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Roma, 22 nov.  – “A meno di due settimane dalle misure cautelari per i presunti avvenimenti occorsi presso il carcere di Bari, apprendiamo di un’altra inchiesta, l’ennesima, condotta questa volta dalla Procura della Repubblica di Ivrea, e scattata nei confronti di ben 45 operatori fra appartenenti alla Polizia penitenziaria, direttori, funzionari e medici in servizio presso la casa circondariale cittadina e sempre per presunte torture, violenze e falso ideologico. Da donne e uomini dello Stato, riponiamo incondizionata fiducia nella magistratura e negli organi inquirenti, auspicando che facciano piena luce sull’accaduto e sperando che gli indagati riescano a dimostrare la correttezza del loro operato al di là di ogni ragionevole dubbio. Le ormai numerosissime inchieste, tuttavia, indipendentemente dagli accertamenti processuali che ne deriveranno, cristallizzano la totale disfunzionalità del sistema penitenziario e il persistente stato d’emergenza mai affrontato compiutamente”.

 

            Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, commentando le indagini e le perquisizioni compiute la scorsa notte nei confronti di operatori in servizio presso il carcere d’Ivrea.

 

            “Indagini come queste, peraltro ripetute, compromettono e rischiano di rendere vano il diuturno sacrificio condotto fino all’abnegazione da 36.000 donne e uomini del Corpo di polizia penitenziaria che quotidianamente assicurano con professionalità, lealtà e attaccamento al dovere la sicurezza nelle carceri del Paese e costituiscono al tempo stesso l’ultimo baluardo di umanità nelle frontiere penitenziarie, connotate ancora da suicidi (80 detenuti e 5 operatori si sono tolti la vita nel 2022), omicidi (2 nel corso di quest’anno), violenze fisiche e morali, sovraffollamento, sofferenze disumane e abbandono da parte dei governi”, prosegue il Segretario della UILPA PP.

            “Chi sbaglia va individuato, isolato e perseguito, ma considerato che le indagini per il reato di tortura sono ormai numerosissime e interessano carceri diverse in tutto il Paese è di tautologica evidenza che l’organizzazione penitenziaria complessiva sia fallimentare. In altre parole, pur essendo convinti che la stragrande maggioranza degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e degli altri operatori coinvolti riusciranno a dimostrare la propria innocenza, appare evidente che vi sia un problema di sistema: o il reato di tortura è costruito male nel nostro codice penale o significa che la gestione carceraria per com’è strutturata non funziona minimamente; in tal ultima ipotesi, non si può evidentemente pensare solo alla repressione, ma bisogna prevenire le degenerazioni mettendo in sicurezza le carceri, chi vi è ristretto e chi vi lavora, sotto ogni profilo”, spiega il sindacalista.

            “In verità, noi pensiamo siano valide entrambe le ipotesi: il reato di tortura è costruito male e l’organizzazione carceraria è nociva e criminogena, come peraltro dimostrano gli studi che lo stesso Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) conduce da tempo, senza venirne a capo, sulla revisione del modello custodiale e le continue aggressioni, oltre mille solo nel corso di quest’anno, perpetrate da detenuti in danno della Polizia penitenziaria. Allora, chiediamo nuovamente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di aprire immediatamente un tavolo di confronto permanente per discutere di riforme, modello custodiale, organici, equipaggiamenti, sovraffollamento detentivo e, non ultima, di dotazione di body-cam per riprendere le operazioni di servizio della Polizia penitenziaria, la quale in massima parte non ha nulla da nascondere, ma che continua a essere esposta all’inefficacia del sistema. Ma chiediamo anche al Governo di appostare già nella varanda legge di bilancio risorse economiche necessarie per cospicue assunzioni”, conclude De Fazio.

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