la Repubblica - 1 maggio 2024 - Stretta sui permessi e più ore in cella, così nelle carceri dilaga la violenza.
Misure alternative non concesse, cinquemila uscite in meno in un anno e una circolare applicata al contrario. Con i detenuti costretti a rimanere 20 ore su 24 dietro le sbarre. Gli agenti: “Qui ogni giorno è una polveriera”
In carcere niente accade per caso. Le botte al Beccaria, la precedente vergogna di Santa Maria Capua Vetere, le sommosse, i suicidi tra i detenuti e le guardie penitenziarie sono sintomo e conseguenza di errori, sottovalutazioni e, talvolta, di precise scelte politiche. Repubblica ricostruisce quali circolari interne, coperture e promesse non mantenute abbiano contribuito a rendere le prigioni italiane delle «polveriere senza più controllo», per usare una definizione in voga tra gli stessi poliziotti della Penitenziaria.
Sovraffollamento e suicidi
Il sovraffollamento è sotto gli occhi di tutti. La popolazione carceraria sfiora le 61 mila unità quando il sistema a malapena ha spazio per 47 mila. Nel 2024 il tasso di suicidi è il più alto di sempre: 33 detenuti si sono tolti la vita nei primi quattro mesi dell’anno, mai così tanti. Otto sono i casi di violenza accertati nel minorile Beccaria di Milano, che hanno portato di recente all’arresto di 13 agenti, ma si indaga su altri otto episodi e su una possibile connivenza dei medici. Tutto è sintomo, tutto è conseguenza. Di cosa? Ad esempio, di una circolare sul riordino del circuito della media sicurezza (il più consistente, oltre il 70% dei reclusi) applicata in modo miope dall’attuale amministrazione penitenziaria, col risultato che ora si sta chiusi in cella più di prima. O, altro esempio, delle dichiarazioni a senso unico di certi politici dall’approccio punitivo, come il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro che non perde occasione per difendere e giustificare, sempre e comunque, l’operato degli agenti. E il cui rapporto con i sindacati è ormai organico.
La circolare al contrario
Per allentare la tensione negli istituti detentivi, l’ex capo dell’amministrazione penitenziaria (Dap) Carlo Renoldi pensò di riorganizzare i circuiti (41 bis, alta e media sicurezza) con una serie di circolari. Quella che ha a oggetto la media sicurezza è del luglio 2022: doveva aumentare le ore di permanenza fuori dalla stanza di pernottamento (devono essere almeno otto, secondo il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa) tramite progetti di studio, lavoro, sport, tutto ciò che consente di stare nei corridoi, nei cortili, negli spazi di socialità. Pur imperfetta e con diverse criticità segnalate dall’ex Garante dei detenuti Mauro Palma, la circolare avrebbe potuto sortire degli effetti positivi, purché inserita in un quadro di riorganizzazione generale.
Il governo Meloni, però, ha tolto Renoldi e ha messo Giovanni Russo (ex pm antimafia alla Dna). Il nuovo capo ha dato ordine di attuare a livello nazionale la circolare, nonostante la riorganizzazione fosse rimasta a metà: non essendoci i progetti pronti, il nuovo regolamento si è concretizzato in una sorta di punizione per i detenuti, come dimostra lo studio commissionato dall’ex garante Palma su quattro provveditorati (Campania, Lombardia, Triveneto e Sicilia) dove la circolare è stata sperimentata. «La maggioranza ora vive, per oltre 20 ore al giorno, in celle sovraffollate, dalle quali esce solo nelle cosiddette ore d’aria», scrive in un appello pubblico Francesco Maisto, garante dei detenuti di Milano. «È una violazione dei principi e delle garanzie riconosciute dalla nostra Costituzione e dall’ordinamento penitenziario». A inasprire il clima, un’altra circolare, questa a firma Russo, che impone il trasferimento immediato fuori regione di chiunque sia coinvolto in eventi violenti.
Il minor numero di uscite
Eppure, il tema del sovraffollamento è in cima, almeno a parole, alle agende del governo. E del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Ma poi ci sono i numeri. Che smentiscono, in toto, proclami e annunci. Al 30 marzo di quest’anno la popolazione carceraria era composta da 60.924 detenuti, 4.319 in più rispetto alla stessa data del 2023 quando i reclusi erano 56.605. Non è che si delinque di più, è che si esce di meno dalle carceri: 5mila circa negli ultimi 12 mesi sono le minori uscite, dovute al non ricorso alle misure alternative.
Gennarino De Fazio è un sindacalista della Penitenziaria. Guida la Uil. La sua carta di identità non è di uno ostile al governo. Eppure usa parole chiarissime. «Non ci sono strutture per ospitare tossicodipendenti e pazienti psichiatrici che sono in cella quando invece dovrebbero essere in centri di cura specialistici». I giudici di sorveglianza, che decidono delle misure alternative come l’affidamento ai servizi sociali, sono in costante carenza di organico e mancano pure i braccialetti elettronici. «Direttive scritte male e promesse di assunzioni non mantenute causano violenza — ragiona il sindacalista — A noi viene chiesto di imporre una legge dello Stato che lo Stato stesso non tutela, perché calpesta l’ordinamento penitenziario. I detenuti sono fuori controllo. E lo siamo anche noi agenti, sotto organico, impotenti e frustrati».
La promessa di Delmastro
Troppa gente dietro le sbarre, quando a migliaia potrebbero usufruire di misure alternative. D’altronde per Delmastro «l’affidamento in prova è il nulla, fa acqua da tutte le parti». Per lui, meglio tenere tutti dentro. Delmastro a settembre scorso, in una trionfale conferenza stampa a Palazzo Chigi alla vigilia del suo rinvio a giudizio per aver usato a fini politici notizie riservate del Dap nella vicenda Cospito, annunciava: «Abbiamo finalmente i nuovi protocolli operativi della penitenziaria: un risultato storico, erano anni che gli agenti ci chiedevano fin dove fosse possibile spingersi per garantire l’ordine, la sicurezza e la legalità nella gestione delle criticità che quotidianamente affliggono i carceri». A oggi, però, dei protocolli non c’è traccia. «Noi poliziotti di quei regolamenti non sappiamo nulla», denuncia De Fazio. «Dovevano essere caricati su un portale, nessuno ne sa niente».