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nota n°8224 del 6 aprile 2016 al Capo Dipartimento A.P. - Dopo la riunione, definita dall’Amministrazione “interlocutoria”, del 25 febbraio u.s. nessuna ulteriore comunicazione e/o atto è pervenuto in tema di piante organiche del Corpo di polizia penitenziaria.
La materia, com’è noto, è di prioritaria importanza sia per l’organizzazione dei servizi operativi finalizzati all’assolvimento dei compiti istituzionali sia per la salvaguardia dei diritti e degli interessi legittimi degli operatori che aspirano al trasferimento attraverso una delle legittime procedure previste (mobilità ordinaria; legge 104/92; etc.). Anche perché troppo spesso le larghe maglie delle indeterminazioni che investono la tematica sotto diversi profili lasciano spazio a sistemi, logiche e pratiche le cui finalità sembrano indirizzate a orientare o, comunque, a influenzare l’esercizio dell’eccessivamente ampia potestà discrezionale, in spregio alla trasparenza e, quantomeno, alla percezione di equidistanza e imparzialità.
Dopo l’emanazione del DM del 22 marzo 2013, la promulgazione della legge n. 147/2014 e, da ultimo, la pubblicazione del DPCM 84/2015 e dei successivi decreti attuativi, non è più procrastinabile la rideterminazione delle piante organiche per i nuovi Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria e, soprattutto, per le sedi extramoenia fra cui ricomprendere anche quelli di pertinenza del neo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.
Non è più ulteriormente tollerabile, infatti, il persistente esubero di operatori del Corpo nelle sedi extramoenia e, in particolare, nelle sedi centrali dipartimentali e ministeriali, così come non è accettabile che l’Amministrazione penitenziaria continui disporre mobilità provvisoria per esigenze di servizio, ma senza oneri, per sedi che formalmente presentano eccedenze di operatori, peraltro non di rado prelevando risorse umane da sedi carenti.
Così come non è accettabile e persino beffardo che l’Amministrazione certifichi in determinati istituti penitenziari esigenze operative che perdurano da anni (distaccandovi decine di unità), ma non operi i trasferimenti degli aventi diritto attraverso le procedure ordinarie e addirittura rigetti le istanze di trasferimento supportate da presupposti di legge (es. l. 104/92) per la mancanza di posti disponibili.
Per quanto accennato, si diffidano formalmente le SS.LL, ognuna per quanto di rispettiva competenza a convocare con urgenza il tavolo sindacale per la definizione della trattativa iniziata ben oltre un mese addietro.
Appare utile porre in evidenza, inoltre, che la disposizione dei predetti provvedimenti di mobilità temporanea non esime l’Amministrazione dal dover di retribuire il legittimo trattamento economico di missione poiché l’origine degli stessi è appunto connotata da “esigenze di servizio” e a nulla rileva il fatto che il lavoratore abbia espresso la propria volontà in tal senso, proprio perché quello dovrebbe essere il primo criterio che scaturisce dal dovuto confronto tra le parti in casi del genere. Nell’attesa, molti cordiali saluti.
Il Segretario Generale Angelo Urso

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