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LA REPUBBLICA - Nuova grana in Albania, protesta la penitenziaria: polizia e carabinieri in hotel, noi nei prefabbricati senza nessun comfort.
Un trattamento da Cenerentola delle forze dell’ordine, sostengono gli agenti, che pretendono con tanto di nota formale di andare in albergo.

Non solo i dubbi sulla legittimità giuridica dell’operazione che hanno costretto il governo a confezionare in fretta e furia un decreto, gli inciampi in Tribunale, minori e vulnerabili finiti in mezzo ai primi sedici naufraghi, il muro delle proteste dell’opposizione. A guastare la festa alla premier Meloni, che la scorsa settimana aveva fatto trapelare la voce di un “imminente viaggio in Albania” poi sparito dall’agenda, adesso ci si mette anche la penitenziaria.

Nel nuovo centro di Gjader, una matrioska di gabbie tirata su a venti chilometri da Shengjin rimasta vuota dopo il precipitoso (ennesimo) trasferimento in Italia dei primi 12 naufraghi recuperati al largo di Lampedusa, sono in servizio una quarantina di agenti. E da programma, quando la struttura sarà davvero pronta, ci vivranno anche, a differenza di poliziotti, carabinieri e finanzieri alloggiati in hotel.

A pieno regime in tutto dovrebbero essere trecento, attualmente a fare la spola fra i centri vuoti sono poco più di un centinaio, ma comunque ricevono il trattamento da missione internazionale che ha provocato una vera corsa alla candidatura: cento euro al giorno in busta paga, vitto e alloggio a spese dell’amministrazione.

E la sistemazione non è certo un accampamento. Poliziotti e carabinieri al momento sono ospiti del Rafaelo, un resort superlusso sul lungomare di Shengjin, con tanto di giardino con piscina e poligono, su cui veglia una riproduzione in scala della Statua della libertà.

La penitenziaria no, loro staranno confinati al piano superiore dei moduli prefabbricati del mini-carcere di Gjader, la parte più interna e inaccessibile del penitenziario.

Un trattamento da Cenerentola delle forze dell’ordine, sostengono gli agenti, che pretendono con tanto di nota formale di andare in hotel. La scrive la Uil, che parla di “parzialità manifesta nella sistemazione alloggiativa” e indignata protesta per la sistemazione pensata per gli agenti “persino oltraggiati nei loro fondamentali diritti”.

Non hanno la camera singola, quelle “prefabbricate”, si specifica, sono "sprovviste di arredi" quali “il portascopino” e altri di cui “per resiliente senso del rispetto verso le istituzioni si omette l’elencazione”. In più, si sottolinea, per raggiungere le “presunte stanze” – così le si definisce – bisogna arrampicarsi su una scala metallica.

Motivi sufficienti per battere i piedi e chiedere formalmente al governo di “autorizzare gli appartenenti al Corpo di cui si discute ad alloggiare in strutture alberghiere”. E mentre per l’opposizione neanche l’ultimo decreto scioglie i dubbi sulla legittimità giuridica dell’operazione Albania, i costi – ancora tutti da chiarire – di un’operazione partita con un clamoroso flop promettono di lievitare ancora.

 

 

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