Nota n°8437 del 10.02.17 - On.le Ministro, com’è ampiamente noto, le criticità del sistema giustizia e, in particolare, dell’organizzazione e della gestione penitenziaria nazionale sono molto risalenti nel tempo e derivanti sia dall’incompiuta attuazione della riforma del 1975, sia dal mancato ammodernamento di diversi istituti e, in generale, del quadro normativo affinché restasse ancorato all’evoluzione della società e al comune sentire.
Cosicché le tante e gravi vicissitudini dell’universo penitenziario sono state quasi sempre affrontate, fino ai giorni nostri, con interventi tampone finalizzati ad arginare alla meno peggio i bisogni più impellenti, senza – fino all’avvio degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale – alcuna reale ambizione di provare a immaginare una riforma complessiva in grado di far rientrare l’Italia nei canoni sanciti dalla Carta costituzionale e nell’alveo dei principi affermatisi nell’Europa comunitaria anche attraverso l’apporto di studio e propositivo degli Organismi indipendenti.
Tutto ciò ha fatto si che l’emergenza penitenziaria, formalmente riconosciuta dal Governo sin dal gennaio 2010, quando ormai conclamata, si avvertisse molto prima e anche a prescindere dalle varie e ripetute censure della CEDU.
Gli anni dal 2010 a seguire, tuttavia, hanno di certo rappresentato l’apice di un ipotetico istogramma emergenziale che si è sommato, per di più, alle altre emergenze che hanno attanagliato la comunità internazionale e, principalmente, l’Italia.
Di conseguenza, gli operatori del Corpo di polizia penitenziaria sono stati messi a dura prova dal dover affrontare, spesso da soli e senza sufficiente supporto sia della politica sia della stessa Amministrazione penitenziaria, oltre all’emergenza carceraria correlata all’eccezionale sovrappopolamento detentivo, una serie di difficoltà derivanti anche dalla negativa congiuntura economica internazionale. Le carenze organiche, di mezzi, di strumentazioni unite alla contestuale apertura di nuovi istituti e padiglioni penitenziari e alla limitazione del turn over, la fatiscenza di molti edifici, il blocco pluriennale dei contratti (peraltro dichiarato incostituzionale) e degli “automatismi” stipendiali, le successive riforme strutturali – ancora in fieri – all’organizzazione del Ministero della Giustizia, il terrorismo di matrice islamica e i tentativi di radicalizzazione in carcere, per finire ai tragici eventi sismici degli ultimi mesi sono solo alcuni dei gravi fattori contingenti che hanno sottoposto a inenarrabile e prolungato stress psico-fisico gli appartenenti alla Polizia penitenziaria.
Ribadendo, peraltro, che si è trattato di stress costante e prolungato, riteniamo che il Corpo abbia complessivamente risposto egregiamente, con diuturno spirito di sacrificio e abnegazione, senza lesinare alcuno sforzo non solo nel perseguimento degli obiettivi istituzionali, ma anche sopperendo direttamente alle numerose inefficienze e persino ai vuoti di tutta la macchina amministrativa del Paese, contribuendo significativamente, in definitiva, a garantire la libertà delle istituzione democratiche.
Oggi è altresì da tutti ampiamente riconosciuto che se il sistema penitenziario ha tenuto e si può guardare con fiducia al futuro, in attesa del compimento delle riforme in itinere e in fase embrionale, lo si deve in gran parte al Corpo di polizia penitenziaria.
Non di rado, negli anni, gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria sono stati descritti da autorevoli esponenti politici e anche da Suoi predecessori al Dicastero della Giustizia con numerosi appellativi. “Eroi silenziosi, Angeli blu” solo per ricordare le espressioni più recenti.
Spesso, tuttavia, quando le predette attestazioni non venivano seguite da atti politici conseguenziali, ci siamo domandati se gli appellativi utilizzati, oltre a significare sincero apprezzamento per le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria, non fossero in qualche misura sintomatici del convincimento più o meno cosciente di “poteri” e “capacità” propri di super eroi in capo agli appartenenti al Corpo, attraverso i quali potessero far fronte a qualsiasi difficoltà senza che fossero necessari interventi, anche straordinari, di supporto.
Del resto è palese che quando organizzazioni analoghe (altre FF.PP., Vigili del Fuoco, etc.) hanno dovuto affrontare esigenze straordinarie, quali ad esempio quelle connesse all’Expo 2015 o al Giubileo straordinario della misericordia, il Parlamento e il Governo hanno adottato misure altrettanto straordinarie.
Se per la Polizia penitenziaria ciò non è avvenuto, ci piace pensare che sia stato proprio perché ritenuto un Corpo dalle capacità eccezionali tanto da richiamare l’eroismo.
Se, però, persino il mitologico Achille aveva il suo tallone vulnerabile, è indubitabile che anche la Polizia penitenziaria possa aver dato talvolta, in circostanze eccezionalmente sfavorevoli, qualche segno di cedimento direttamente correlato al sovraccarico emozionale, lavorativo e sociale al quale è stata sottoposta.
Quasi sempre, detti cedimenti, per quanto pochi, sono stati anche perseguiti disciplinarmente con conseguenze che si ripercuoteranno spesso oltre misura sul percorso di carriera di chi li ha subiti.
Nel momento in cui ci si accinge ad avviare un nuovo corso di riforme che possa mettere in sicurezza il sistema penitenziario e l’esecuzione penale del Paese, riteniamo essenziale che la politica, il Parlamento, il Governo e, particolarmente, la S.V. On.le si facciano compiutamente carico di ciò.
Senza peraltro auspicare, né ipotizzare, condoni generalizzati, Le chiediamo solo di valutare la possibilità e l’opportunità di farsi Lei promotore di un’iniziativa che possa condurre alla revisione dei procedimenti disciplinari, con esclusione dei casi oggettivamente più gravi, avviati negli anni della più pressante emergenza e ad essa direttamente correlati al fine di rivederne favorevolmente l’esito o, almeno, gli effetti delle sanzioni comminate.
Solo così il Corpo tutto, e non solo le poche unità direttamente coinvolte, potrebbe trovare un discreto ristoro simbolico testimoniato da una vicinanza non solo dichiarata e biecamente interessata della politica e delle Istituzioni.
Certi della sensibilità più volte dimostrata su questi temi, restiamo in attesa di un cortese cenno di riscontro.
Con viva cordialità, F.to Il Segretario Generale Angelo URSO