Solo la settimana scorsa avevamo puntato il dito nei confronti degli eventi critici e delle aggressioni che si registrano nel sistema penitenziario (nostra nota n. 8196 del 9 febbraio), chiedendo di avviare una riflessione in materia di “salute e sicurezza”.
Comincia così la dichiarazione stampa del Segretario Generale della UIL Polizia Penitenziaria in merito all’evasione dal carcere romano di Rebibbia.
“L’evasione dei due cittadini rumeni dal N.C. di Roma Rebibbia ripropone l’attualità del problema, se due detenuti riescono a segare indisturbati le sbarre di un locale detentivo ed arrampicarsi sul muro di cinta del carcere, scavalcandolo, senza che un sistema di videosorveglianza o di controllo umano riesca ad impedirlo, anche al di là di eventuali responsabilità da accertare, un problema evidentemente c’è!!
Ed è altrettanto evidente – continua Urso - che qualcosa bisognerà pure farla e con urgenza!”. “Non si possono affrontare le questioni che attengono il carcere solo e soltanto in riferimento alla rieducazione e al trattamento, queste materie, importanti, devono essere accompagnate da sistemi di videosorveglianza aggiornati, insieme a modelli organizzativi e operativi adeguati, gestiti da regole chiare e di certa applicazione.
E’ il “minimo sindacale” per non farsi cogliere impreparati.
E’ vero ci piace immaginare una società senza carcere, senza violenze, senza reati, è il sogno di tutti, ma aimè!! – confessa il Segretario Generale - !! La realtà purtroppo è un’altra e la criminalità italiana non può certo essere paragonata a quella norvegese.
L’emergenza carceri non è affatto finita, e, di conseguenza, l’auspicio resta quello che il Ministro della Giustizia possa presto intercedere presso il Governo affinché venga posto davvero all’ODG la questione carcere.
Servono: mezzi, uomini e donne, strumenti per efficientare un sistema che presenta tante, troppe crepe… nel frattempo un confronto tra le parti riteniamo possa essere utile
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ANSA
Carceri: diminuiscono detenuti ma aumentano aggressioni a guardie e risse
Dati Uilpa Penitenziari: nel 2015 reati raddoppiati rispetto al 2013
La doppia evasione verificatasi ieri a Rebibbia riporta in primo piano la situazione nelle carceri, dove se in questi anni è gradualmente diminuito il numero di detenuti, che in passato ha creato un allarme sovraffollamento, continuano a verificarsi molti eventi critici, come aggressioni e reati, con cifre in aumento. Lo testimoniano i dati diffusi solo pochi giorni fa da uno dei sindacati degli agenti, la Uilpa Penitenziari, sulla base delle statistiche ufficiali 2013-2014-2015 fornite dal Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Nel 2015 - si legge nelle tabelle - i reati commessi da detenuti sono raddoppiati rispetto al 2013, passando da 983 casi a 1.812, con un balzo anche rispetto al 2014, quando gli eventi registrati furono 1002. Devastazioni e atti vandalici sono passati da 663 nel 2013 a 955 l'anno successivo a 1.379 l'anno scorso. In forte aumento anche i casi di aggressione ai danni degli agenti da parte dei detenuti passati da 344 nel 2013, a 394 nel 2014 a 422 nel 2015. Più che raddoppiate le sanzioni disciplinari comminate ai detenuti: erano 207 nel 2013, sono state 238 l'anno dopo e 537 l'anno scorso. Un'ulteriore spia della situazione nelle carceri la dà la cifra relativa alle risse dietro le sbarre: dalle 38 rilevate nel 2013, sono salite a 44 nel 2014 e a 53 nel 2015. Sul fronte dei suicidi, tra i detenuti ci sono stati 42 casi nel 2013, 43 nel 2014 e 39 nel 2015; a questi dati vanno aggiunti quelli relativi ai tentati suicidi, che sono stati 6.854 nel 2013, 6.889 l'anno dopo e 6.987 lo scorso anno; e quelli sugli atti di autolesionismo, con circa 6.800 episodi ogni anno. Il numero dei suicidi mantiene quindi una sostanziale stabilità, restando molto elevato. Sette gli agenti che si sono tolti la vita nel 2013, saliti a 11 nel 2014 e scesi a due nel 2015.
PANORAMA
Le carceri italiane sono ormai alla deriva: risse, aggressioni, suicidi, atti vandalici ed evasioni. L'ultima meno di 24 ore fa dal carcere di Rebibbia: Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu, detenuti del reparto G11 del carcere romano, hanno segato le sbarre del refettorio dove prestavano servizio e si sono calati dalla finestra annodando le lenzuola. Poi sono saliti a bordo di un autobus e sono spariti.
