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Nota n. 8764 -  Non c’è più pace nelle carceri italiane: per l’ennesima volta in questo ultimo fine settimana si sono verificati nell’ordine due aggressioni ad appartenenti la polizia penitenziaria a Prato, un’aggressione a Napoli Poggioreale e un’aggressione a Potenza, quest’ultima mentre il Capo del DAP era presente in Istituto.

Non c’è giorno ormai che all’interno delle carceri non accada qualcosa che riporta alla ribalta della cronaca inspiegabili episodi, anche gravi, di intolleranza alle regole della civile convivenza e di aggressione nei confronti del personale.

Questa la cronaca di un fine settimana davvero di fuoco: sabato mattina a Prato durante l’immissione alla Santa Messa ad alcuni detenuti, tra cui un nigeriano, è stata inibita tale possibilità per “divieti d’incontro” precedentemente disposti.

 L’applicazione di tali provvedimenti, ha scatenato la protesta di un detenuto che supportato da altri, è riuscito a forzare il cancello di sbarramento della sezione per poi raggiungere l’atrio del 2° piano. In quel frangente hanno aggredito due colleghi uno dei quali, giunto al pronto soccorso, ha riportato una diagnosi di 7 gg. 

La mattina dopo, sempre a Prato, il detenuto protagonista il giorno prima ha aggredito 4 agenti durante le operazioni di battitura delle inferriate. Un’assistente ha avuto 21 giorni di prognosi per un taglio alla gola e una frattura ad un dito e gli altri tre 7 giorni ognuno per contusioni varie riportate nella fase del contenimento.

E ancora: domenica mattina, dopo i fatti di qualche giorno fa, sono stati aggrediti due poliziotti a Napoli Poggioreale e uno a Potenza nel tardo pomeriggio.

Lungi da me l’idea di creare gratuito allarmismo, ma i numeri, quelli resi noti dal DAP, certificano senza ombra di dubbio un proliferare di eventi critici e aggressioni che non possono essere assolutamente ritenuti di routine, anche  solo per la semplice ragione che sono aumentati a dismisura negli ultimi anni fino a triplicare e, coincidenza vuole, che tutto ciò è concomitante alla maggiore libertà di movimento concessa ai detenuti all’interno dei reparti detentivi e alla maggior presenza di soggetti con patologie psichiatriche, dopo la chiusura degli OPG.

 I provvedimenti adottati fino ad oggi vanno solo e soltanto in una direzione e cioè quella di rendere “vivibile il carcere ai detenuti”, anche a discapito della garanzia di ordine e sicurezza che pure la legge imporrebbe.

Emerge con tutto il suo fragore una incapacità dell’Amministrazione penitenziaria, ma anche del potere politico, di provvedere ad una gestione logica, razionale e coerente di un Corpo di Polizia sempre più snaturato in ragione di un alterazione del concetto di partecipazione all’attività di rieducazione e reinserimento sociale del condannato.

Sia chiaro che non voglio assolutamente mettere in discussione la nobile finalità della pena e le funzioni rieducative affidate alla Polizia Penitenziaria, ma una riflessione seria sull’efficacia dell’attuale sistema, sulle modalità d’impiego del personale e sulla gestione del sistema carcere non è più rinviabile.

Non esiste rieducazione e reinserimento senza sicurezza! ma questo sembra essere chiaro solo e soltanto alla Polizia Penitenziaria.

Quale Segretario Generale dell’organizzazione sindacale che mi pregio di rappresentare dico basta con il buonismo a tutti i costi e in favore di tutti! Le opportunità trattamentali devono essere garantite a tutti, ma riconosciute soltanto a chi lo merita e rispetta le regole, anche solo per la semplice ragione che chi non le rispetta all’interno di un carcere, evidentemente non è pronto nemmeno a rispettarle nella società.

La modifica dell’ordinamento penitenziario, a mio avviso, è l’occasione giusta per andare a contemperare esigenze che oggi sembrano e sono assolutamente sbilanciate verso la volontà di far uscire i condannati dal carcere; l’occasione giusta per verificare la bontà del lavoro svolto andando a realizzare una reale valutazione della recidiva, per rivolgere le attenzioni nei confronti appunto di chi lo merita.

Questo sì significherebbe un cambiamento che contempera l’esigenza di salvaguardare l’ordine e la sicurezza pubblica con la funzione rieducativa della pena.

In occasione del recente incontro tenuto in via Arenula, ricorderà che molte di queste cose avevo già avuto modo di sottolinearle ma il ripetersi di questi eventi non consente più di aspettare i tempi della politica.

In quell’incontro apprezzai pubblicamente il fatto che Lei avesse manifestato la Sua vicinanza nei confronti di colleghi malmenati all’inizio del suo mandato e, spero ricordi, le dissi anche che se non si individuava rapidamente una soluzione probabilmente avrebbe passato molto del suo tempo al telefono per chiamarne altri.

Oggi in maniera altrettanto franca voglio pubblicamente dirle che, invece, non posso condividere il suo silenzio sulle aggressioni successive, interrotto solo in occasione di un recente evento a Napoli Poggioreale in cui ha stigmatizzato comportamenti di altri, riconducendo le aggressioni a “rischio del mestiere”.

Andare a lavorare per essere malmenati non può e non deve essere considerato normale, se è vero che il nostro lavoro contempla il rischio che ciò accada è altrettanto vero che è intollerabile e inaccettabile che ciò diventi l’ordinario.

E non bastano le belle e apprezzate odierni dichiarazioni del sottosegretario Morrone a consolarci perché, purtroppo, servono fatti e non parole.

Il rischio del mestiere è una cosa, il ripetersi di reati, aggressioni, violenze e danneggiamenti è un'altra cosa che evidentemente deve essere affrontata partendo dai vertici del DAP perché la scopa va dove la porta il manico e la sensazione è quella che da tempo quest’ultimo non sappia più dove andare.

L’auspicio, quindi, è quello che già dall’incontro di domani convocato presso il DAP si voglia mettere all’ordine del giorno anche la questione relativa alle aggressioni e agli eventi critici.

In caso contrario a noi non resterà che prendere atto di un’omissione da parte di tutti coloro i quali hanno il dovere di salvaguardare l’incolumità fisica dei propri dipendenti.

Giusto per completezza di informazione allego alla presente le note n.8703 del 7/5/2018 e n.8713 del 21/5/2017 nelle quali si sottoponevano argomenti attinenti rimasti lettera morta. Distinti saluti. F.to: Il Segretario Generale Angelo Urso

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