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Nota n°8486 del 13.04.17 - Da tempo si registrano, provenienti dalla casa circondariale di Busto Arsizio, segnali di insofferenza da parte del Direttore dell’istituto nei confronti delle posizioni assunte dalla UIL.
La realtà, purtroppo, disegna una disgraziata situazione, acutizzata dal rientro in sede del comandante di reparto, in cui i condizionamenti e le ingerenze prevalgono sulla coerenza e sulla logica.
Siamo davanti ad un dirigente privo di autorevolezza, incapace di assumere decisioni, al punto che chiunque è in grado di condizionarlo. Un dirigente prigioniero della propria insicurezza, ostaggio di coloro che “alzano la voce” inadeguato, secondo noi, a gestire l’istituto con uniformità e imparzialità.
Senza voler ritornare su questioni che sono già state ampiamente espresse con precorsa corrispondenza, che ad ogni buon fine si allega in copia (non ancora riscontrata), appare utile una breve cronistoria dei rapporti di relazione e la gestione di essi da parte del predetto dirigente.
Dal suo arrivo in istituto abbiamo prima dovuto fare una vera e propria “guerra” per far rispettare un accordo decentrato sottoscritto con il suo predecessore. Un accordo che evidentemente, come tutti, era perfettibile ma che, in ogni caso, fino ad allora aveva garantito una gestione del personale realizzata nel rispetto dei principi e criteri in esso contenuti.
In ragione di una vera e propria “crociata” portata avanti da altre OO.SS., legittima anche se da noi non condivisa nel merito, il direttore ha dato avvio ad una estenuante trattativa, durata anni in (!!!) per aggiornare quell’accordo. Un accordo che la UIL non ha sottoscritto perché riteniamo determini una regressione nei diritti del personale, tuttavia rispettandolo in quanto sottoscritto dalla maggioranza delle OO.SS.
Raggiunto l’obiettivo di realizzare un nuovo accordo ci aspettavamo perciò che si iniziasse a rispettarne i principi e i criteri, ma purtroppo così non è stato.
Abbiamo dovuto registrare persone che vengono spostate da un servizio all’altro, non tanto sulla base di un criterio ma nemmeno di un senso logico; incarichi che vengono conferiti attraverso “sondaggi” (commissionati da chi?); interpelli gestiti ad orologeria a seconda di chi deve ricoprire l’incarico (se uno è gradito viene scelto prima di indire il nuovo, al contrario si indice nuovo interpello) senza rispettare le scadenze previste e tanto altro ancora. Ciò che rileva, ad ogni modo, è il fatto che il direttore e chi con lui ha sostenuto l’accordo ora ne sconfessano nei fatti i contenuti.
La gestione dell’istituto è contraddistinta da precarietà, le unità operative e la loro autonomina non decollano perché parte di coloro che devono gestirle non lo fanno. Il servizio è ancora programmato a singhiozzo (altro che programmazione mensile), i piani ferie sono sempre realizzati fuori tempo massimo e gli incarichi di coordinamento sono stati gestiti come se si stesse giocando una partita a scacchi. Siccome non è gradita la presenza del vice comandante all’interno dell’istituto le “pressioni” hanno fatto sì che il direttore decidesse di spostarlo a comandare il NTP (anche se le funzioni dei commissari sono attribuite mediante provvedimenti del DAP), ma non essendo nemmeno gradito l’attuale responsabile bisognava fare posto al commissario trovando un novo incarico anche a questi.
Ecco quindi che hanno pensato bene di affidargli l’incarico di responsabile dell’unità centrale (prima in realtà era l’area esterna), così da liberare tutti i posti di “coordinamento” e di “preposto” graditi e rispondenti direttamente al comandante di reparto. Ad essere onesti gli si voleva affidare anche l’incarico di responsabile dei colloqui perché, sembra, bisognava rimuovere quello presente su “indicazioni” negative provenienti da autorità esterne. Provvedimento poi rinviato perché, viene da sorridere, bisognava evitare il possibile ricorso alla CAR da parte di qualche sindacato.
Nel frattempo, ovviamente, non è mancata nemmeno l’opera di “persuasione” nei confronti dei numerosi assistenti capo di provata capacità ed esperienza che fino ad allora avevano esercitato le funzioni di sorveglianza e/o preposto.
Un azione che, chiaramente, ha dato i suoi frutti se alla fine si è arrivati a registrare la loro assenza agli interpelli per ricoprire gli incarichi di “preposto” e oggi ci troviamo con agenti scelti o assistenti che svolgono quella funzione dove operano appunto i predetti assistenti capo.
Insomma pur di realizzare il quadro desiderato sono stati sovvertiti i gradi e le gerarchie anche e soprattutto sostanzialmente nella operatività quotidianità.
In tutto questo il direttore, ovviamente, è stato ed è un’impotente spettatore perché appunto l’accerchiamento persuasivo è arrivato al punto di convincerlo che questo è il modo giusto di gestire il personale, altro che coinvolgimento e valorizzazione dei propri collaboratori! Altro che attenzione ai bisogni e alle esigenze professionali degli uomini e delle donne della Polizia penitenziaria.
C’è da sottolineare, che ne frattempo, è intervenuta un azione di verifica e di controllo da parte del Provveditorato il cui esito a noi è sconosciuto ma che, ad oggi, non ha modificato la sostanza delle cose. Delle due l’una, quindi, o non c’era nulla da eccepire (in questo caso sarebbe però gradita una formale risposta) o i provvedimenti adottati non hanno determinato il necessario cambiamento.
L’auspicio pertanto è quello che si voglia fare chiarezza su una situazione paradossale che sta generando frustrazione e disaffezione, in quanto la percezione che si ha della situazione è quella che o sei rispondente al “regime” o vieni messo in disparte.
Il dubbio tra l’altro è quello che si confonde l’educazione istituzionale e il senso di responsabilità con una debolezza che si ritiene possa essere calpestata senza conseguenze.
Premesso quanto sopra si chiede di sapere se è legittimo che il Direttore possa modificare autonomamente le funzioni di vice comandante attribuite ad un funzionario; se può rimuovere dall’incarico, senza demerito, il responsabile dell’NTP; se è legittimo che gli ispettori siano parificati ai sovrintendenti; se è corretto che gli assistenti capo siano subordinati agli assistenti e/o agenti scelti. Ed ancora se gli accordi sottoscritti possono essere interpretati o devono essere invece rispettati.
Distinti saluti. Il Segretario Generale Angelo URSO

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