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Nota 10890 - Bozza del nuovo Regolamento di Servizio del Corpo di polizia penitenziaria (qui leggi la bozza del regolamento - Qui il comunicato stampa).

Con riferimento alla nota n. m_dg.GDAP21/01/2025.0026936.U di codesto Ufficio, si accoglie con moderata soddisfazione l’intendimento di voler aggiornare, ridandogli efficacia, il Regolamento di Servizio del Corpo di polizia penitenziaria, seppur in ritardo di quasi 5 anni rispetto alla scadenza dettata dall’art. 35, D.Lgs. n. 172/2019.

Analogamente, si apprezza lo sforzo profuso nell’obiettivo di coordinare nell’atto regolamentare, dandogli finalmente efficacia, le prescrizioni discendenti dalla molteplicità di norme di vario rango e natura che si sono succedute nel tempo, anche in maniera frastagliata, e che hanno investito non solo il Corpo di polizia penitenziaria, ma tutta l’Amministrazione penitenziaria in senso lato (DAP e DGMC).

Nondimeno, in parallelo ad alcune apprezzatissime previsioni capaci di attribuire forse per la prima volta al Corpo di polizia penitenziaria le caratteristiche proprie di una Forza di Polizia dello Stato, si scorgono alcuni elementi che destano moltissima preoccupazione in relazione alla capacità d’incidere persino su libertà individuali e di partecipazione alla vita democratica tutelate dalla Carta costituzionale, quasi tendendo verso una “rimilitarizzazione” del Corpo e, forse, spingendosi persino oltre.

In almeno un caso, peraltro, si nota quantomeno una caduta di stile che rischia di essere persino offensiva se tradotta in un atto normativo (cfr. “Il personale … Cura che i capelli siano puliti …”).

Per di più, nei tratti in questione, sembra incedersi, in una sorta di eccesso, anche oltre la delega di cui al citato art. 35, D.Lgs. n. 172/2019 (“Nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con le modalità previste dall'articolo 29, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395, sono apportati al regolamento di servizio del Corpo di polizia penitenziaria gli adeguamenti conseguenti all'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente capo”).

Trattandosi, complessivamente, di materia molto vasta e che richiede necessariamente un approfondito esame e un articolato confronto, ai sensi dell’ultimo periodo, 1° comma, art. 29, legge n. 395/1990 e succ. modd., si chiede sin d’ora di voler calendarizzare una o più riunioni in cui poter meglio e più dettagliatamente partecipare ogni argomentazione e consentire a questa Organizzazione Sindacale di poter illustrare i motivi di preoccupazione, motivare le richieste e le proposte, nonché di rappresentare gli aspetti e le ragioni di condivisione.

Nell’attesa, in maniera del tutto schematica e con riserva, come detto, di argomentarne compiutamente il senso e le ragioni, si anticipano le principali richieste che non sono in ogni caso da considerarsi esaustive:

