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A proposito di riordino delle carriere mi sembra giusto fare una riflessione su quello che è stato il suo percorso e l’esito che si appresta ad essere raggiunto.

Voglio prima fare un cenno alla storia del riordino perché già all’epoca del precedente (1995 e 2001) le OO.SS. delle Forze di Polizia a ordinamento civile  avevano criticato quel provvedimento, tanto che il successivo Governo per dare una risposta decise di inserire nella legge finanziaria del 2004 (legge 24 dicembre 2003 n. 350) una norma che di fatto creava un “salvadanaio” dove ogni anno sarebbero confluiti dei fondi fino a raggiungere una somma utile a realizzare un riordino degno di tale nome. Somma che all’epoca fu stimata in oltre 1 miliardo di euro.

Per l'adozione del provvedimento fu autorizzata la spesa complessiva di 313 milioni di euro per gli anni 2004/2005/2006 che per effetto del trascinamento negli anni successivi e degli ulteriori stanziamenti derivanti dal “Patto per la sicurezza” aumentarono fino ad arrivare più o meno a 900 milioni.

Quel salvadanaio però (come sempre in Italia haimè!) è tornato utile ai Governi successivi, nel periodo in cui sono stati bloccati i rinnovi del contratto e soprattutto gli scatti stipendiali e quelli conseguenti agli avanzamenti di grado, che lo utilizzarono per finanziare l’assegno una tantum percepito a parziale restituzione delle conseguenze economiche fino a quando, nel 2015, si è tornati a parlare del riordino delle carriere salvo rendersi conto che nel frattempo erano rimasti disponibili solo 119 milioni.

Il 7 agosto 2015, con la legge n. 124 (c.d. Madia) tra i principi e criteri direttivi della delega figuravano modifiche agli ordinamenti, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo delle FF.OO., anche attraverso la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera tenendo conto del merito e delle professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente legge.

Nel frattempo, sull’onda dei fatti di Parigi e dell’emergenza terrorismo islamico, la legge di stabilità del 2016, commettendo il peccato originale, ha riconosciuto al personale appartenente ai corpi di polizia (dirigenti esclusi) un emolumento pari a 960 euro su base annua (80 euro mensili). “Bonus” che nella legge di stabilità del 2017, al contrario dei proclami del Governo, è stato invece previsto in alternativa al riordino delle carriere (e in quest’ultimo caso solo per il 2017).

Il tanto atteso e sospirato riordino infatti per effetto del “bonus” è stato tradotto in una revisione dei parametri stipendiali; ridotto alla introduzione dell’incarico formale di “coordinatore” nelle qualifiche apicali dei diversi ruoli, alla revisione dei requisiti per le assunzioni e a qualche modifica nella progressione di carriera.

Il tutto in un contesto in cui, ad invarianza di spesa, hanno dovuto rideterminare gli organici in ragione della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della predetta legge Madia. Per la Polizia Penitenziaria (finalmente direi) prevedendo un significativo aumento (non certo esaustivo) del numero dei dirigenti in relazione alle esigenze di funzionalità del Corpo e al riallineamento dei funzionari (previsto e finanziato con una norma specifica) agli omologhi della Polizia di Stato, nonché dei sovrintendenti e degli ispettori disallineati.

Certo oggi non possiamo esimerci dall’affermare che il Governo ha disatteso lo spirito che aveva dato origine alla norma e, probabilmente, non è riuscito nemmeno a sanare tutti gli errori commessi nel "95 e nel 2001, tuttavia qualcosa di positivo si riscontra.

Lo stato giuridico, la progressione di carriera e le norme di reclutamento sono omogenee con quelle della Polizia di Stato; il fatto di prevedere per l’arruolamento l’obbligo di essere in possesso del diploma di scuola media superiore consentirà, fra l’altro, anche nell’ambito della rivisitazione delle tabelle di corrispondenza con i profili del comparto ministeri di meglio salvaguardare le posizioni professionali in caso di transito a qualsiasi titolo; il fatto che coloro che parteciperanno al concorso per vice ispettore al termine del ciclo formativo conseguiranno un titolo di studio parificato alla laurea triennale; il fatto che con quella laurea triennale si apre la carriera ai ruoli direttivi e alla dirigenza.

In altre parole coloro che domani saranno arruolati con il diploma di scuola media superiore, entrano da agenti e attraverso percorsi interni possono arrivare a raggiungere il ruolo di dirigente.

Inoltre vanno ricordate la previsione per la quale gli appartenenti al Corpo che partecipano a concorsi pubblici per ruoli superiori non debbano sostenere visite d’idoneità e non per ultime, alcune garanzie per le donne in gravidanza, sebbene ancora da migliorare (entrambi risultati esclusivi dell’azione UIL). 

