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Quattro agenti di polizia penitenziaria aggrediti in due episodi a distanza di poche ore l’uno dall’altro. - Nella mattinata odierna, nel carcere romano di “Regina Coeli”, un detenuto con problemi psichiatrici ha colpito con un violento pugno al volto l’agente di sezione e si è poi avventato contro il collega accorso in suo aiuto, al momento sono entrambi presso il locale pronto soccorso.

“Uno stillicidio insopportabile – afferma Angelo Urso Segretario Generale della UIL PA Polizia Penitenziari - nei confronti di poliziotti abbandonati a se stessi all’interno delle sezioni detentive e lasciati alla mercé dei detenuti. Non esiste categoria nel mondo del lavoro, fatta eccezione della Polizia Penitenziaria, dove il rapporto utenza/operatori non è determinato; per noi il rapporto (quando va bene) è di un agente/ una sezione e se all’interno di essa ci sono 50, 100 o 150 detenuti questo non cambia”.

A distanza di poche ore, nello stesso Istituto, vi è stata un’altra aggressione, all’interno dell’ufficio matricola, a seguito della quale altri due operatori di polizia penitenziaria sono dovuti ricorrere a cure mediche.

Appare oramai inarrestabile la deriva della sicurezza all’interno delle carceri – continua Urso - dove l’incolumità fisica dei colleghi sembra non interessare nessuno e dove nessuno si preoccupa di prevenire i rischi per la loro incolumità fisica. Agenti di Polizia penitenziaria abbandonati al cospetto di numerosi detenuti, a mani nude, senza dispositivi di sicurezza personale, senza l’ausilio di apparati tecnologici, senza piani e squadre di intervento utili a far fronte alle emergenze. Questa è la reale condizione di lavoro nelle carceri!!”

Incomprensibile anche la scelta di chiudere gli OPG, dove coloro che avevano problemi psichiatrici venivano gestiti da esperti in psichiatria presenti 24 ore su 24 e da personale che, seppure senza una formazione specifica, aveva comunque acquisito competenze particolari.

Oggi quegli stessi detenuti – ribadisce la UIL - sono distribuiti in tutte le carceri dove non esiste un presidio psichiatrico costante e dove il personale non è nemmeno pronto e formato per gestire situazioni del genere e di conseguenza i disordini, gli eventi critici e le aggressioni ai danni della Polizia Penitenziaria sono frequenti”.

Bisogna mettere assolutamente mano nel sistema penitenziario – conclude Urso - ma guardando anche a chi nelle carceri ci lavora perché tutto ciò dipende anche dal fatto che la Polizia Penitenziaria ha oggi un ruolo marginale nei processi decisionali e nella valutazione degli indirizzi relativi alla gestione delle carceri, ma soprattutto bisogna rivederne le modalità di espletamento della funzione che, nell’era digitale e tecnologica attuale, non può certo essere quella odierna”

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