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In data 3 maggio u.s., unitamente ad una delegazione della UIL PA Polizia Penitenziaria, ho avuto modo di far visita alla Casa Circondariale di Varese, ai sensi dell’art. 5 comma 6 dell’ANQ, al fine di verificare lo stato dei luoghi e le condizioni di lavoro del personale, durante la quale sono state acquisite anche immagini fotografiche, a seguito di apposita autorizzazione rilasciata dal DAP (GDAP 144918 del 28.04.2016).
La delegazione è stata ricevuta ed accompagnata dal Direttore dell’Istituto e dal Funzionario Comandante del Reparto, con cui, purtroppo, si è dovuto constatare un oggettivo degrado strutturale degli edifici e dei locali e le carenze dovute anche alla mancata assegnazione di fondi, anche per piccole manutenzioni.
L’istituto, la cui costruzione risale a fine dell’800, è collocato in una zona centrale della città e le carenze sono ancora più visibili, proprio perché calato in un contesto urbano con diversi edifici decisamente più recenti, condomini, uffici o case singole.
D’altronde, è nota l’esistenza di un decreto di dismissione del 2001, la cui vigenza peraltro è diventata ormai un ostacolo per ogni tipo di intervento o di supporto da parte dell’Amministrazione.
La documentazione fotografica acquisita (visibile in www.polpenuil.it) dimostra le precarietà che si sono rilevate.
Già il box agenti del block-house si presenta assolutamente inadeguato, angusto e insicuro, anche dal punto di vista igienico. In questi ultimi tempi, oltretutto, l’agente è addirittura costretto ad operare in presenza di odori sgradevoli, probabilmente provenienti dalla rete fognaria.
Il manto stradale di ingresso è scosceso e con qualche buca, tale da essere un pericolo per chi transita a piedi.
Il muro di cinta, dichiarato inagibile, presenta crepe, pezzi scrostati e forature in corrispondenza del camminamento. Espone inoltre l’istallazione parziale di un ponteggio, fissato per una ristrutturazione che nei fatti non è mai avvenuta. Oggi, quell’ “inutile” ponteggio sta diventando un pericolo perché, essendo vincolato al muro, ne potrebbe determinare la caduta. Anche la tenuta della pulizia e la raccolta dei calcinacci caduti dal muro di cinta non sembra interessare nessuno.
L’area di ingresso dell’istituto, l’atrio in corrispondenza dell’area comando e la sala conferenze sono le uniche zone vivibili, in cui gli sforzi per mantenere idonei gli ambienti sono visibili. Vivibilità rilevata anche negli ambienti della Direzione, struttura staccata dal corpo dell’istituto, in cui si sono registrati solo alcuni problemi di infiltrazione e sugli impianti elettrici.
Se i reparti detentivi si presentano in condizioni igienicamente accettabili, questo non può affermarsi per i box agenti di sezione, che meriterebbero una maggiore pulizia e una tinteggiatura. Ma soprattutto per il box agenti del cortile passeggi e la zona di transito ai cortili, letteralmente inguardabili.
Gli ambienti comuni delle sezioni manifestano i problemi di una struttura vecchia di 150 anni: i pavimenti presentano pericolosi dislivelli, diverse sono le infiltrazioni e le scale di accesso ai reparti sono privi di bande antiscivolo.
Anche la piccola caserma agenti appare assolutamente inadeguata, le docce sono igienicamente compromesse e il pericolo per il personale appare tangibile. Un aspetto che ha suscitato riflessioni è l’accumulo di centinaia di armadietti, quelli del tipo consentito in camera detentiva, accatastati in un locale della caserma. Probabilmente trattasi di un ordine errato su cui nessuno sembra assumere iniziative utili, soprattutto se si considera che altri istituti ne potrebbero giovare.
L’aspetto che ha suscitato un certo sconcerto durante la visita riguarda la zona aperta antistante il settore colloqui. Un cortiletto interno in cui si “esibiscono” accumuli di rottami, calcinacci, carcasse, materiali fuori uso da diversi anni ecc.ecc.. Insomma di tutto di più. Non ci si spiega il motivo per cui nessuno abbia provveduto alla rimozione.
Questo è forse un aspetto su cui si ha il dovere di approfondire. Se da un lato vige la contraddizione di un istituto dismesso che difficilmente potrà fruire di fondi adeguati per manutenzioni e interventi, dall’altro il Dirigente dovrebbe assumere ogni iniziativa utile a rendere il lavoro del personale più vivibile, senza arroccarsi nell’alibi “non mi mandano fondi”, oppure “il PRAP non autorizza”, come il caso dell’inopportuno posizionamento del box del block-house.
Alibi che, a nostro avviso, non possono esistere quando il personale, per mandare avanti il lavoro degli uffici, deve fornirsi, a proprie spese, di toner o carta, o deve aspettare settimane per la sostituzione di lampadine guaste o, ancor più grave, non si rinnovano le tessere di riconoscimento del personale, scadute da anni, il cui rinnovo è imposto dalla legge.
Nessuna scusante può essere accettata poi sui ritardi o le omissioni di fornitura del vestiario agenti, anche perché nessuna competenza è in capo al Dirigente della struttura. E’ solo questione di organizzazione !!
Anche la situazione dell’organico non è affatto felice e Varese presenta carenze, a dire il vero, comuni a molti istituti lombardi, soprattutto nei ruoli di comando e intermedi: su una pianta organica di n°76 unità (tutti i ruoli), il dato dei distaccati in altra sede è troppo alto (n°13), tra cui un Commissario, un Ispettore e un Sovrintendente; il servizio viene garantito grazie al sacrificio di tutti e al sovramansionamento di diversi Assistenti Capo.
Insomma, il bilancio della visita è tutt’altro che positivo. Ma la questione che preoccupa di più è proprio quella legata all’assenza di iniziative da parte dell’Amministrazione e della Direzione locale.
Non si possono più accampare ritardi o scempi strutturali sulla vigenza di quell’“insensato” decreto di dismissione. Insensato non perché l’Istituto è idoneo alla sua destinazione, bensì perché non ha mai avuto alcun seguito, se non quello di impedirne la ristrutturazione. Anche per questo abbiamo potuto, tuttavia, constatare un’evidente contraddizione: a Varese il Direttore sostiene che non si può far nulla perché PRAP e DAP non assegnano fondi, noi crediamo perché ritenuto dismesso; nel contempo però si vedono realizzare interventi per diverse decine di migliaia di Euro (caldaia di ultima generazione e impianto di video sorveglianza). Delle due, una: o la struttura si considera in tutti i suoi aspetti, quindi supportata nei diversi fabbisogni, oppure si sono sprecati fondi pubblici che potevano essere utilizzati diversamente. Alle Autorità che leggono le considerazioni o chiarimenti.
La UIL PA Polizia Penitenziaria in questa partita, come più volte rappresentato anche a esponenti della politica, è dalla parte della necessità di revocare quel decreto di dismissione (per inefficacia e mancata attuazione) e dell’immediata ristrutturazione complessiva dell’Istituto. Per non disperdere quanto è stato speso, ma soprattutto per il personale che vi presta servizio.
Alle Autorità in indirizzo per opportuna informazione e per quanto di rispettiva competenza.
Al V.I.S.A.G., affinché possa programmare un imminente sopralluogo.
Cordiali saluti. F.to Il Segreteraio Regionale
Gianluigi Madonia

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