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Buongiorno a tutti. Sono …………presto servizio a ……

Quella che sto per raccontarvi è una storia di violenze domestiche che ha avuto come triste epilogo un omicidio. Sono tante le detenute che entrato in istituto per avere ucciso il proprio compagno o marito, ma una in particolare mi ha colpito per le parole pronunciate al suo arrivo e durante la carcerazione. Questa donna faceva la bidella in una scuola, aveva due figli avuti da un precedente matrimonio e si era risposata con l’uomo che ha poi ucciso. Era una donna mite sui sessant’anni e per tutto il tempo in cui è stata in istituto lavorava a maglia,cuciva, partecipava a tutte le attività lavorative e mai una volta,una sola volta l’ho vista arrabbiata, anzi se ne stava sempre in disparte come se il suo mondo non fosse li in quel momento ma fosse invece in attesa di rivivere quella vita che per troppo tempo le era stata negata e per farlo il prezzo da pagare era stare in quel letto, in quella stanza e da li attendere il lento trascorrere dei giorni con la certezza che il peggio non erano quegli anni trascorsi in galera ma la sua vita precedente.

 

Rimasi colpita, quasi ammutolita, quando io giovanissima e con poca esperienza un giorno le chiesi perché aveva fatto una cosa cosi crudele..uccidere un uomo..e le conseguenze che questo gesto aveva portato..una condanna lunga, lontano dai suoi figli,dalle sue amate sorelle dalla vita in genere … Lei mi guardò dritto negli occhi e mi disse: agente io qui non sto male.. anzi questo per me è il paradiso … lo rifarei altre mille volte non ne sono affatto pentita perché era l’unica strada possibile..o io o lui.. e io ho scelto lui prima che lui scegliesse me. Il marito,e tutto questo risulta agli atti del processo, era un violento, beveva,non lavorava,si prendeva tutti i soldi del suo lavoro, minacciava di fare del male ai suoi figli se mai lei lo avesse lasciato, la picchiava regolarmente per qualunque motivo, la teneva chiusa in casa eccezione fatta per quelle poche ore di lavoro a scuola..le sputava anche nel piatto prima che lei mangiasse e lei prima di potere mangiare doveva pure ringraziarlo….altrimenti ancora botte.. i vicini sapevano tutto, sentivano pianti,urla, tanta disperazione…lei impaurita dalle sue minacce cercava di nascondere a tutti le sue sofferenze…fino a quando un giorno,una mattina qualunque, lei mi racconto: mi trovavo in cucina era molto presto lui dormiva.. a un certo punto,agente, ho sentito un fuoco scaldare il mio viso .un calore che non saprei descrivere…ho preso una pentola l’ho riempita di olio l’ho messa sul fuoco e l’ho fatto bollire. Poi sono andata in giardino e ho preso un attrezzo con cui lui tagliava l’erba e più volte mi aveva minacciata di tagliarmi la gola, sono andata in camera da letto e decisa e senza un solo attimo di ripensamento gli ho buttato l’olio caldo addosso mentre dormiva e l’ho ucciso con l’attrezzo da giardino. Lui gridava sembrava il diavolo e io sapevo che avrei potuto essere uccisa anche io in quel momento qualora lui avesse avuto la forza di reagire. Ma non mi importava più nulla perché quella vita era l’inferno e nulla di peggiore poteva accadermi.

Subito dopo ho chiamato i carabinieri ed eccomi qua a raccontarle ciò che non avrei voluto mai vivere. Ricordo bene che tra le colleghe vi era chi la condannava ritenendo ingiustificato il suo gesto, potendosi trovare altre strade per sfuggire alla violenza che non avessero come triste epilogo la morte di un uomo, e poi vi era chi la comprendeva provandone quasi compassione e nello stesso tempo si meravigliava di quella serenità velata a tratti da una lieve tristezza che la detenuta ha avuto per tutto il tempo in cui è rimasta li’ sospesa o forse in attesa di una vita libera da quegli orrori patiti . Io, all’epoca dei fatti, ho scelto di non giudicare non potendo, neppure per un attimo, immedesimarmi in una vita di dolore macchiata dal più efferato dei delitti. I giudici hanno riconosciuto all’imputata tutte le attenuanti generiche, alla stessa sono stati concessi permessi premio e liberazione anticipata, l’indulto e le misure alternative alla detenzione hanno diminuito ulteriormente la pena.. oggi lei è una persona libera con i suoi dolori, le sue colpe , i suoi rimorsi, poteva essere lei la vittima invece per vivere ha dovuto uccidere e ha pagato per questo.

In un’intervista, qualche anno prima di finire di scontare la sua pena, ha ringraziato tutto il personale di Polizia Penitenziaria definendoci “ degli angeli che l’hanno accompagnata nel suo doloroso percorso di ritorno alla vita”.

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