Raddoppiati i reati dietro le sbarre
Ma negli ultimi due anni sono più che raddoppiati i reati commessi in carcere dai detenuti sotto gli occhi degli agenti della Polizia Penitenziaria che, ormai da anni sottorganico, non riesce ad intervenire sempre in modo adeguato e soprattutto a prevenire. Anzi, spesso sono proprio gli agenti della penitenziaria, le vittime dei carcerati: orecchie mozzate, dita delle mani amputate a morsi, lesioni in varie parti del corpo.
Nel 2013 le aggressioni subite dagli agenti sono state 344, nel 2014 sono salite a 394 fino ad arrivare nel 2015 a 422. Un’escalation delle aggressione da parte di detenuti ai danni del personale di polizia penitenziaria davvero preoccupante che però, letta e analizzata assieme agli altri dati sui reati commessi dai detenuti, fa emergere un quadro davvero inquietante.
Atti vandalici
In 3 anni i reati commessi in carcere da parte di detenuti sono stati 3802: dai 983 commessi nel 2013 ai 1817 dello scorso anno. Anche le sanzioni disciplinari comminate nei confronti dei detenuti sono più che raddoppiate passando da 207 a 537, proprio come le devastazioni e gli atti vandalici. Letti distrutti, servizi igienici devastati, cuscini, materassi e vettovaglie frantumate. Nel 2013 l’amministrazione penitenziaria aveva registrato “solo” 663 episodi, nel 2014 si era arrivati a 955 mentre solo nei dodici mesi dell’anno appena concluso, l’elenco delle devastazioni ha raggiunto i 1379 casi.
Routine difficile
“Gli agenti della polizia penitenziaria possono essere coinvolti in qualità di spettatori, soccorritori e protagonisti ma ogni volta e in ogni occasione vengono messi a dura prova le loro capacità di adattamento in un contesto in cui gli eventi critici sono quasi una routine- spiega a Panorama.it, Angelo Urso, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria- questi eventi possono avere un effetto traumatico e potenzialmente lesivo dell’idoneità dell’agente e non solo di quello che è rimasto vittima dell’infortunio o dell’aggressione ma anche per coloro che hanno assistito direttamente all’intervento o hanno prestato soccorso”.
“La situazione attuale all’interno delle carceri sta facendo crescere negli agenti che lavorano nei reparti detentivi, giorno dopo giorno, un senso di isolamento sociale e fisico che suscita un sentimento di abbandono da parte della propria amministrazione penitenziaria – precisa Urso – e che porta inevitabilmente l’agente a confrontare la propria condizione con quella dei detenuti. Non solo. Questa situazione induce ad una riflessione sulla monotonia e ripetitività del lavoro che alla fine possono risultare davvero dannosi per l’equilibrio fisico e psichico dei baschi blu”.
I suicidi degli agenti
Nel 2014 sono stati 11 i suicidi di agenti di polizia penitenziaria a fronte dei 7 del 2013.
“Non ci risulta che vi sia stata un adeguata sorveglianza sanitaria da parte dei medici competenti – denuncia il Segretario dell’Uilpa- in favore di quegli agenti che sono state vittime delle aggressioni o protagonisti di altri atti violenti così come spettatori delle violenze subite dai loro colleghi”.
In sostanza, secondo l’Uilpa, l'Unione italiana lavoratori pubblica amministrazone, lo Stato è latitante. Non c’è. L’Uilpa, infatti, denuncia la solitudine e l’abbandono “sanitario e psicologico” degli agenti che ogni giorno, prestano servizio nelle sezioni detentive e che sono costretti a sedare risse, soccorrere i detenuti che hanno tentato di uccidersi o a rimuovere i cadaveri di chi è riuscito nell’intento di togliersi la vita.
“La situazione sta sempre più degenerando- conclude Angelo Urso- il Ministero deve applicare le leggi esistenti sull’incolumità dei propri lavoratori all’interno delle strutture detentive e applicare in modo equo le sanzioni disciplinari nei confronti dei detenuti che compiono atti di violenza nei confronti degli agenti o vandalici. Ad oggi, dati alla mano, c’è una inequivocabile sproporzione tra reati commessi all’interno del carcere e sanzioni comminate ai responsabili. Questo fa sì, che il detenuto possa agire pressoché indisturbato consapevole che non verrà punito. Una spavalderia che si ripercuote sulla sicurezza e l’equilibrio psicologico della polizia penitenziaria. Lo Stato non può più voltarsi dall'altra parte e far finta di non vedere”.