LE INTERVISTE DI MAURIZIO BOLOGNETTI MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO - ORE 12
Pianeta carcere: Vedi qui - intervista a Gennarino De Fazio e Domenico Benemia
In un paese in cui da troppo tempo le patrie galere sono assurte a luoghi di tortura, ma senza torturatori, perché a torturare la “comunità penitenziaria” ci pensa il nostro Stato, ho voluto ascoltare con e grazie a Radio Libertà le voci di due sindacalisti della UIL Penitenziari: Gennarino De Fazio (Segretario nazionale) e Domenico Benemia (Presidente regionale della Lombardia). Inevitabilmente, ne è emerso un quadro sconfortante: quello di un Paese in cui da troppo tempo la Costituzione scritta è stata sostituita dalla Costituzione materiale e l’articolo 27 del Dettato costituzionale muore ogni giorno, nonostante l’impegno e l’abnegazione di migliaia di Agenti di Polizia Penitenziaria, anch’essi dimenticati dallo Stato. Dietro la freddezza delle cifre che raccontano di suicidi di detenuti e anche di Agenti di Polpen, c’è un dramma quotidiano silenzioso e silenziato.
Nel leggere le parole scritte da Gennarino De Fazio in occasione dell’ennesimo suicidio di un detenuto, inevitabilmente la memoria è corsa alle parole pronunciate nel 2011 dall’allora esponente del Sidipe (Sindacato direttori penitenziari), Enrico Sbriglia: “Siamo stati, in verità, ricacciati negli angoli più bui di uno Stato che non sembra in grado di mantenere fede agli impegni e alle promesse solenni celebrate nelle sue leggi”.
De Fazio, nel corso dell’intervista doppia, non a caso ha evocato il mito di Sisifo. Quello stesso De Fazio che, fuori da schemi e visioni preconfezionate e decotte, tra l’altro ha scritto: “Quanto sta avvenendo nelle carceri, con suicidi, omicidi, risse, rivolte, aggressioni alla Polizia penitenziaria, traffici illeciti e, nostro malgrado, anche qualche fenomeno di possibile degenerazione indotta, come quello di Reggio Emilia, non può lasciare indifferenti e, soprattutto, non si può considerare ordinario; dunque, non è arginabile con strumenti ordinari. A tutto ciò si aggiunga che sono 14mila i detenuti in più, rispetto ai posti effettivamente disponibili, mentre alla sola Polizia penitenziaria mancano almeno 18mila unità, rispetto al reale fabbisogno”.
Sono le parole intellettualmente oneste e rigorose di un servitore dello Stato, che quotidianamente deve confrontarsi con una realtà che forse in troppi ignorano.
In Italia la pena di morte è stata sostituita dalla morte per pena e il lavoro di chi vive il carcere è stato trasformato anch’esso in pena quotidiana.
Alle parole di De Fazio fanno eco quelle di Domenico Benemia, che, con una più che giustificata amarezza, snocciola un cahiers de doléances che ascoltiamo da troppo tanto tempo.