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Roma, lì 17 marzo 2011

Prot. 6125

On. Angelino ALFANO - Ministro della Giustizia

per conoscenza,

Pres. Franco IONTA - Capo del DAP

Pres. Pietro GRASSO - Procuratore Nazionale Antimafia -

 

Signor Ministro,

Nei giorni scorsi è stato siglato dal Vice Capo Vicario del Dipartimento e dal Direttore Generale dell’ Ufficio Detenuti e Trattamento un protocollo d’intesa con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, di cui abbiamo avuto notizia leggendo la nota n. 100823 del  10.03.2011 .

Tale protocollo è finalizzato alla costituzione di gruppi di lavoro Interforze, articolati su vari livelli territoriali,  con l’obiettivo di rendere più cogente il contrasto al crimine organizzato di stampo mafioso attraverso l’analisi dei flussi informativi acquisibili nel circuito penitenziario.

Gli apprezzabili e condivisibili propositi dell’iniziativa rischiano, però,  di essere vanificati  dalle decisioni assunte dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che, con insensata protervia,  ha deciso che dai citati gruppi fosse escluso il Corpo di Polizia Penitenziaria.

Questo ci lascia costernati ed amareggiati,  ma non ci sorprende. Da tempo, infatti, la dirigenza  del DAP frappone ostacoli di ogni tipo sul percorso della necessaria e rivendicata evoluzione organizzativa ed operativa del Corpo.

 

Nella premessa del protocollo si afferma  che “l’attività del Corpo di Polizia Penitenziaria all’interno degli Istituti di pena consenta l’acquisizione e l’elaborazione di specifiche informazioni che possono costituire elementi di interesse per le attività di indagine delle altre Forze di Polizia”. Ciò, evidentemente, non solo rappresenta la (ultronea) certificazione delle prerogative del Corpo di Polizia Penitenziaria, quanto un dovuto e meritato riconoscimento formale e sostanziale alle  attività che svolge anche in ambito investigativo.

Conseguentemente non si può non restare basiti nel leggere al successivo  art. 2 del protocollo di “rappresentanti delle Forze di Polizia e da rappresentanti dell’Amministrazione Penitenziaria “, quasi a voler escludere a priori che fra le Forze di Polizia trovi collocazione anche il Corpo di Polizia Penitenziaria.

Pur essendo ben noto che i Dirigenti Penitenziari, i Direttori o i funzionari amministrativi  non hanno alcuna competenza specifica in materia di contrasto al crimine organizzato (non possedendo nessuna qualifica idonea a trattare argomenti che potrebbero avere rilevanza di natura giudiziaria) l’Amministrazione ha inteso, scientemente e per l’ennesima volta, screditare ed umiliare  un intero Corpo di Polizia.

 

 

Non possono altrimenti definirsi le determinazioni addotte nell’occasione dai vertici del DAP.  Si è voluto annichilire, manu militari, il Corpo di Polizia Penitenziaria ed i suoi appartenenti. Si perpetua, quindi, in quei dirigenti dipartimentali la convinzione che i poliziotti penitenziari sono da ritenersi  utili e insostituibili solo quali servili autisti, proni portaborse, solerti contabili (senza indennità ), fedeli segretari , disciplinati e silenti giardinieri ovvero abili epigoni di Johann Gutenberg insostituibili nell'uso del fotocopiatore.

La lettura del successivo articolo 3 (1° comma) non può non rafforzare in noi la tesi della diretta volontà dipartimentale di relegare ai margini il Corpo di Polizia Penitenziaria. Com’altro intendere, infatti,  l’articolazione che cita di  rappresentanti dei servizi investigativi della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza  ma fa, poi,  cenno “ai responsabili degli Istituti di Pena” (che  sono i Direttori ).

Tutto ciò nonostante che da più di 20 anni gli Ufficiali del disciolto Corpo degli Agenti di Custodia e, più recentemente,  i funzionari del Corpo di Polizia Penitenziaria hanno frequentato (con spese vive del DAP per centinaia di migliaia di euro)  corsi di Alta Formazione e di analisi criminale in comune con quei rappresentanti delle altre Forze .di Polizia che, logicamente, saranno inseriti nei gruppi di lavoro previsti dal protocollo di cui trattasi.

 

L’azione di desertificazione e prosciugamento dell’identità e dell’evoluzione del Corpo posta in essere dall’Amministrazione Penitenziaria si riscontra anche attraverso l’analisi dell’impegno e della velocità con cui il DAP si attiva per conseguire o diramare norme e disposizioni a favore dei dirigenti-direttori. Di contro,  lo stesso Dipartimento si connota per  disimpegno, indifferenza e  apatia  quando deve conseguire o diramare norme e disposizioni a favore del Corpo e/o dei Funzionari della polizia penitenziaria.

Prova ne sia che nel mentre anche al Corpo Forestale dello Stato è riconosciuta formalmente l’attività nella sfera dell'investigazione penale ('inserimento  nelle Sezioni di Polizia Giudiziaria) al Corpo di Polizia Penitenziaria tale prerogativa viene perennemente negata ed osteggiata.

D’altro canto se, ai massimi livelli dell’Amministrazione,  si sostiene pubblicamente che il compito fondamentale della polizia penitenziaria è vigilare sulla salute dei detenuti (?!) non può sorprendere ne il tentativo di  una  normalizzazione destrutturante del NIC, tantomeno il freno alle prerogative in materia  di polizia stradale, men che mai l’inserimento del Corpo nelle Sezioni di P.G.

Non possiamo, infine, non sottolineare come questa appalesata convinzione dei vertici dipartimentali,  che vedono il Corpo di Polizia Penitenziaria solo come mero esecutore di ordini e solerte tutore della salute e della serenità dei detenuti,  mal si concilia con l’apprezzato  messaggio che il Capo del DAP ha diramato in occasione dell’odierna celebrazione del 150° anniversario dell’Unità.

Come si può coniugarsi, infatti,  l’assunto  “ La Polizia Penitenziaria, nel corso dei 150 anni, è stata al centro di numerosi cambiamenti che ne hanno modificato l’assetto giuridico e le funzioni. Oggi al Polizia Penitenziaria, con gli alti livelli di professionalità raggiunti, contribuisce a rafforzare i valori civili e democratici della nostra Patria” con l’evidente situazione che  vede il Corpo continuamente marginalizzato, offeso e vilipeso ?

Pertanto, Signor Ministro  ci chiediamo e Le chiediamo  se il vero Capo del DAP ( che è anche il  Capo della Polizia Penitenziaria)  è da ritenersi colui che verga il nobile messaggio o colui che delega alla firma un protocollo che ridicolizza e svuota di competenze il  Corpo  di cui è Capo?

E Lei Signor Ministro condivide l’azione del primo o l’attività del secondo?

In attesa di cortese riscontro,

Il Segretario Generale - Eugenio Claudio SARNO

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