D.P.R. n. 230/2000:
PARTE I - Trattamento penitenziario e disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria
TITOLO I - Trattamento penitenziario
CAPO I - Principi direttivi
Art. 1 - Interventi di trattamento
Art. 2 - Sicurezza e rispetto delle regole
Art. 3 - Direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale
Art. 4 - Integrazione e coordinamento degli interventi
Art. 5 - Vigilanza del magistrato di sorveglianza sulla organizzazione degli istituti
CAPO II - Condizioni generali
Art. 6 - Condizioni igieniche e illuminazione dei locali
Art. 7 - Servizi igienici
Art. 8 - Igiene personale
Art. 9 - Vestiario e corredo
Art. 10 - Corredo e oggetti di proprietà personale
Art. 11 - Vitto giornaliero
Art. 12 - Controllo sul trattamento alimentare e sui prezzi dei generi venduti nell'istituto
Art. 13 - Locali per la confezione e la somministrazione del vitto. Uso di fornelli
Art. 14 - Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e di generi alimentari
Art. 15 - Cessioni fra detenuti o internati
Art. 16 - Utilizzazione degli spazi all'aperto
Art. 17 - Assistenza sanitaria
Art. 18 - Rimborso delle spese per prestazioni sanitarie
Art. 19 - Assistenza particolare alle gestanti e alle madri con bambini. Asili nido
Art. 20 - Disposizioni particolari per gli infermi e i seminfermi di mente
Art. 21 - Servizio di biblioteca
CAPO III - Ingresso in istituto e modalità del trattamento
Art. 22 - Ammissione in istituto
Art. 23 - Modalità dell'ingresso in istituto
Art. 24 - Iscrizioni a registro
Art. 25 - Albo degli avvocati
Art. 26 - Cartella personale
Art. 27 - Osservazione della personalità
Art. 28 - Espletamento dell’osservazione della personalità
Art. 29 - Programma individualizzato di trattamento
Art. 30 - Assegnazione dei detenuti e degli internati agli istituti
Art. 31 - Raggruppamento nelle sezioni
Art. 32 - Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari
Art. 33 - Regime di sorveglianza particolare
Art. 34 - Reclamo avverso il provvedimento di sorveglianza particolare
Art. 35 - Detenuti ed internati stranieri
Art. 36 - Regolamento interno
Art. 37 - Colloqui
Art. 38 - Corrispondenza epistolare e telegrafica
Art. 39 - Corrispondenza telefonica
Art. 40 - Uso di apparecchi radio e di altri strumenti
Art. 41 - Corsi di istruzione a livello della scuola d'obbligo
Art. 42 - Corsi di formazione professionale
Art. 43 - Corsi di istruzione secondaria superiore
Art. 44 - Studi universitari
Art. 45 - Benefici economici per gli studenti
Art. 46 - Esclusione dai corsi di istruzione e di formazione professionale
Art. 47 - Organizzazione del lavoro
Art. 48 - Lavoro esterno
Art. 49 - Criteri di priorità per l'assegnazione al lavoro all'interno degli istituti
Art. 50 - Obbligo del lavoro
Art. 51 - Attività artigianali, intellettuali o artistiche
Art. 52 - Lavoro a domicilio
Art. 53 - Esclusione dalle attività lavorative
Art. 54 - Lavoro in semilibertà
Art. 55 - Assegni per il nucleo familiare
Art. 56 - Prelievi sulla remunerazione
Art. 57 - Peculio
Art. 58 - Manifestazioni della libertà religiosa
Art. 59 - Attività culturali, ricreative e sportive
Art. 60 - Attività organizzate per i detenuti e gli internati che non lavorano
Art. 61 - Rapporti con la famiglia e progressione nel trattamento
Art. 62 - Comunicazione dell'ingresso in istituto
Art. 63 - Comunicazione di infermità e di decessi
Art. 64 - Permessi
Art. 65 - Permessi premio
Art. 66 - Comunicazioni all’autorità di pubblica sicurezza
Art. 67 - Garanzie di sorteggio delle rappresentanze
Art. 68 - Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa
CAPO IV - Regime penitenziario
Art. 69 - Informazioni sulle norme e sulle disposizioni che regolano la vita penitenziaria
Art. 70 - Norme di comportamento
Art. 71 - Compiti di animazione e di assistenza
Art. 72 - Risarcimento dei danni arrecati a beni dell'Amministrazione o di terzi
Art. 73 - Isolamento
Art. 74 - Perquisizioni
Art. 75 - Istanze e reclami
Art. 76 - Ricompense
Art. 77 - Infrazioni disciplinari e sanzioni
Art. 78 - Provvedimenti disciplinari in via cautelare
Art. 79 - Procedimento penale e provvedimenti disciplinari
Art. 80 - Sospensione e condono delle sanzioni
Art. 81 - Procedimento disciplinare
Art. 82 - Mezzi di coercizione fisica
Art. 83 - Trasferimenti
Art. 84 - Traduzioni
Art. 85 - Autorità che dispongono i trasferimenti tra istituti o le traduzioni
Art. 86 - Traduzioni di detenute e di internate
Art. 87 - Uso di abiti civili nelle traduzioni
Art. 88 -Trattamento del dimittendo
Art. 89 - Dimissione
Art. 90 - Provvedimenti in caso di evasione
Art. 91 - Indicazioni negli atti dello stato civile
Art. 92 - Provvedimenti in caso di decesso
Art. 93 - Intervento della Polizia di Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza
CAPO V -Assistenza
Art. 94 -Assistenza alle famiglie
