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Comunicato del 10 febbraio 2021 - Diversi operatori del Corpo di polizia penitenziaria ci stanno chiedendo se sia possibile e in che termini esperire un’azione giudiziaria al fine di ottenere il riconoscimento del risarcimento del danno per la mancata istituzione della previdenza complementare, in favore degli appartenenti al Comparto Sicurezza, a seguito della c.d. “riforma Dini”.

         La questione ha recentemente avuto nuovo impulso a seguito della risoluzione del conflitto di giurisdizione da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che con sentenza n. 22807 del 22 ottobre 2020 ha dichiarato la giurisdizione del Giudice Amministrativo.

         Nel merito, la vicenda si presenta molto complessa e di dubbia risoluzione, soprattutto in relazione all’accertamento dell’eventuale danno e alla quantificazione dello stesso per il solo fatto che non sia stata avviata la trattativa per l’istituzione della previdenza complementare (la quale avrebbe peraltro comportato la trasformazione del TFS in TFR, con penalizzazioni economiche); tanto più a seguito delle riforme successive che hanno di nuovo investito la materia (vedi “Fornero”) e della non estensione di alcune clausole in esse previste (c.d. “armonizzazione”) agli operatori del Comparto Sicurezza anche in ragione del mancato avvio della previdenza complementare.

         La UILPA Polizia Penitenziaria sta seguendo attentamente la tematica in ogni sua sfaccettatura, anche nell’ambito del Dipartimento Difesa e Sicurezza della UIL Confederale, e continuerà a porla con insistenza all’attenzione politica pure parallelamente al negoziato per il rinnovo del CCNL.

         In questa fase, peraltro, non sembra opportuno addentrarsi in ricorsi giurisdizionali oltre che per l’esito assolutamente incerto degli stessi, anche per le seguenti principali ragioni:

  • È tuttora pendente al TAR di Roma il giudizio sul ricorso n. 4932/2009 vertente sulla stessa materia e che, a seguito della decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, verrà presto definito. Esso costituirà un importante precedente, all’esito del quale si potranno fare migliori valutazioni e se del caso, solo dopo, avviare azioni analoghe (non vi sono rischi di perenzione del diritto);
  • Instaurare liti che, a nostro sommesso avviso, potrebbero anche concludersi negativamente e con la condanna al pagamento delle spese di giudizio, in virtù di quanto esposto al punto precedente, ci sembrerebbe illogico e irragionevole indipendentemente da chi quelle spese dovrebbe sostenerle (sarebbero sempre soldi degli iscritti, corrisposti attraverso la sottoscrizione della delega sindacale).

Nelle more, pertanto, di fornire ogni informazione sugli sviluppi di tutta la vicenda, restiamo a disposizione, anche con i nostri Dirigenti territoriali, per qualsiasi ulteriore approfondimento.

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