Nota n. 10.406 - Con riferimento alla nota n. m_d.g.GDAP.27/10/2023.042168.U e a riguardo dell’oggetto, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, si manifesta totale disappunto per i reiterati ritardi che si sono registrati sulla materia, da ultimo certificati dal vano spirare dei termini di cui all’art. 13, d.l. 11 novembre 2022, n. 173, e succ. modd.
Sul punto, si auspicano opportune interlocuzioni che possano favorire una specifica proroga legislativa al fine di consentire la revisione del regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia, con procedure semplificate, mediante DPCM.
Nel merito dello schema trasmesso, si osserva che il recupero di una dirigenza generale nell’ambito del Dicastero della Giustizia e, particolarmente, del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, per l’impiego ipotizzato, rischia di produrre molti più danni rispetto a qualche beneficio.
Se non v’è dubbio che l’Amministrazione Penitenziaria e, soprattutto, la politica debbano interrogarsi e correggersi in relazione alle presunte quanto improbabili misure di spending review introdotte negli anni passati e che hanno condotto alla dismissione di Direzioni generali centrali, Provveditorati regionali, Scuole di formazione, Istituti penitenziari (accorpati), etc., al fine di recuperarne – se non tutte – gran parte, nel farlo non si possono piegare ragioni di sicurezza operativa rapportate ai servizi penitenziari disimpegnati, di prossimità territoriale, orografiche, di vastità e lunghezza dei luoghi, di collegamento stradale, di condizioni infrastrutturali, etc., ad altre logiche che francamente sfuggono, a meno di ricorrere ad assunti di andreottiana memoria.
Se si coglie con assoluto favore il ripristino del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria di Perugia, non si condivide affatto la creazione della macro-circoscrizione composta dalle regioni geografiche di Umbria, Abruzzo e Molise, virando anche rispetto alla ratio dell’art. 14, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito in legge 10 agosto 2023, n. 112 (circostanza, peraltro, tradita dalla relazione tecnica allo schema trasmesso, laddove rimane il riferimento al PRAP Emilia Romagna e Marche).
È di tautologica evidenza, infatti, come e quanto le strutture, l’utenza, i dipendenti e, in definitiva, l’organizzazione e l’operatività complessiva delle sedi dell’Abruzzo e del Molise subirebbero un ulteriore allontanamento dai centri decisionali e nei quali avranno sede anche, per esempio, le riunioni degli organi collegiali cui dovrà presenziare il personale (si pensi ai consigli regionali di disciplina), con aumento di spesa e di tempi di lavoro.
Peraltro, stante l’implicita abrogazione, a opera della lettera f), comma 2, art. 1, DPCM 22 aprile 2022, n. 54, dell’originario penultimo periodo, 2° comma, art. 16, DPCM 15 giugno 2015, n. 84, (“con i medesimi decreti possono essere istituiti presidi territoriali in luogo dei soppressi provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria e ne sono definiti competenze e compiti”), pare che l’ulteriore revisione del decreto ministeriale del 2 marzo 2016 e succ. mod. non possa prevedere il mantenimento dell’attuale distaccamento territoriale di Pescara. A meno, ovviamente, di una specifica statuizione in tal senso nell’emanando Decreto del Presidente della Repubblica, non contenuta tuttavia nello schema trasmesso.
La soluzione più logica e funzionale al problema esposto e quelli che sul punto si tenta, a giudizio di chi scrive molto maldestramente, di affrontare con la bozza di DPR trasmessa, sarebbe – nell’immediato – quella di prevedere, per via legislativa, un’ulteriore dirigenza generale al fine di istituire i Provveditorati Regionali di Umbria-Marche, con sede a Perugia, e Abruzzo-Molise, con sede a Pescara.
Nondimeno, in prospettiva non si dovrebbe rinunciare al ripristino di tutti i Provveditorati soppressi facendo per lo più coincidere le circoscrizioni territoriali penitenziarie con le regioni geografiche.
A cascata, con decreto ministeriale successivo, anche in ragione del recupero di trenta dirigenze penitenziarie, si dovrebbe restituire autonomia agli istituti penitenziari unificati negli anni scorsi di Alessandria, Ancona, Brescia, Civitavecchia e Reggio Calabria, nonché alle sezioni distaccate, solo per citarne alcune, di Altamura e Gorgona.
Per quanto attiene, invece, all’istituenda “Direzione generale delle Specialità per il Corpo di polizia penitenziaria”, si reputa per nulla esaustiva la descrizione dell’“elaborazione dei programmi e degli atti di indirizzo nelle materie di competenza della Direzione generale”, laddove queste ultime dovrebbero essere espressamente e indefettibilmente declinate.
Analogamente, dovrebbero essere esattamente dettagliate le permanenti “attribuzioni della Direzione generale del personale”.
Cordiali saluti,