Nota n. 8703 - Preg.ma Presidente,
Abbiamo apprezzato molto l’attenzione mostrata dalla S.V. nei confronti dell’indagine sullo stress lavoro correlato dalla UIL realizzata nei confronti del Corpo di polizia penitenziaria e il riferimento, evidentemente, va alla missiva m_dg.GAB.24/04/2018.0014437.U.
Siamo tuttavia costretti a tornare sull’argomento e, in particolare, sull’ormai annosa questione delle aggressioni nei confronti degli operatori del Corpo che, oltre ad arrecare danni fisici, morali e professionali, sono chiaramente causa di stress per il deleterio doppio messaggio che irrimediabilmente se ne ricava: detenuti che quotidianamente, più o meno impunemente, si rendono protagonisti di aggressioni e lo Stato, rappresentato dal DAP e dal Ministero della Giustizia, inoperoso al punto da rendere inermi i sui servitori e rappresentanti.
Da un lato, dunque, gli operatori che hanno la percezione di essere abbandonati e in balìa degli eventi, esposti a quotidiane aggressioni cui spesso fanno fronte solo grazie a capacità innate o maturate con l’esperienza e dall’altro i detenuti che avvertendo il disagio e, persino, l’ “abbandono” dei poliziotti da parte dello Stato non si fanno tanti problemi nel perpetrare azioni anche cruente; specie allor quando non sperano neanche in misure alternative e/o premiali talvolta precluse per motivi connessi alla nazionalità.
Una sorta di circolo vizioso, alimentato anche dall’insufficiente e inadeguata offerta formativa e addestrativa, di cui da tempo chiediamo invano l’inversione attraverso segnali ed iniziative inequivocabili ed efficaci e che, invece, sono e restano soltanto proclamate enunciazioni.
Noi non dimentichiamo che fu lo stesso Ministro che nel settembre 2017 – nel corso di una riunione convocata dopo una manifestazione unitaria che aveva, appunto, l’obiettivo di sensibilizzare autorità e opinione pubblica proprio sul tragico fenomeno delle aggressioni – annunciò la costituzione di una “commissione d’inchiesta”, presieduta dal Vice Capo del DAP, Cons. Marco del Gaudio, sulle modalità attuative della c.d. sorveglianza dinamica e sulla custodia aperta i cui esiti sono rimasti sconosciuti ai più.
Mentre il DAP “studia” il fenomeno, dunque, la polizia penitenziaria e – con essa – il sistema penitenziario continuano a soccombere sotto i colpi, purtroppo non metaforici, di un numero rilevante di detenuti facinorosi e insofferenti alle regole anche a dispetto talvolta di fantasiosi patti di (ir)responsabilità.
Così le aggressioni, non di rado veri e propri attentati all’incolumità degli operatori, continuano a dilagare, tanto che parlare di escalation sarebbe un vero e proprio ossimoro poiché ormai sono un fenomeno tristemente normale.
Sarà forse per questo, peraltro, che il DAP da qualche mese ha di fatto “secretato” i dati non fornendoli a questa Segreteria nonostante ripetute richieste in tal senso?
I fatti di Castrovillari, Siracusa, Rossano, Genova, Palermo e Firenze sono solo gli ultimi di una serie innumerevole e non esaustiva di eventi che, in sintesi, mettono costantemente a repentaglio l’incolumità fisica della polizia penitenziaria ma anche la dignità professionale e personale di ognuno negli istituti di pena.
Al di là, dunque, di ogni iniziativa conseguente o connessa alla nota cui si è fatto cenno in premessa, si chiede alla S.V. di intercedere nei confronti del DAP affinché si realizzi un urgente confronto in tema di aggressioni, di misure e iniziative idonee ad arginarle, anche in adempimento ai doveri in capo al datore di lavoro – che nel caso di specie coincide con lo Stato – di garantire la sicurezza personale dei propri dipendenti.
Nell’attesa, molti cordiali saluti. F.to: Il Segretario Generale Angelo Urso