Tre morti nelle ultime 48 ore. I poliziotti penitenziari “minacciano” proteste. I detenuti sollecitano l’estensione dei benefici e Rita Bernardini scrive alla ministra Cartabia per denunciare la condizione di abbandono.. qui articolo di giornale: il Dubbio
C’è un filo di alta tensione che attraversa tutte le carceri italiane. Monta una insofferenza che non riguarda solo i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria che non riescono più a far fronte agli eventi critici che si manifestano. Riforma a parte che riguarda un discorso a lungo termine e che non incide direttamente sugli aspetti dell’esecuzione penale, finora non è stata varata nessuna misura urgente, magari tramite un decreto carcere, che risolva il sovraffollamento estendendo dei benefici, la custodia cautelare come extrema ratio, il discorso dei detenuti con gravi problemi psichici.
Tre morti in carcere nelle ultime 48 ore
Uno dei campanelli d’allarme sono le morti in carcere, in particolar modo i suicidi. Nel giro di 48 ore si sono verificati tre decessi. Uno riguarda un nuovo giunto nel carcere di Ferrara. È un ragazzo di 29 anni, da poco tratto in arresto per due kg di “fumo”, che si è ucciso mercoledì pomeriggio. Lo stesso giorno, un 43enne tunisino è stato ritrovato morto in una cella singola, nella sezione di transito del carcere fiorentino di Sollicciano. Le cause sono ignote, potrebbe trattarsi di un suicidio o di un incidente: è stato ritrovato con la testa infilata nella fessura posta sulla porta della cella dove passa il cibo. Un altro ancora, 44enne accusato di omicidio, è morto nell’ospedale di Bari a seguito delle complicanze di un tentativo di suicidio avvenuto un mese fa nel penitenziario barese.
Dei suicidi in carcere si è perso il conto, soprattutto se si considerano anche le morti dovute dalle complicanze scaturite dai tentativi. Quando il 17 agosto scorso c’è stato il trentaquattresimo suicidio in carcere, il Garante nazionale delle persone private della libertà ha sottolineato la necessità di imporre, come non più rinviabile, una diversa attenzione e azione sul tema dell’esecuzione penale e del carcere.
De Fazio, Uilpa pol.pen.: «Le carceri continuano ad essere abbandonate a sé stesse»
Dello stesso avviso è il segretario generale della Uilpa pol pen Gennarino De Fazio che, interpellato da Il Dubbio, dà una fotografia impietosa della situazione. «Le carceri continuano ad essere abbandonate a sé stesse – spiega De Fazio -, finora abbiamo assistito solo ad annunci da parte del presidente del Consiglio e da parte della ministra della Giustizia Marta Cartabia». Il sindacalista prosegue: «Le carceri sono in metastasi e se non si interviene subito con una terapia d’urto la situazione continuerà, come peraltro già sta accadendo, a peggiorare».
Ma la questione, com’è detto, sta creando un forte disagio anche da parte degli agenti penitenziari. Sempre il segretario della Uilpa pol. pen. spiega a Il Dubbio che la questione è seria: «La polizia penitenziaria è esasperata dall’abbandono totale da parte della politica e come diretta conseguenza anche dall’amministrazione penitenziaria». Una pentola a pressione ponta ad esplodere. «In tutto il territorio – avverte De Fazio – gli agenti penitenziari stanno immaginando forme di legittima protesta spontanea e sollecitano i sindacati a organizzare manifestazioni nazionali». Il segretario della Uilpa precisa che al momento stanno cercando di resistere a queste sollecitazioni, sperando che la ministra Cartabia tenga fede all’impegno assunto.
Rita Bernardini ha scritto alla ministra Cartabia
Per quanto riguarda la politica, come al solito c’è quasi esclusivamente il Partito Radicale a porre la questione, interessando direttamente la ministra della Giustizia. Lo ha fatto Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino,con una lettera indirizzata alla Cartabia. Ha dato contezza delle visite effettuate ad agosto, in particolar modo agli istituti penitenziari di Torino (Le Vallette), Siracusa, Vibo Valentia, Catanzaro e Brindisi. «Confesso che – si legge nella lettera indirizzata alla ministra Cartabia -, nonostante la positività della quale mi sono animata assieme ai miei compagni in delegazione, sono davvero molto sconfortata. Parlerei di stato di abbandono della comunità penitenziaria composta da detenuti e detenenti».
Rita Bernardini, rivolgendosi alla guardasigilli, pensa che occorra dare un urgente, tangibile segnale alla popolazione detenuta. Prega la ministra Cartabia di prendere in considerazione la proposta del deputato Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata “speciale”. Ed è una delle richieste fatte ultimamente da vari detenuti di diverse carceri che hanno intrapreso, nel periodo di agosto, un’azione nonviolenta prendendo spunto dalle detenute del carcere di Torino.Quest’ultime sono un gruppo di donne della sezione femminile del carcere di Torino Lorusso-Cutugno, che da Ferragosto fino al 21 agosto scorso, ha iniziato lo “sciopero del carrello”. Ovvero hanno rifiutato il vitto fornito dall’amministrazione come dimostrazione pacifica contro, come da loro definito, l’immobilismo e il silenzio che gravano sui penitenziari italiani. Un’azione nonviolenta che poi si è diffusa in altre carceri.
I detenuti chiedono una riforma della libertà anticipata
Le problematiche messe in luce dalle detenute, sono proprio quelle che tuttora non vengono prese in considerazione. Dal sovraffollamento, chiedendo anche una riforma della legge sui giorni di libertà anticipata affinché da 45 diventino 65 (retroattivi dal 2015), alle opportunità di studio e lavorative, ridotte anche in conseguenza del Covid. Sono, inoltre, aumentati i problemi psichiatrici. Le detenute lamentano l’assenza di mediatori culturali e la mancanza totale di un’attenzione alle questioni di genere, troppo spesso ignorate. Tutte questione che riguardano il resto dei penitenziari italiani. Resta il dato oggettivo che la questione detentiva è tuttora problematica e rischia di accentuarsi ancora di più. Gli agenti penitenziari sono in affanno, la tensione cresce, l’insofferenza sta colpendo tutti i componenti della popolazione penitenziaria. Si prospetta un autunno caldo nelle carceri italiane. Ma il rimedio c’è, se la politica sa ascoltare tutti gli attori in campo e passare immediatamente ad azioni concrete.