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Nota: 9546 - Signor Presidente, il propagarsi dell’epidemia da COVID-19 dai territori in cui sono stati scoperti gli originari focolai e indicati nei primissimi ed emergenziali provvedimenti governativi (cc.dd.“zone rosse”), ha indotto e sta inducendo a ulteriori misure finalizzate al contenimento della diffusione del virus,  che con il DPCM del 4 marzo 2020 si sono spinte sino a disporre la sospensione delle attività didattiche presso le scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio nazionale (fatte salve pochissime e comprensibili eccezioni).

Per converso, le disposizioni destinate a ridurre la possibilità di contagio all’interno delle carceri e degli istituti penali per minorenni, principalmente rinvenibili nei commi 12 e 14, art. 10, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, risultano per lo più circoscritte – nel citato comma 14 – alle regioni nelle quali si trovano i comuni colpiti dai focolai o, comunque, a esse collegate.

Le richiamate prescrizioni, pur comprendendo le difficoltà generali, nonché la particolarità e la delicatezza della materia, sono state ritenute da questa Organizzazione Sindacale (e in verità quasi unanimemente dalle OO.SS. rappresentative degli operatori del Corpo di polizia penitenziaria) insufficienti e di ciò ne è stata data notizia al Ministro della Giustizia con specifica corrispondenza.

La situazione emergenziale degli istituti penitenziari del Paese, infatti, risale a ben prima del manifestarsi del nuovo coronavirus, perdurando da molti anni, e si caratterizza principalmente per sovrappopolamento delle strutture, inadeguata manutenzione e, non di rado, fatiscenza degli edifici, condizioni di pulizia, igiene e, in generale, salubrità insufficienti, promiscuità, etc.

A ciò, naturalmente, si sommano le ristrettezze economiche e le insufficienze organiche degli operatori, del Corpo di polizia penitenziaria e non solo, e – non ultime – le gravi carenze organizzative e gestionali che possono rinvenirsi, in misura più o meno accentuata, nelle sedi di tutto il territorio nazionale.

Tutte contingenze quelle sopra evidenziate, senza peraltro l’illusione di poter essere esaustivi, che certamente non aiutano – a voler essere eufemistici – il contenimento dei rischi di contagio, specie se si considera l’elevatissimo numero di figure che, a vario titolo e diversamente da ciò che si ritiene nell’immaginario collettivo, quotidianamente fanno accesso e transitano per gli istituti penitenziari.

Per tali prioritarie ragioni, nella consapevolezza che ciascuno secondo il rispettivo ruolo debba profondere il massimo sforzo per aiutare il Paese a uscire, nel più breve tempo possibile e con i minimi effetti negativi, dall’emergenza che lo sta interessando, si richiede alla S.V. di voler valutare la possibilità di proporre, almeno,  l’estensione delle previsioni di cui al citato comma 14, art. 10, d.l. n. 9/2020, (svolgimento dei colloqui a distanza) a tutto il territorio nazionale.

Quanto sopra, peraltro, se attuato consentirebbe anche ai numerosi detenuti, e ai loro congiunti, delle regioni diverse da quelle in cui insistono i focolai del virus e che stanno autonomamente e per senso di responsabilità rinunciando ai colloqui di poter mantenere i contatti con le rispettive famiglie.

Certi della sensibilità della S.V. e nell’attesa di un cortese cenno di riscontro, molti cordiali saluti.

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