Art. 95 - Integrazione degli interventi nell'assistenza alle famiglie e ai dimessi
CAPO VI -Misure alternative alla detenzione e altri provvedimenti della magistratura di sorveglianza
Art. 96 -Istanza di affidamento in prova al servizio sociale e decisione
Art. 97 - Esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale
Art. 98 - Prosecuzione o cessazione, revoca e annullamento dell’affidamento in prova al servizio sociale
Art. 99 - Affidamento in prova in casi particolari
Art. 100 - Detenzione domiciliare
Art. 101 - Regime di semilibertà
Art. 102 - Licenze
Art. 103 - Riduzioni di pena per la liberazione anticipata
Art. 104 - Liberazione condizionale
Art. 105 - Intervento del servizio sociale nella libertà vigilata
Art. 106 - Remissione del debito
Art. 107 - Comunicazioni all'organo dell'esecuzione
Art. 108 - Rinvio dell'esecuzione delle pene detentive
Art. 109 - Pareri sulla domanda o proposta di grazia
TITOLO II - Disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria
CAPO I - Istituti penitenziari
Art. 110 - Esecuzione di pene in istituti di categoria diversa
Art. 111 - Ospedali psichiatrici giudiziari, case di cura e custodia, istituti e sezioni speciali per infermi e minorati fisici e psichici
Art. 112 - Accertamento delle infermità psichiche
Art. 113 - Convenzioni con i servizi psichiatrici pubblici
Art. 114 - Coordinamento delle attività di ricerca dei centri di osservazione
Art. 115 - Distribuzione dei detenuti ed internati negli istituti
Art. 116 - Accesso di ministri di culto agli istituti
Art. 117 - Visite agli istituti
CAPO II - Servizio sociale e assistenza
Art. 118 - Centro di servizio sociale
Art. 119 - Consiglio di aiuto sociale
Art. 120 - Assistenti volontari
PARTE II - Cassa delle ammende
TITOLO I - Amministrazione e contabilità della Cassa delle ammende
Art. 121 - Organi della Cassa delle ammende
Art. 122 - Presidente e
Art. 123 - Consiglio di amministrazione
Art. 124 - Segretario
TITOLO II - Amministrazione e contabilità
Art. 125 - Conto depositi e conto patrimoniale
Art. 126 - Versamenti delle somme
Art. 127 - Patrimonio
Art. 128 - Entrate
Art. 129 - Finalità ed interventi
Art. 130 - Bilancio
PARTE III - Disposizioni finali e transitorie
Art. 131 - Incarichi giornalieri
Art. 132 - Nomina degli esperti per le attività di osservazione e di trattamento
Art. 133 - Attribuzioni dei direttori dei centri di rieducazione e degli uffici di servizio sociale per i minorenni
Art. 134 - Disposizioni relative ai servizi
Art. 135 - Disposizioni relative ai locali per confezione e consumazione del vitto
Art.136 - Norma finale
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 giugno 2000 n. 230. ( indice )
( pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 22 agosto 2000 - S.O. n.131 )
REGOLAMENTO RECANTE NORME SULL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO E SULLE MISURE PRIVATIVE E LIMITATIVE DELLA LIBERTA'.
Il Presidente della Repubblica
Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
Vista la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante: “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, e successive modificazioni ed integrazioni;
Visto l’articolo 87, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354;
Visto l'articolo 17, commi 1 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Ritenuta la necessità di procedere ad una completa revisione delle norme di esecuzione della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni ed integrazioni, alla luce dell’evoluzione delle strutture e delle disponibilità della pubblica amministrazione, nonché delle mutate esigenze trattamentali nell’ambito di un diverso quadro legislativo di riferimento;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 17 aprile 2000;
Ritenuto di doversi comunque discostare dal suddetto parere, ravvisandosi l’opportunità di una specifica norma regolamentare in tema di affidamento in prova in casi particolari ai sensi dell’articolo 94, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, giacché tale ultima disposizione rinvia, per quanto non diversamente stabilito, alla disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 giugno 2000;
Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’interno, della difesa, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della pubblica istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, della sanità e del lavoro e della previdenza sociale;
Emana il seguente regolamento:
PARTE I
Trattamento penitenziario e disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria
TITOLO I
Trattamento penitenziario
CAPO I
Principi direttivi
Interventi di trattamento
1. Il trattamento degli imputati sottoposti a misure privative della libertà consiste nell'offerta di interventi diretti a sostenere i loro interessi umani, culturali e professionali.