Nelle norme transitorie, invece, è previsto che la copertura delle carenze d’organico nel ruolo dei sovrintendenti (previsti 5300) e degli ispettori (previsti 3550) avverrà mediante concorso per titoli, riservati rispettivamente agli assistenti capo e ai sovrintendenti attraverso procedure semplificate, con la frequenza di corsi brevi (previsto anche per la PS a differenza di quanto sostiene qualcuno) e con la garanzia del mantenimento della sede di servizio.

Nel complesso i provvedimenti varati sembrano aver deluso le aspettative di tutti gli interessati che ora temono di dover subire, oltre al danno, la beffa di doversi accontentare di pochi spiccioli tra riordino e rinnovo del contratto di lavoro che in realtà se solo si rispettano i livelli salariali previsti nell’accordo sottoscritto a novembre scorso tra Governo e sindacati (UIL, CIGL e CISL) non dovrebbero essere inferiori agli 85 euro medi. Questa però è un'altra storia che vedremo quando si aprirà il tavolo di confronto.

Noi, invece, siamo delusi per due questioni strategiche e importanti per il Corpo di Polizia penitenziaria: la prima è quella delle funzioni dei dirigenti mortificate e invariate rispetto a quelle che svolgeva il maresciallo 30 anni fa (e fortuna che anche su questo tema l’azione in solitaria della UIL abbia quantomeno ridotto i danni); la seconda quella che il DAP e il Ministro non sono riusciti a marcare le nostre differenze e specificità rispetto agli altri. Razionalizzare significa eliminare sprechi e semplificare compiti che per quanto ci riguarda, invece, fatta eccezione di una parte del servizio navale non hanno subito alcun intervento del genere, anzi nel frattempo sono stati aperti altri istituti e padiglioni detentivi.

Se si dovevano attualizzare le piante organiche alla data di entrata in vigore della legge Madia si doveva anche attualizzare il sistema carcere e per tutto ciò che è intervenuto successivamente si potevano e dovevano pretendere risorse aggiuntive, cancellando o limitando il taglio di 5000 unità.

Per il resto non ci sentiamo particolarmente amareggiati nel senso che eravamo consapevoli del quadro in cui ci si muoveva. Siamo stati i primi e gli unici a dire, in tempi non sospetti (dicembre) che il bonus di 80 euro non era stato automaticamente prorogato (pur essendoci stanziamenti corrispondenti), così come siamo stati gli unici a dire che il bonus in legge di stabilità era previsto in alternativa al riordino e, onestamente, lo abbiamo anticipato proprio per non generare false illusioni, almeno tra i nostri dirigenti.

Tutto questo quando qualche Ministro allora parlava alla stampa sostenendo di aver realizzato un poker d’assi! Noi invece, giusto per rimanere in tema, riteniamo che sia stato un buon bluff.

Nelle prossime settimane il provvedimento approvato dal Governo dovrà andare al vaglio del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari per i rispettivi pareri non vincolanti. La discussione è quindi ancora aperta ma riteniamo, seriamente e senza prendere in giro nessuno ma tentando di fare il possibile, che non siano moltissimi i margini di intervento.

A questo punto non mi resta che spendere due parole sul ruolo che il sindacato ha svolto nell’ambito dell’intera vicenda, partendo dal presupposto che la materia non è oggetto di contrattazione e che il Governo solitamente si limita all’audizione delle OO.SS. in sede di commissione presso la Camera e/o il Senato.

Senza voler distinguere la UIL dagli altri, anche se qualche ragione ci sarebbe, credo che il sindacato nel suo complesso con un azione comune avrebbe forse potuto fare di più, avrebbe potuto pretendere un maggiore coinvolgimento, sicuramente nel confronto con il DAP, ma anche questa è un'altra storia, una noiosa storia.

Oggi, in ogni caso, siamo davanti ad un bivio che non lascia alternative: o ci rassegniamo ad un riordino in formato “ridotto” per poi rilanciare una nuova azione propulsiva (soluzione meno penalizzante secondo noi) o scendiamo in piazza (ma dovremmo farlo tutti insieme altrimenti da soli non serve) con il rischio di far “saltare il banco” e magari aspettare altri 10 anni o più prima che si possa riparlare di riordino delle carriere perdendo, dal 2018, anche il bonus di 80 euro.

Il tutto coscienti del fatto che le risorse economiche ci sono anche ma, purtroppo, sono state impegnate più per il “riparametro” che per il “riordino” ciò in ragione del fatto che c’era l’esigenza, da parte del Governo, di non smentire se stesso proprio rispetto agli 80 euro più volte sottolineati e promessi, che però bisognerà ancora verificare all’esito del testo definitivo in ragione del fatto che per determinare la cifra concorreranno anche annunciate detrazioni fiscali che ad oggi non sono note.

Paradossalmente il riordino paga, appunto, il peccato originale del bonus!

Angelo Urso
Segretario Generale
UILPA Polizia Penitenziaria 

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