«Inadeguato» per sindacati e addetti ai lavori, «infiltrato» per alcuni esponenti della maggioranza, «impreparato» per alcuni magistrati antimafia. Eppure Carlo Nordio resta incollato alla cadrega. Ministro della Giustizia che, per quanto riguarda il delicato dossier delle carceri italiane, per ora ha ottenuto risultati pari a zero.

Peccato che i nostri istituti di pena siano ormai al collasso tra suicidi, con il cinquantaduesimo detenuto che si è tolto la vita dall’inizio dell’anno, violenze, sommosse ed evasioni. A fronte di tutto questo il governo si è affidato a un inutile decretino. E, intanto, la situazione viene descritta dagli addetti ai lavori come la peggiore degli ultimi 30 anni.

 

Il decretino

Nei giorni scorsi era stato annunciato un provvedimento per alleggerire gli istituti di pena. Ma è diventato presto un decreto fantasma che alla fine Nordio ha comunque portato in Consiglio dei ministri.

Per capire l’inutilità delle misure approvate basta ascoltare il parere di due tra i massimi esperti di detenzione e personale penitenziario. Il primo è Mauro Palma, per anni garante dei detenuti: «Si tratta di un provvedimento inadeguato perché distante anni luce dalla drammaticità che viene vissuta negli istituti, avrà pochissimi effetti e certamente non immediati».

Per Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa, «a essere equilibrati è un decreto pressoché inutile, ma in certi aspetti è anche un decreto farsa. Più che oscure, le previsioni sono inefficaci, se non alcune minime ma con impatto nel lungo periodo. C’è la riduzione della durata del corso per gli agenti a 60 giorni, alcuni in didattica a distanza, una misura deleteria. Significativa, poi, la questione dell’articolo 5».

Si tratta di un articolo annunciato nelle bozze, scomparso nel decreto e che «Nordio aveva presentato in maniera diametralmente opposta. Siamo al dilettantismo», conclude De Fazio. Dilettanti all’opera mentre il sistema carcerario è al collasso.

Suicida a 20 anni

Il numero di detenuti continua a crescere, siamo a 61mila reclusi, il personale, invece, resta sempre lo stesso. E a fine anno dovrebbe addirittura diminuire arrivando a 18.500 unità in meno. Le nuove assunzioni annunciate, sono previsti mille innesti entro il 2026, non riusciranno a rimpiazzare gli agenti che vanno in pensione, ma soprattutto i nuovi poliziotti penitenziari saranno meno formati rischiando di finire stritolati. Anche perché, quando in un settore i record negativi aumentano e non diminuiscono significa che il comparto è letteralmente allo sfascio.

 

Il 2024 rischia di essere l’anno con più suicidi in carcere. Siamo già a 52, cinque tra le forze dell’ordine. In dodici ore si sono uccise tre persone tra gli ospiti degli istituti di pena. Un detenuto in attesa di giudizio, ventuno anni, rinchiuso nel carcere di Frosinone, è morto dopo aver inalato il gas di una bomboletta. Il giovane aveva già manifestato disturbi e disagio psichico. Poco dopo la stessa sorte è toccata a un ventenne nel carcere di Sollicciano (Fi). È lunga la lista di chi si toglie la vita dietro le sbarre. E il paradosso è che questo accade mentre è sotto la tutela di uno stato democratico.

Nell’istituto di pena fiorentino sono scattate le proteste con incendi, danneggiamenti e il coinvolgimento di 2 sezioni. Un carcere, come tanti, dove regna la sporcizia, la disorganizzazione mentre il caldo entra nei blindo e infuoca le celle. Il disastro genera inevitabilmente violenza subita e, in alcuni casi, inferta dagli agenti in un meccanismo criminogeno che provoca disagio e abusi. Anche a Regina Coeli nei giorni scorsi si erano verificati disordini e proteste.

Il governo annuncia più uomini e donne in divisa, senza dire che lo scarto con chi va in pensione è sempre negativo, promette nuovi posti in carcere, entro il 2026 dovrebbe aprire otto nuovi padiglioni, in tutto 2.200 posti, mentre il sovraffollamento racconta di 14mila persone in più di quelle previste.

Depenalizzare mai

Misure insufficienti ma, soprattutto, è totalmente sparito il tema della depenalizzazione annunciato da Nordio prima di diventare ministro. Di più, nell’ultimo anno sono stati introdotti 22 nuovi reati e si prevede sempre più carcere come risposta al dissenso e a ogni fenomeno sociale che denuncia disagio e insofferenza.

Dalle parti di Fratelli d’Italia chiamano il ministro, che pure è stato eletto nelle liste del partito, “l’infiltrato”, perché esterno al mondo meloniano di stretta osservanza. La verità, però, è che a tutti i partiti fa comodo averlo ministro: può intestarsi riforme sgradite alle toghe che altri non sono riusciti a fare, care ai colletti bianchi e a Forza Italia, ma soprattutto non dare seguito ai suoi annunci pre elettorali. Inoltre a Lega e Fratelli d’Italia servono nuovi reati per rivendicare la “politica della sicurezza”, quindi il ministro è utilissimo a tutti tranne che alla giustizia.

E pensare che, nel 2006, c’era un magistrato che spiegava la ricetta per migliorare le condizioni in carcere criticando l’indulto: «Ho presieduto per quattro anni la commissione per le revisione del codice penale e, malgrado le dichiarazioni di volontà, questa riforma non si fa e si procede sulla strada sbagliata di introdurre nuovi reati, anziché depenalizzare».

Quel magistrato si chiamava Carlo Nordio, lo stesso che ha iniziato la sua avventura a via Arenula benedicendo il reato contro i rave party e, dopo due anni, diventando uno dei responsabili del disastro carceri con zero misure utili e una limitazione alla giustizia riparativa.