2. Il trattamento rieducativo dei condannati e degli internati è diretto, inoltre, a promuovere un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali, nonché delle relazioni familiari e sociali che sono di ostacolo a una costruttiva partecipazione sociale.
3. Le disposizioni del presente regolamento che fanno riferimento all'imputato si estendono, in quanto compatibili, alla persona sottoposta alla indagini.
Sicurezza e rispetto delle regole
1. L'ordine e la disciplina negli istituti penitenziari garantiscono la sicurezza che costituisce la condizione per la realizzazione delle finalità del trattamento dei detenuti e degli internati. Il direttore dell'istituto assicura il mantenimento della sicurezza e del rispetto delle regole avvalendosi del personale penitenziario secondo le rispettive competenze.
2. Il servizio di sicurezza e custodia negli istituti penitenziari diversi dalle case mandamentali è affidato agli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, che esercitano le loro attribuzioni in conformità delle leggi e dei regolamenti vigenti.
Direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale
1. Alla direzione degli istituti penitenziari e dei centri di servizio sociale è preposto personale dei rispettivi ruoli dell’Amministrazione penitenziaria individuato secondo la vigente normativa.
2. Il direttore dell'istituto e quello del centro di servizio sociale esercitano i poteri attinenti alla organizzazione, al coordinamento ed al controllo dello svolgimento delle attività dell’istituto o del servizio; decidono le iniziative idonee ad assicurare lo svolgimento dei programmi negli istituti, nonché gli interventi all'esterno; impartiscono direttive agli operatori penitenziari, anche non appartenenti all’amministrazione, i quali svolgono i compiti loro affidati con l'autonomia professionale di competenza.
3. Il direttore dell'istituto e quello del centro di servizio sociale rispondono dell'esercizio delle loro attribuzioni al provveditore regionale e al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Integrazione e coordinamento degli interventi
1. Alle attività di trattamento svolte negli istituti e dai centri di servizio sociale partecipano tutti gli operatori penitenziari, secondo le rispettive competenze. Gli interventi di ciascun operatore professionale o volontario devono contribuire alla realizzazione di una positiva atmosfera di relazioni umane e svolgersi in una prospettiva di integrazione e collaborazione.
2. A tal fine, gli istituti penitenziari e i centri di servizio sociale, dislocati in ciascun ambito regionale, costituiscono un complesso operativo unitario, i cui programmi sono organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità locale; i direttori degli istituti e dei centri di servizio sociale indicono apposite e periodiche conferenze di servizio.
3. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ed i provveditori regionali adottano le opportune iniziative per promuovere il coordinamento operativo rispettivamente a livello nazionale e regionale.
Vigilanza del magistrato di sorveglianza sulla organizzazione degli istituti
1. Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati.
CAPO II
Condizioni generali
Condizioni igieniche e illuminazione dei locali
1. I locali in cui si svolge la vita dei detenuti e internati devono essere igienicamente adeguati.
2. Le finestre delle camere devono consentire il passaggio diretto di luce e aria naturali. Non sono consentite schermature che impediscano tale passaggio. Solo in casi eccezionali e per dimostrate ragioni di sicurezza, possono utilizzarsi schermature, collocate non in aderenza alle mura dell'edificio, che consentano comunque un sufficiente passaggio diretto di aria e luce.
3. Sono approntati pulsanti per l'illuminazione artificiale delle camere, nonché per il funzionamento degli apparecchi radio e televisivi, sia all'esterno, per il personale, sia all'interno, per i detenuti e internati. Il personale, con i pulsanti esterni, può escludere il funzionamento di quelli interni, quando la utilizzazione di questi pregiudichi l'ordinata convivenza dei detenuti e internati.
4. Per i controlli notturni da parte del personale la illuminazione deve essere di intensità attenuata.
5. I detenuti e gli internati, che siano in condizioni fisiche e psichiche che lo consentano, provvedono direttamente alla pulizia delle loro camere e dei relativi servizi igienici. A tal fine sono messi a disposizione mezzi adeguati.
6. Per la pulizia delle camere nelle quali si trovano soggetti impossibilitati a provvedervi, l’Amministrazione si avvale dell'opera retribuita di detenuti o internati.
7. Se le condizioni logistiche lo consentono, sono assicurati reparti per non fumatori.
Servizi igienici
1. I servizi igienici sono collocati in un vano annesso alla camera.
2. I vani in cui sono collocati i servizi igienici forniti di acqua corrente, calda e fredda, sono dotati di lavabo, di doccia e, in particolare negli istituti o sezioni femminili, anche di bidet, per le esigenze igieniche dei detenuti e internati.
