Con riferimento alle note della S.V. n. m_dg.GAB.20/05/2019.0020294.U e n. m_dg.GAB.07/06/2019.0023085.U, con la doverosa premessa di voler sinteticamente soffermarsi solo su alcuni degli aspetti salienti e con espressa riserva di integrare osservazioni, richieste e proposte nel corso della riunione convocata per i giorno 11 p.v., in relazione all’ipotesi di modifiche al regolamento di riorganizzazione del ministero della giustizia di cui al DPCM 84/2015 si osserva quanto segue.
In primis, non può sottacersi che quanto rilevato nelle fasi e in occasione dei confronti propedeutici alla promulgazione del DPCM n. 84/2015 era assolutamente fondato, atteso che, a distanza di relativamente poco tempo e prima ancora che l’emendando DPCM sia stato ancora compiutamente attuato riguardo a tutti i suoi effetti, si avverte l’esigenza di modificarlo e, soprattutto, per molti versi nella direzione all’epoca prospettata da questa Organizzazione Sindacale.
Tuttavia, se si condivide il sostanziale ritorno al passato rispetto alla reintroduzione della figura del Vice Capo del Dipartimento presso il Dipartimento della Giustizia Minorile, il tracciato percorso di riformulazione relativo a una visione parziale, riduttiva, probabilmente poco ambiziosa e orientata almeno prevalentemente verso obiettivi di risparmio e spending review, con sacrificio, anche grave, di quelli costituzionalmente sanciti, su un livello probabilmente superiore, di efficienza ed efficacia, appare ancora una volta sottodimensionato e non affatto rispondente alle esigenze organizzative e operative dei Dipartimenti – per quel che compete a chi scrive – dell’Amministrazione Penitenziaria e per la Giustizia Minorile e di Comunità.
In particolare, non solo per ragioni di coerenza proporzionale, ma soprattutto per esigenze tecnico funzionali, parallelamente alla reintroduzione del Vice Capo del Dipartimento, nel numero di uno, per il DGMC, sarebbe indispensabile la previsione di due Vice Capo del Dipartimento per il DAP.
Tralasciando, in questa sede e per dovere di sintesi, più approfondite considerazioni, preme infatti rilevare che oltre alla molteplicità di compiti che sono ricondotti al Vice Capo del Dipartimento dalla disciplina di carattere generale e dallo stesso Regolamento di cui si discute, anche con funzioni coadiuvanti del Capo del DAP, alcune norme di legge di carattere speciale che afferiscono pure, ma non solo, allo stato giuridico e alle progressioni di carriera degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, attribuiscono peculiari competenze al Vice Capo del DAP, seppur con facoltà di delega.
Sulla stessa scia, anche se per esigenze e finalità parzialmente diverse, sarebbe auspicabile la riconsiderazione per almeno alcuni degli accorpamenti dei Provveditorati regionali dell’Amministrazione penitenziaria sanciti con DPCM n. 84/2015 e che hanno tentato di ridisegnare la geografia penitenziaria, creando macro-aree provveditoriali, in un’opera d’improbabile fusione di diversi, distanti e antropologicamente disomogenei territori regionali: si pensi, solo per citarne alcuni, a Liguria-Piemonte-Valle d’Aosta oppure a Lazio-Abruzzo-Molise.
Gli inglobamenti predetti, infatti, hanno per lo più ingenerato – com’era stato ampiamente previsto – una serie di difficoltà organizzative, operative e gestionali allontanando, più che i centri decisionali, i nuclei di coordinamento, controllo e verifica dai territori periferici, inflazionando le problematiche e le sacche di deficienza, piuttosto che migliorando i livelli di efficacia e di efficienza. Per di più, pare che non abbiano comportato concreti risparmi, né in termini di risorse economiche, né sotto il profilo delle risorse umane. Questi ultimi aspetti, oltretutto, a parere di questa Organizzazione Sindacale, non sono affatto estranei rispetto alle origini di un decadimento complessivo dei livelli di sicurezza e dell’ordinata gestione dei circuiti penitenziari regionali, con ripercussioni anche sul fenomeno riguardante la recrudescenza, sia in termini numerici sia sotto l’aspetto della gravita degli eventi, delle aggressioni di detenuti in danno di operatori.
Peraltro, al di là di quale possa essere la soggettiva idea in proposito, quanto sopra sembra essere in aperta contraddizione con i propositi governativi in tema di autonomie.
Ancora, sarebbe da ricondurre alla competenza e alla gestione diretta del DAP la parte dell’Area dei Sistemi Informativi Automatizzati che afferisce alla conduzione dei sistemi informativi per l’organizzazione dei servizi detentivi e, in generale, quelli demandati al Corpo di polizia penitenziaria, alcuni dei quali hanno mostrato negli ultimi anni preoccupanti livelli di deficit, tanto da compromettere persino l’efficace disimpegno di alcuni dei servizi predetti che, seppur non centralissimi nell’ambito dei compiti d’istituto, costituiscono talvolta un fiore all’occhiello per il Corpo e hanno effetti sull’immagine che l’intera Amministrazione restituisce di sé alla collettività (cfr. servizio di polizia stradale).
Infine, anche per gli effetti determinati – successivamente alla pubblicazione del DPCM n. 84/2015 – dal D.Lgs. n. 95/2017 e successive modificazioni e integrazioni, con la c.d. dirigenzializzazione dei ruoli direttivi delle Forze di Polizia e, in esse, della Polizia penitenziaria, e al processo in fieri sia nell’ambito dei correttivi da apportare al predetto decreto legislativo entro il prossimo 30 settembre, sia nel novero del percorso di cui ddl per il “Miglioramento della Pubblica Amministrazione”, sembra indispensabile demandare espressamente a successivi decreti del Ministro, da emanarsi entro un congruo termine, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale, alla definizione dei relativi compiti e alla distribuzione dei predetti tra le strutture di livello dirigenziale, nonché all’individuazione dei posti di funzione da conferire nell’ambito degli uffici centrali e periferici del DAP e del DGMC.
Si evidenzia, in proposito, che il principio di “delegificazione” dettato dal comma 4-bis della legge n. 400/1988, introdotto dalla legge dalla legge n. 59/1997, consentirebbe eventuali ulteriori delegificazioni anche qualora intervenissero particolari provvedimenti di natura legislativa che avessero incidenza sull’organizzazione del ministero.
Molti cordiali saluti,