A distanza di ben 7 anni dal DPR 184/2010 (biennio 2008/2009), la riapertura delle procedure negoziali per il rinnovo contrattuale del comparto Sicurezza/Difesa di ieri a Palazzo Vidoni (sede del Dipartimento della Funzione Pubblica) non è stata, come si auspicava un “pronti via”, ma piuttosto un “pronti stop”.

 

 La folta delegazione governativa e dei rappresentanti delle amministrazioni che, tuttavia, non annoverava alcun ministro (per la Giustizia il sottosegretario Chiavaroli e per il DAP Consolo, Buffa, Di Gregorio, Conte, De Luca), in apertura, con la voce  del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Angelo Rughetti, ha immediatamente precisato che, sulla scorta dell’accordo del 30 novembre siglato con CGIL, CISL e UIL e che prevede per il pubblico impiego aumenti per 85.00 euro medi, si sarebbero avviate le trattative per poi sospenderle e riprenderle dopo la pausa estiva.

Da settembre, per il Governo, si potrà discutere delle risorse economiche disponibili e da stanziare nella legge di bilancio per il 2018 e della revisione della parte normativa per arrivare alla chiusura di un accordo che possa esplicare i sui effetti (a prescindere dalle decorrenze) già dal 1° gennaio nel prossimo anno.

La UILPA Polizia Penitenziaria se da un lato ha manifestato la propria soddisfazione per l’avvio della trattativa dopo gli anni bui del blocco (incostituzionale) della contrattazione, dall’altro ha evidenziato le proprie perplessità in relazione alle risorse economiche disponibili che, anche a prescindere dalla ripartizione non ancora comunicata dal Governo, non paiono sufficienti né a garantire gli aumenti annunciati per il pubblico impiego né a riconoscere, valorizzandola, agli operatori del comparto la specificità, troppo spesso decantata a sproposito specie durante le campagne elettorali.

Se il già Ministro dell’Interno Alfano ha a suo tempo dichiarato di avere in mano un poker d’assi, adesso è giunto il momento di mostrare le carte, altrimenti sarebbe un bluff.

D’altronde – ha dichiarato il Segretario Generale Angelo Urso – per la Polizia penitenziaria non sono state stanziate risorse economiche e non sono state previste assunzioni straordinarie neanche durante gli anni dell’emergenza penitenziaria più dura e della messa in mora da parte della CEDU; adesso è giunto il momento di appostare le somme e riconoscere alle donne e agli uomini della Polizia penitenziaria la peculiarità nella specificità.

Dunque, la UIL, ha illustrato in maniera panoramica e per grandi linee i propri auspici, rivendicando fra gli altri, la strutturazione di una forma di previdenza complementare che possa risarcire gli operatori in divisa anche delle penalizzazioni che subiscono in maniera pensionistica dal 1995, aumenti che garantiscano il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni, valorizzino posizione e impiego, riducano le distanze retributive fra ruoli e qualifiche (c.d. “piramide rovesciata”), indennizzino l’impiego nelle sezioni detentive, la ridefinizione della parte normativa anche con il rafforzamento delle garanzie e degli strumenti tutela, la migliore disciplina degli istituti contrattuali già in essere e l’introduzione di nuovi.

In conclusione l’On. Rughetti, rispondendo anche alle sollecitazioni prodotte dalle OO.SS. e dalle Rappresentanze, ha ribadito gli impegni del Governo che si sostanzieranno anche nella ricerca di economie da destinare al rinnovo contrattuale con la prossima legge di bilancio, precisando altresì che non s’intendono omologare gli operatori del comparto ai restanti lavoratori del pubblico impiego.

Su queste basi, come detto, si è dunque avviata e sospesa la discussione, mentre non subirà certamente soluzioni di continuità l’attività della UILPA Polizia Penitenziaria che utilizzerà questo tempo per rinsaldare i rapporti con le OO.SS. del comparto e intessere contatti politici nel percorso di sensibilizzazione che dovrà creare le premesse per un rinnovo contrattuale che risponda alle lunghissime e legittime attese degli operatori.