Con i 5 macedoni espulsi da Gorizia salgono a 55 i soggetti allontanati dall'Italia. Allerta per la radicalizzazione possibile. Intervista a Angelo Urso, segretario Uilpa. Incitavano alla Jihad e al martirio, inneggiavano alle azioni del Califfato, consideravano con disprezzo l'imam della comunità islamica locale ritenuto "moderato" e aperto agli influssi occidentali per avere contatti con alcuni Imam radicali nei Balcani, uno dei quali arrestato nel 2014 in Bosnia, e festeggiavano ogni qual volta venivano compiuti attentati rivendicati dall'Isis.
E' per questo che cinque terroristi macedoni sono stati espulsi ieri con un decreto del ministro dell'Interno Angelino Alfano.
Nonostante per 5 macedoni, residenti da molti anni a Ronchi dei Legionari, Gorizia, il reato ipotizzato dai pm di Trieste fosse quello di "atti di apologia in relazione a delitti di terrorismo commessi attraverso strumenti informatici", il gip non ha però ritenuto che gli indizi raccolti dagli investigatori fossero sufficienti per adottare misure di cautelari. Dunque, niente carcere. I cinque sono stati allontanati ma, secondo i magistrati, c'è il rischio di un loro possibile rientro in Italia.
L'odio verso l'Occidente pubblicato su Facebook
L'indagine che era iniziata due anni da un account Facebook, dove venivano postati numerosi video e documenti a sostegno dell' autoproclamato Stato Islamico, ha coinvolto oltre al titolare del profilo, ovvero un giovane macedone di 28 anni, anche due fratelli, di 31 e 28 anni, cognati del titolare del profilo.
Tutti e tre erano residenti da moltissimi anni a Ronchi dei Legionari dove gestivano una società che operava nel settore dell'edilizia. L’odio ideologico-religioso dei tre verso l’Occidente, però, era condiviso anche dal padre dei due fratelli, un uomo 52enne e dalla moglie, 32 anni, di uno di loro.
I contrasti con gli islamici "moderati"
Proprio a causa del loro integralismo e della loro adesione ideologica all'ISIS, i rapporti dei cinque con la comunità religiosa di riferimento, negli ultimi mesi, erano diventati sempre più tesi, fino alla contrapposizione totale con durissimi contrasti con gli altri fedeli che frequentavano il loro stesso luogo di culto e con chi esprimeva, in pubblico e in privato, forme di solidarietà per le vittime degli attentati e delle torture dell'Isis.
Con le espulsioni, effettuate il 2 ottobre, dei cinque macedoni, sale a 121 il numero degli estremisti islamici espulsi dal gennaio 2015. Di queste, 55 espulsioni sono state eseguite solamente nei primi dieci mesi di questo anno.
La radicalizzazione in carcere
In Italia, però, come nel resto dell’Europa rimane ancora molto forte il problema della radicalizzazione in carcere. Quando vi sono gli estremi per una custodia all’interno di istituti penitenziari rimane il problema di come riuscire a fermare la loro “opera” di conversione all’estremismo degli altri carcerati.
“Forse è giunto il momento di dare seguito alle promesse che il premier Renzi ha fatto in più occasioni, l’ultima al vertice sull’immigrazione organizzato negli USA dal Segretario dell’ONU, Ban Ki-moon, altrimenti rischiano di essere catalogate fra gli slogan propagandistici”.
Dopo le ultime espulsioni, Angelo Urso, Segretario Generale della UIL PA Polizia Penitenziaria, torna a puntare il dito sull’importanza del carcere nella radicalizzazione dei terroristi e sulla necessità di intervenire in modo decisivo.
“Lo stato di emergenza correlato al sovraffollamento carcerario, peraltro non ancora risolta del tutto, è stata affrontata, in perfetta controtendenza rispetto alle modalità osservate in occasione di altre urgenze nel nostro Paese- spiega ancora Urso a Panorama.it - con taglio di risorse economiche e la riduzione dell’organico della Polizia penitenziaria.”
I "tagli" non aiutano a contrastare la radicalizzazione
Il Segretario della Uilpa fa riferimento alle assunzioni straordinarie, ad esempio in occasione di Expo e del Giubileo, nelle alte forze di polizia mentre la Polizia penitenziaria ha subito ulteriori tagli e ridimensionamenti. E questo, alla luce di un piano carceri che determina l’apertura di nuovi penitenziari e ulteriori padiglioni, l’ultimo in ordine di tempo, quello di Siracusa che prevede nuovi posti detentivi e strutture da vigilare.
“Adesso – continua il segretario - con l’emergenza terrorismo e radicalizzazione, si afferma giustamente che il maggior lavoro di intelligence e prevenzione si deve attuare nelle carceri, ma la Polizia penitenziaria continua a subire la falce governativa, che a breve si abbatterà anche con l’attuazione della Riforma Madia che comporterà l’ulteriore taglio di circa 4.500 unità”.
Una situazione che è diventata insostenibile, secondo la Uilpa, e che non riesce a far fronte a quelle che sono le emergenze carcerarie e la prevenzione del radicalismo. Per questo motivo richiedono nuove assunzioni e fondi.
E' nesessario un riordino del settore
“A questo punto – conclude il Segretario Generale della UIL PA Polizia penitenziaria – servono interventi urgenti e concreti anche correlati all’immigrazione, in considerazione che proprio oggi si ricorda la giornata della Memoria delle Vittime, per rendere efficiente il Corpo di polizia penitenziaria a livello organico, logistico e organizzativo. Servono dunque un piano di assunzioni straordinarie con procedure celeri, fondi per l’approvvigionamento di mezzi e strumenti di lavoro moderni e di tecnologie all’avanguardia che possano essere d’ausilio alla vigilanza ed alla prevenzione.”