Comunicato stampa - ROMA, 24/01/2022 – “Da anni denunciamo, inascoltati, l’inefficace, per quanto necessario, superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e che, oltre all’inadeguata cura dei detenuti affetti da patologie mentali, ha prodotto che se ne mantengano numerosi in carcere ‘sine titulo’. Anche per questo siamo rimasti sorpresi quando, più volte in Parlamento, la Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha autoreferenzialmente indicato come un positivo risultato raggiunto la riduzione del numero di questi ultimi a trentacinque al novembre 2021. Tralasciando, tuttavia, che se non nei romanzi di kafkiana memoria, nessuno dovrebbe permanere in galera se non ai sensi di legge. Così, questa nuova condanna della CEDU costituisce un’ulteriore macchia per il paese che fu di Cesare Beccaria e, ancora una volta, conclama l’emergenza carceraria”.
Lo afferma Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, dopo che l’Italia è stata nuovamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in questa circostanza, per aver trattato in modo inumano un detenuto con gravi problemi psichiatrici avendo continuato a tenerlo in una prigione ordinaria nonostante i tribunali nazionali, e poi anche la Corte stessa, ne avessero ordinato il trasferimento in un centro dove potesse essere curato, riaffermando il principio per cui non si può tenere una persona in carcere senza titolo, se il suo stato di salute è incompatibile con la detenzione e se ha bisogno di cure.
“Per di più – spiega il Segretario della UILPA PP –, quello dei malati mentali in carcere, di fatto il più delle volte abbandonati a se stessi, senza cure adeguate e trattati da operatori non formati allo scopo, costituisce uno dei principali e più gravi problemi che, fra i tantissimi, affliggono il sistema penitenziario. Spesso, peraltro, questi detenuti finiscono con lo scaricare il proprio disagio aggredendo gli operatori, con conseguenze, oltre che per loro stessi e per il personale penitenziario, anche sulla tenuta della sicurezza complessiva delle carceri”.
“Eppure – conclude De Fazio –, per quantomeno cercare di condurre a soluzione il problema, senza ricorrere a improbabili nuovi studi, basterebbe ripartire dalle proposte scaturite dai lavori degli stati generali dell’esecuzione penale del 2016 e attuarne la parte pertinente, purtroppo poi irresponsabilmente cestinata dai governi”.