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Leggi qui l'articolo - Contro l’emergenza il ministro ipotizza la scarcerazione per chi è in custodia cautelare o deve scontare 12 o 18 mesi di pena residua. Santalucia (Anm): “Tempi lunghissimi, il sovraffollamento non si risolve così”. L’ex direttore di Rebibbia: “Iniziativa senza senso”.

Scetticismo, timori concreti per possibili conseguenze deleterie. Diffusi tra toghe, agenti penitenziari, direttori di carceri, politici di sinistra. L’ipotesi del ministro Carlo Nordio per affrontare suicidi e sovraffollamento delle carceri è di mandare chi si trova in custodia cautelare, 16mila persone, o deve scontare ancora 18 mesi o un anno, nelle dimore sociali o nelle cooperative autorizzate da via Arenula - che però è ancora ai bandi di gara - ad ospitare detenuti senza domicilio. La certezza degli addetti ai lavori è che una idea del genere non risolva comunque “adesso” l’emergenza che squassa l’Italia dei detenuti, da Torino a Bari. Con proteste ancora ieri a Regina Coeli dopo quelle di Rebibbia. E i 66 suicidi.

Con Repubblica magistrati, agenti e direttori di carceri, politici di sinistra bocciano Nordio. Come Debora Serracchiani, la responsabile Giustizia del Pd: «Lui non ha proprio idea di come funzionano le carceri. Dovrebbe ascoltare di più la magistratura di sorveglianza e parlare con chi lavora nelle prigioni. Da lui arrivano le solite chiacchiere a casaccio. Nessuna iniziativa concreta, solo proposte destinate a non sortire alcun risultato, perché in realtà brancola nel buio». La proposta Nordio ha il via libera di Forza Italia. Il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Pietro Pittalis, favorevole alla liberazione anticipata di Roberto Giachetti, dice che «queste misure possono contribuire a limitare il sovraffollamento e vanno nella direzione che abbiamo indicato».

Alla bocciatura politica segue quella tecnica. A partire dal presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, tranchant sull’ipotesi Nordio: «Ammesso che si riesca a farla, i tempi sono talmente lunghi da non poter rispondere all’esigenza drammatica del sovraffollamento carcerario». Qui è il punto. Chi conosce le carceri mette sul tavolo i dubbi. Carmelo Cantone, l’ex direttore di Rebibbia, parla di «un’iniziativa che non può assolutamente stare in piedi per i casi di custodia cautelare che presuppone una stretta vigilanza non garantita in simili strutture». Non basta, perché Cantone dubita dell’efficacia anche per le pene residue: «C’è sempre il problema dell’articolo 4bis che esclude molti reati, dal piccolo spaccio alle rapine. Per creare spazi nelle carceri bisognerebbe introdurli. Anche se il 4bis è sempre stato vissuto come un totem intoccabile».

Dunque, un ulteriore ostacolo. Che si aggiungersi a quelli del segretario generale della Uilpa Gennarino De Fazio: «C’è un evidente tentativo di privatizzare l’esecuzione penale. Con due conseguenze negative. La prima, meno soldi per le carceri e per le misure alternative, la seconda l’inefficacia per il rischio di fughe e la reiterazione dei reati». Un ex giudice di sorveglianza come Riccardo De Vito insiste su questo: «L’ex ministra Cartabia aveva previsto le dimore sociali per chi fosse in regola per la risocializzazione e non avesse né casa né altre risorse, ma per tutto ciò serve la mano pubblica perché il rischio è di muoversi silenziosamente verso la privatizzazione delle carceri». Un esperimento «su cui misurarsi solo nel medio-lungo periodo» ma che, come dice l’ex Garante dei detenuti Mauro Palma, «non ha alcuna potenzialità rispetto all’immediata e all’attuale emergenza» e richiede «il mantenimento della responsabilità pubblica sull’esecuzione penale, cioè il controllo costanze della magistratura di sorveglianza e dei Garanti».

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