  • L’art. 13 dovrebbe essere riprodotto mantenendo interamente e senza modifica alcuna il dettato dell’attuale art. 10 del DPR n. 82/1999 (in seguito “Regolamento vigente”). Si evidenzia che il dettato della lettera c) del testo proposto (“… anche fuori dal servizio mantiene una condotta irreprensibile, adeguata alla dignità delle proprie funzioni evitando comportamenti che possano arrecare pregiudizio all’amministrazione”), potrebbe persino impedire agli appartenenti alla Polizia penitenziaria la partecipazione a legittime manifestazioni di natura sindacale;
  • L’art. 15 dovrebbe essere mantenuto con la riproposizione integrale dell’attuale art. 14 del Regolamento vigente. In particolare, si rappresenta l’assoluta contrarietà alla codificazione della cura dell’igiene personale (“capelli puliti”), nonché al testo di cui all’introducendo comma 5 (“Il personale è comunque tenuto a curare che il proprio aspetto esteriore, fuori servizio, sia consono ai contesti in cui si trova ad agire, evitando ogni forma di eccentricità ed eccesso”);
  • L’art. 17 (“Uso dei social media”) dovrebbe essere integralmente soppresso, incidendo su libertà costituzionali e comportamenti che, pur potendo rientrare astrattamente nel novero di quelli idonei a riflettersi sulla dignità delle funzioni, non possono essere propriamente e dettagliatamente disciplinati ulteriormente dal Regolamento di Servizio in aggiunta precisi obblighi che già discendono dalla normativa vigente (ivi compreso il Regolamento stesso). Per mero tuziorismo, in subordine, si rappresenta che al 2° periodo, lettera a), comma 2, almeno le parole “che assumano connotati irriverenti” dovrebbero essere espunte;
  • Alla lettera b), 2° comma, art. 18, dovrebbe essere aggiunto alla fine “o autorizzate”;
  • L’art. 20 dovrebbe essere integralmente cassato, in favore del testo dell’art. 18 del Regolamento vigente. In particolare, la dizione “Il personale è tenuto all’osservanza del segreto d’ufficio e non può fornire a chi non ne abbia titolo notizie relative a eventi, servizi, provvedimenti e operazioni di qualsiasi natura”, appare idonea anche a impedire o limitare libertà e prerogative costituzionalmente protette e sindacali;
  • All’art. 21 dovrebbe essere trasposto il testo dell’art. 19 del Regolamento vigente. In proposito, si evidenzia l’apparente illogicità, e si richiede la rivisitazione, del 2° comma (“Secondo le proprie competenze e mansioni, egli mantiene la funzionalità e il decoro del luogo ove presta servizio, prendendosi cura degli oggetti e degli strumenti che usa, assicurando il mantenimento della loro efficienza e la loro integrità”);
  • Alla lettera e), 4° comma, art. 22, sembra esserci un rimando incoerente (“… unitamente alla certificazione attestante lo stato patologico, ai sensi dell’art. 7”);
  • Dell’art. 23 sarebbe opportuna una completa revisione anche prendendo spunto dal dettato degli artt. 48-bis (“Misure da attuarsi in presenza di disagio psico-sociale”), 48-ter (“Assegnazione a servizi interni non operativi”) e 48-quater (“Commissione per la salvaguardia della salute del personale della Polizia di Stato”), del DPR n. 782/1985 (“Approvazione del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”) e succ. modd., al fine di consentire, ove possibile, l’ulteriore impiego in servizi non operativi degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria con disagio psico-sociale o privati dell’armamento in dotazione individuale, nonché per favorirne la salvaguardia della salute;
  • Alla lettera c), comma unico, art. 26, l’avverbio “immediatamente” deve essere soppresso (“Il personale: … deve fornire alla direzione da cui dipende ogni indicazione necessaria per poter essere immediatamente reperito in caso di necessità”). Diversamente, solo per proporre un banale esempio, agli appartenenti al Corpo liberi dal servizio potrebbe essere impedito persino di andare al cinema disattivando provvisoriamente il telefono cellulare personale;
  • Al 2° comma, art. 30, le parole “con le modalità ritenute più opportune” (Le disposizioni di cui al comma 1, senza ritardo, sono portate a conoscenza del personale dal comandante, con le modalità ritenute più opportune, salvo diverse indicazioni del direttore”) dovrebbero essere sostituite con “con modalità che assicurino e facilitino il tempestivo raggiungimento di tutto il personale interessato”;
  • Al 1° comma, art. 32, andrebbe specificato che gli ordini di servizio devono essere numerati progressivamente e datati, per come peraltro dettato dall’art. 29 del Regolamento vigente. Si segnala inoltre che non sembra esservi corrispondenza fra quanto riportato in commento e il dettato testuale dell’articolo e che appare necessaria l’indicazione dell’Ufficio presso cui devono essere custoditi gli ordini di servizio in originale;
