shengyn.

La costruzione delle strutture – che doveva essere ultimata entro maggio 2024 – è costata 65 milioni di euro. Il loro funzionamento assorbirà a regime 120 milioni di euro l’anno. In 5 anni, il periodo di validità dell’accordo siglato da Giorgia Meloni ed Edi Rama nel novembre 2023, si spenderanno 600 milioni. I centri ospiteranno i migranti uomini soccorsi in acque internazionali dai mezzi delle autorità italiane, esclusi quindi quelli messi in salvo dalle Ong. Afferiranno al sistema di accoglienza italiano, invece, donne, bambini e persone malate.

Ma la carenza di acqua per l’intera giornata, unita alla fornitura intermittente di elettricità e connessioni telefoniche e wi-fi ostacola, com’è ovvio, l’operatività dei due centri. De Fazio è in contatto con i colleghi della polizia penitenziaria che operano sul posto. "Non capisco come si possa parlare di centri operativi. I colleghi vivono in una condizione di assoluta precarietà, non esagero quando dico che sono accampati. Ora vivono in container, sopportando continue carenze idriche, di energia elettrica e di connessioni. Ma per giorni e giorni hanno dovuto provvedere alla loro sistemazione in hotel, anticipando di tasca propria le relative spese", dice il segretario della Uilpa.

Un ostacolo altrettanto gravoso potrebbe venire al funzionamento dei cpr albanesi dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Ue di venerdì 4 ottobre. Come detto nei centri albanesi, l’Italia medita di ospitare i migranti che presentino domanda d’asilo ma che provengano da Paesi considerati sicuri. Questo consente di adottare una procedura cosiddetta accelerata che dovrebbe esaurirsi in 28 giorni. Ma la Corte Ue ha stabilito, in sintesi, che la lista dei Paesi considerati sicuri dall’Italia non coincide con quella riconosciuta dal diritto comunitario. Per l’Italia, che applica il concetto di ‘sicurezza parziale’, sono sicuri anche Paesi come Tunisia, Egitto, Bangladesh in cui lo stesso governo italiano riconosce che condizioni di sicurezza non ci sono per omosessuali e transessuali o per gli oppositori politici. Per la Corte europea, invece, la nozione di Paese sicuro deve estendersi alla totalità della popolazione. E non solo a una parte di essa. A rigore, dunque, il solo Paese sicuro tra quelli riconosciuti dall’Italia sarebbe Capo Verde. Non sono sicuri, invece, tutti gli stati africani da cui partono i migranti diretti verso l’Italia.

Questo aprire una falla nel sistema di trasferimento dei migranti in Albania. Il loro trattenimento va infatti convalidato da magistrati italiani, che non possono non applicare la sentenza della Corte europea. O saranno chiamati a farlo dagli avvocati che per legge l'Italia deve garantire ai migranti. L’Italia si vedrebbe così costretta a rivedere la lista dei Paesi sicuri e a ridimensionare la portata dell’operazione Albania. Si vedrà. In ogni caso a magistrati ed avvocati chiamati ad operare a tutela dei diritti dei migranti servirà la corrente elettrica, la connessione wifi e di tanto in tanto anche l’acqua corrente.

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