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Prima gli elogi, poi i tagli: Salvini e Meloni tradiscono la polizia penitenziaria - Nello Trocchia (qui l'articolo originale)

  • Nel voluminoso archivio delle dichiarazioni di Matteo Salvini, oggi vicepresidente del Consiglio, un capitolo ampio è dedicato agli agenti della polizia penitenziaria. 
  • L’attuale sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, nell'ansia di non farsi scavalcare a destra da Salvini, si preoccupava così tanto del futuro degli agenti penitenziari che difendeva gli indagati per tortura, ne proponeva l’encomio solenne, ma andava oltre e proponeva l’istituzione del garante per gli agenti.
  • Ora nella legge di bilancio arriva un taglio di 36 milioni di euro per i prossimi tre anni per il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. 

Nel voluminoso archivio delle dichiarazioni di Matteo Salvini, oggi vicepresidente del Consiglio, un capitolo ampio è dedicato agli agenti della polizia penitenziaria, lo stesso corpo di polizia che nella legge di bilancio del governo delle destre subisce un taglio di 36 milioni di euro per i prossimi tre anni. 

La propaganda 

«Il governo dimentica i fondi per pagare gli straordinari agli agenti della polizia penitenziaria, Pd-M5s spalancano i porti per far ripartire l’immigrazione, pensano a carcerati e clandestini», diceva Salvini nel 2020. Ripete lo stesso ritornello ogni quando è all’opposizione. 

L’attuale ministro delle Infrastrutture faceva di più e difendeva a spada tratta anche gli agenti indagati per le torture nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: «La mia solidarietà alle donne e agli uomini in divisa che, invece di essere ringraziati, vengono indagati. È una vergogna», diceva nel giugno 2020.

Andava in tv sventolando la maglietta della polizia penitenziaria ed era in ottima compagnia. L’attuale sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, nell'ansia di non farsi scavalcare a destra da Salvini, si preoccupava così tanto del futuro degli agenti penitenziari che difendeva gli indagati per tortura, ne proponeva l’encomio solenne, ma andava oltre e proponeva l’istituzione del garante per gli agenti.

I tanti elettori delle destre, tra i poliziotti penitenziari, si aspettavano interventi urgenti nella legge di bilancio visto che mancano 18 mila unità nelle carceri.

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Dai voti ai tagli

«Gli agenti sono increduli e disillusi, ci aspettavamo fondi per rendere possibile il servizio, in questo momento non lo è, non è solo questione delle unità mancanti, anche i 36 mila agenti in servizio non hanno la dotazione adeguata: scarpe, equipaggiamenti, formazione. Non si capisce perché promettono e poi non solo non mantengono, ma tagliano: dieci milioni nel 2023, quindici nel 2024, undici dal 2025», dice Gennarino De Fazio, segretario del sindacato di polizia penitenziaria della Uil.

La prima bozza del governo conteneva un riferimento alla ripianificazione dei posti di servizio, dicitura scomparsa dopo le proteste dei sindacati, ma restano le riduzioni di spesa chiamate «riorganizzazione e l’incremento dell’efficienza dei servizi degli istituti penitenziari».

Un gioco di parole per nascondere la tagliola sui fondi destinati agli istituti di pena dove si consuma ogni anno una strage, fino a questo momento dall’inizio dell’anno ci sono stati 80 suicidi tra i detenuti e 5 tra gli agenti penitenziari. E il governo che fa? Taglia.

Eppure la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo discorso di insediamento aveva segnalato il dramma dei suicidi nelle carceri, «è indegno di una nazione civile, come indegne sono spesso le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria».

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Il ministro obbedisce

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, indicato da Meloni in quota Fratelli d’Italia, è andato in aula per replicare a un'interrogazione del Pd nella quale si faceva cenno ai tagli e ai suicidi. Il ministro ha risposto annunciando di chiarire il suo programma per non risultare sommario e superficiale, ma poi ha improvvisato, «parlo a braccio», ha detto.

Così ha motivato i tagli con l'esigenza di dare la precedenza a «chi non arriva alla fine del mese».

Replica il sindacalista De Fazio: «Pure noi ci preoccupiamo di chi non arriva a fine mese, il ministro sappia che per chi vive o lavora in carcere il rischio è di non arrivare alla fine della giornata». 

Le opposizioni hanno ribadito che i tagli al settore carcere non c'entrano nulla con il caro energia e di opporsi alla riduzione delle risorse.

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