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Comunicato stampa -  ROMA 30/03/2020 – “In una situazione normale e in un paese normale, coloro che non fossero stati capaci d’impedire 13 morti, in luoghi protetti per antonomasia, per overdose da farmaci sottratti a infermerie evidentemente insicure, che non fossero stati in grado di proteggere il loro personale e che, ancora, non si fossero dimostrati abili a evitare decine di milioni di danni, ne avrebbero tratto una sola autonoma conseguenza: avrebbero chiesto scusa e si sarebbero dimessi! Ma siamo in Italia, dov’è arcinoto che il termine dimissioni rischia di essere bandito persino dai dizionari, dove il pudore è un sentimento per pochi e, per giunta, ci troviamo nel pieno di un’emergenza sanitaria, economica e sociale forse senza precedenti, dunque non ci aspettavamo nulla di tutto ciò. Di certo, però, non avremmo mai previsto che al DAP, al Ministero della Giustizia e, per alcuni versi e in certa misura, persino al Governo si continuasse a restare indifferenti e insensibili alle grida di allarme e alle richieste d’aiuto della Polizia penitenziaria. Questo no, non l’avremmo mai immaginato, neanche in uno scenario apocalittico”.

         Sono queste le amare considerazioni di Gennarino De Fazio, per la UILPA Polizia Penitenziaria nazionale, all’incessante aggravarsi della duplice emergenza, gestionale e sanitaria, nelle carceri. De Fazio spiega: “non solo il Corpo di polizia penitenziaria continua a pagare il suo tributo di morti e di contagiati da coronavirus, non solo non è dotato di sufficienti e adeguati dispositivi di protezione individuale anche nel controllo dei luoghi e degli ambienti ove i reclusi vengono ammessi a scontare la detenzione domiciliare, non solo è costretto a subire la beffa della penalizzazione rispetto alle altre Forze dell’Ordine proprio in relazione agli stanziamenti per presidi di sicurezza, ma deve persino patire l’oscurantismo del DAP che non fornisce i dati sui contagiati, sugli isolati, sui dispensati dal servizio a scopo precauzionale, etc.”

 

         “Lo abbiamo chiesto ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e della Giustizia Minorile e di Comunità più volte – prosegue De Fazio – ma non siamo stati degnati di qualsivoglia riscontro. Eppure, abbiamo motivato la richiesta con la necessità che avvertiamo di approfondire, analizzare e formulare proposte, ma anche per informare, laddove la carenza o addirittura l’assenza di notizie ufficiali alimenta voci incontrollate e talvolta fake news che non giovano a nessuno; per questo e ancor di più non capiamo tal tipo di resistenza, a meno di non catalogarla nella proverbiale tracotanza di un’Amministrazione troppo spesso matrigna”.

         “Temiamo – argomenta ancora il leader sindacale – che il contagio nel carcere sia arrivato in differita, abbiamo paura e saremmo felici di essere smentiti – che i focolai si stiano sviluppando in queste ore e che il picco vi sarà a qualche settimana di distanza da quando si registrerà nel Paese. Temiamo fortemente che dalle carceri, come se si trattasse di ‘territorio straniero’, esterno ai confini nazionali, potrebbe svilupparsi il c.d. contagio di ritorno, che rischierebbe di far riprecipitare la situazione pure al di qua delle mura. Speriamo di sbagliarci, ma lo stiamo dicendo prima, se per una sfortunatissima ipotesi dovesse poi accadere, crediamo che non si potrebbe parlare di fatalità e di sole responsabilità morali”.

 

         Noi stiamo facendo del nostro meglio – conclude De Fazio –, anche con la UILPA e la UIL stiamo promuovendo degli specifici emendamenti al decreto Cura-Italia, ma è necessario che qualcuno ci ascolti prima che sia troppo tardi. Per questo facciamo ancora una volta appello a tutte le istituzioni, dal Governo, alla magistratura, alle forze politiche, per quanto di rispettiva competenza: si forniscano quotidianamente, come per il resto della popolazione e degli stessi detenuti, i dati numerici specifici e circostanziati sugli operatori di Polizia penitenziaria monitorati per COVID-19”.

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