  • Al 4° comma, art. 33, dovrebbe essere specificato che eventuali variazioni alla programmazione mensile dei servizi devono essere tempestivamente comunicate agli interessati dal delegato del Comandante;
  • Al 2° comma, art. 34, dovrebbe essere indicato il termine entro il quale deve essere esposto il Foglio di servizio a riguardo della decorrenza dei servizi disciplinati;
  • Al 3° comma, art. 35, e ovunque ricorra, la locuzione “luogo di servizio” dovrebbe essere sostituita da “posto di servizio”;
  • La lettera r), 1° comma, art. 36, ove se ne reputasse l’effettiva esigenza di mantenimento, non potrebbe che riproporre il dettato testuale dell’ultimo periodo, comma 10, art. 6, del D.Lgs. n. 146/2000 (norma sovraordinata nella gerarchia delle fonti) “[Il comandante, nell’ambito delle direttive generali del direttore,]… Sovrintende altresì all’idoneità delle caserme, delle mense, dell'armamento e dell'equipaggiamento” (e non solo ai controlli a essi relativi). Prescrizione che, peraltro, sembra sia stata gravemente disattesa persino nel corso dell’attuale servizio di missione internazionale e che dunque, anche per questo, appare d’assoluta attualità;
  • Alla lettera c), 2° comma, art. 40, e ovunque ricorrano, le parole “abbandona il” dovrebbero essere sostituite con la locuzione “si allontana dal”; inoltre, dopo la locuzione “preventivamente autorizzato” e prima delle parole “previo avvicendamento” dovrebbe essere inserito l’inciso “,ove lo impongano esigenze funzionali,” (“mai abbandona il si allontana dal posto di servizio se non preventivamente autorizzato e, ove lo impongano esigenze funzionali, previo avvicendamento”);
  • Alla lettera e), 2° comma, art. 44, dovrebbero essere espunte le parole “di ufficiale” e dopo le parole “polizia giudiziaria” dovrebbe essere aggiunta la parola “rivestita” (“provvedere ad ogni adempimento connesso alla qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria rivestita, secondo le direttive impartite dal comandante di Reparto”), considerato che al servizio di preposto potrebbero essere assegnati anche operatori con la qualifica di agente, e non solo di ufficiale, di polizia giudiziaria;
  • La lettera i), 1° comma, art. 46, dovrebbe essere meglio coordinata onde evitare che il Comandante del Reparto possa non essere immediatamente informato dell’eventuale accesso in Istituto delle autorità indicate dall’art. 67, legge n. 354/1975 e succ. modd.;
  • All’ultimo periodo, 3° comma, art. 50, le parole “unitamente ad” dovrebbero essere sostituite dalle parole “anche in concorso con” (“Il personale può, altresì, effettuare controlli sul detenuto o internato durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, unitamente ad anche in concorso con altre Forze di polizia”);
  • La lettera a), 1° comma, art. 50, dovrebbe riproporre senza modifiche il testo integrale del 1° comma, art. 45, del Regolamento vigente. In particolare, si evidenzia che l’art. 43, legge n. 354/1975 e succ. modd., attribuisce alla “direzione dell’istituto” il compito (e la responsabilità) di eseguire la dimissione dei detenuti e degli internati;
  • La lettera e), 1° comma, art. 54, (“qualora si abbia il sospetto che nella corrispondenza, in arrivo o in partenza, siano inseriti oggetti che costituiscano elementi di reato o che possano determinare pericolo per l’ordine e la sicurezza, informa tempestivamente il preposto”), dovrebbe essere riformulata in aderenza al dettato di cui al 6° comma, art. 38, DPR n. 230/2000, nonché per come previsto dall’ultimo periodo, 2° comma, art. 48 del Regolamento vigente. È di ogni evidenza, infatti, che gli operatori addetti debbano informare tempestivamente il preposto qualora abbiano il sospetto che nella corrispondenza siano inseriti “contenuti” (e non solo oggetti) che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l'ordine e la sicurezza, con essi intendendosi anche eventuali scritti;
  • Alla lettera b), 1° comma, art. 56, le parole “grado di parentela dei familiari” andrebbero sostituite con “tipo di legame legittimante di familiari e conviventi” o comunque con altra formula che includa tutte le ipotesi legittimate (parentela, affinità, coniugio, convivenza di fatto, parti dell’unione civile, etc.);
  • L’art. 69 necessita di approfondimenti anche in relazione alla necessità di coordinamento, pure successiva, con l’attuale organizzazione del Nucleo Investigativo Centrale e dei Nuclei Investigativi Regionali;
  • Al 1° comma, art. 83, l’avverbio “maggiormente” va espunto (nel pubblico impiego, la disciplina che individuava la maggiore rappresentatività delle Organizzazioni Sindacali è da moltissimo tempo superata, distinguendosi ora solo fra Organizzazioni Sindacali rappresentative e non rappresentative).

Nell’attesa del confronto, distinti saluti.

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