HUFFPOST - Ma l’85% delle strutture non ha gli spazi adeguati. A quasi due anni dalla sentenza della Corte costituzionale, varate le norme sul diritto all’affettività. Saranno i direttori a dover trovare i locali, anche in istituti diversi. La porta non potrà essere chiusa dall’interno. La preoccupazione della penitenziaria: “Aggravio per il nostro lavoro”
Ma l’85% delle strutture non ha gli spazi adeguati. A quasi due anni dalla sentenza della Corte costituzionale, varate le norme sul diritto all’affettività. Saranno i direttori a dover trovare i locali, anche in istituti diversi. La porta non potrà essere chiusa dall’interno. La preoccupazione della penitenziaria: “Aggravio per il nostro lavoro”
Incontri intimi di massimo due ore, con il coniuge o il convivente, per circa 17mila detenuti. In uno spazio riservato, all’interno del carcere dove il detenuto vive, oppure in un’altra struttura penitenziaria. E una graduatoria per dare priorità a chi deve trascorrere più tempo in carcere o non ha permessi premio. Arriva dopo un anno e mezzo dalla sentenza della Corte costituzionale sul diritto all’affettività nei penitenziari la circolare del dipartimento competente per iniziare - in attesa di una legge - a consentire ai detenuti di vivere le proprie relazioni intime e familiari nonostante la reclusione. Seppure in spazi angusti e per un tempo limitato.
La circolare - 10 pagine firmate dalla recente capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Lina Di Domenico - prevede alcune linee guida, lasciando ai provveditori e ai direttori delle strutture l’onere di trovare le strutture adatte ai colloqui. All’incontro il detenuto dovrà essere accompagnato dagli agenti penitenziari, prima di essere lasciato solo con la persona che deve incontrare. La porta, però, non potrà essere chiusa a chiave, per ragioni di sicurezza. Possibilmente, si legge nella circolare, la stanza dovrà essere dotata di un allarme. Saranno possibili, inoltre, ispezioni sia prima che dopo l’incontro.
Saranno esclusi da questo progetto - molto atteso - i detenuti al 41 bis, quindi tendenzialmente mafiosi e terroristi, e quelli che si trovano nel regime di sorveglianza particolare. Quelli che, cioè, devono essere sottoposti a particolari attenzioni del personale perché ritenuti pericolosi o perché non hanno rispettato delle regole del carcere. Il Dap ipotizza che possano essere 17mila a usufruire delle “casette dell’amore” perché nel 2024, si legge nella circolare, “sono stati 22547 i detenuti che hanno effettuato colloqui in presenza con coniugi o conviventi. Di questi, 1659 hanno usufruito almeno di un permesso premio e 3976 hanno commesso almeno un’infrazione disciplinare”. Chi ha un permesso premio viene escluso dagli incontri intimi in carcere perché, data la prevista carenza di strutture, si preferisce dare priorità a chi dal carcere non può uscire.
Sul tema questa mattina era intervenuto anche il presidente della Corte costituzionale, Giovanni Amoroso: “La Corte era ben consapevole dei problemi organizzativi, è un cammino che occorre intraprendere e gradualmente rendere effettiva questa tutela dell'affettività dei detenuti, è stato rimosso l'impedimento, la Corte il suo compito l'ha svolto ora c'è quello organizzativo", ha dichiarato.
Fatta la circolare, ora le strutture avranno bisogno del tempo di organizzarsi. E i dati riportati dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante la risposta a un question time fanno dal segretario di +Europa Riccardo Magi non lasciano ben sperare: “Dei 189 istituti - ha spiegato il Guardasigilli - solo 32 hanno confermato allo stato l’esistenza di uno spazio idoneo allo scopo, previa la preventiva attuazione di ingenti e corposi interventi strutturali. Gli altri 157 istituti hanno dichiarato di non avere a disposizione spazi adeguati”. Insomma: mancano gli spazi nell’85% delle strutture. E trovarli non sarà affatto semplice. Per questo, fa sapere oggi Magi, “monitoreremo con attenzione l'attuazione delle linee guida diffuse oggi dal Dap”.
Soddisfatte le associazioni che si occupano di carcere, anche se chiedono al governo di non fermarsi alle parole. "Il diritto dovrà essere pienamente assicurato a livello territoriale. Ci auguriamo che tutte le carceri si adeguino per tempo. Le sentenze della Consulta vanno rispettate. Non ci sono più giustificazioni per ulteriori ritardi. Abbiamo bisogno di promuovere un modello detentivo che sia più umano e che guardi alla Costituzione per costruire reali percorsi di reinserimento sociale", dice Patrizio Gonnella di Antigone.
Perplessi i sindacati di Polizia penitenziaria. Per Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa, “il Dap scarica tutto sulla periferia. C’è il rischio di un aggravio del lavoro della Polizia penitenziaria, che sarà incaricata anche del trasporto del detenuto, non solo all’interno della struttura dove si trova ma anche in carceri diverse. La mole di lavoro in più sarà enorme, soprattutto a fronte di un mancato potenziamento dell’organico. Che, anzi, potrebbe diminuire, visto che per il 2026 è stato previsto il 25% in meno del turnover”. Per Leo Beneduci, Segretario generale dell’Osapp, “siamo di fronte a un documento vergognosamente superficiale che lascia sbigottiti per la totale mancanza di considerazione delle reali condizioni di vita e di lavoro all'interno degli istituti penitenziari. Il Dipartimento ha partorito un atto amministrativo evanescente che scarica sulle spalle dei nostri agenti, già ridotte allo stremo, la gestione di situazioni potenzialmente esplosive”.