3. Servizi igienici, lavabi e docce in numero adeguato devono essere, inoltre, collocati nelle adiacenze dei locali e delle aree dove si svolgono attività in comune.
Igiene personale
1. Gli oggetti necessari per la cura e la pulizia della persona sono indicati con specifico riferimento alla loro qualità e quantità in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale.
2. Per gli uomini e per le donne sono, rispettivamente, organizzati servizi di barbiere e parrucchiere, di cui essi possono usufruire periodicamente secondo le necessità.
3. Nei locali di pernottamento è consentito l’uso di rasoio elettrico.
4. Il regolamento interno prevede i tempi e le modalità di accesso ai servizi di barbiere e di parrucchiere e gli orari di utilizzazione quotidiana dell’acqua calda.
5. L’obbligo della doccia può essere imposto per motivi igienico-sanitari.
Vestiario e corredo
1. Gli oggetti che costituiscono il corredo del letto, i capi di vestiario e di biancheria personale, nonché gli altri effetti di uso che l'Amministrazione è tenuta a corrispondere ai detenuti e agli internati, sono indicati, con specifico riferimento alla loro qualità, in tabelle, distinte per uomini e donne, stabilite con decreto ministeriale.
2. I capi e gli effetti sopra indicati devono avere caratteristiche adeguate al variare delle stagioni e alle particolari condizioni climatiche delle zone in cui gli istituti sono ubicati; la loro quantità deve consentire un ricambio che assicuri buone condizioni di pulizia e di conservazione.
3. Per ciascun capo o effetto è prevista la durata d'uso.
4. L'Amministrazione sostituisce, anche prima della scadenza del termine di durata, i capi e gli effetti deteriorati. Se l'anticipato deterioramento è imputabile al detenuto o all'internato, questi è tenuto a risarcire il danno.
5. Il sanitario dell'istituto prescrive variazioni qualitative e quantitative del corredo del letto, dei capi di biancheria e di vestiario in relazione a particolari bisogni dei singoli soggetti.
6. I minorenni vestono, comunque, abiti di foggia civile.
7. I capi di biancheria personale e di vestiario nonché gli effetti d'uso consegnati ai detenuti e agli internati sono annotati, con le successive variazioni, in una scheda, un esemplare della quale viene conservato dall'interessato e un altro custodito dalla direzione e trasmesso in caso di trasferimento.
8. La direzione dell'istituto cura che a ciascun detenuto o internato, dopo le operazioni di pulizia, siano restituiti i capi di sua spettanza.
9. I detenuti e gli internati, i quali fanno uso di abiti e di corredo personale di loro proprietà che non possono essere lavati con le normali procedure usate per quelli forniti dall'amministrazione, devono provvedervi a loro spese.
10. L'Amministrazione provvede a fornire abiti civili ai dimittendi, qualora essi non siano in condizioni di provvedervi a loro spese.
Corredo e oggetti di proprietà personale
1. Il regolamento interno stabilisce i casi in cui i detenuti e gli internati possono essere ammessi a fare uso di corredo di loro proprietà e prevede, altresì, quali sono gli effetti di corredo che possono usarsi.
2. E' assicurato un servizio di lavanderia cui i detenuti e gli internati possono accedere, anche a loro spese.
3. E’ ammesso il possesso di oggetti di particolare valore morale o affettivo qualora non abbiano un consistente valore economico e non siano incompatibili con l’ordinato svolgimento della vita nell’istituto.
Vitto giornaliero
1. Ai detenuti e agli internati vengono somministrati giornalmente tre pasti.
2. Il regolamento interno stabilisce l'orario dei pasti in modo tale che il primo possa essere consumato non lontano dalla sveglia, il secondo dopo circa cinque ore dal primo ed il terzo dopo circa sei ore dal secondo.
3. Ai minorenni vengono somministrati giornalmente quattro pasti opportunamente intervallati.
4. Le tabelle vittuarie, distinte in riferimento ai criteri di cui al primo comma dell’articolo 9 della legge, sono approvate con decreto ministeriale ai sensi del comma quarto dello stesso articolo, in conformità del parere dell’Istituto superiore della nutrizione. Le tabelle vittuarie devono essere aggiornate almeno ogni cinque anni. Nella formulazione delle tabelle vittuarie si deve anche tenere conto, in quanto possibile, delle prescrizioni proprie delle diverse fedi religiose.
Controllo sul trattamento alimentare e sui prezzi dei generi venduti nell'istituto
1. La rappresentanza dei detenuti e degli internati prevista dal sesto comma dell'articolo 9 della legge è composta di tre persone.
2. Negli istituti in cui la preparazione del vitto è effettuata in più cucine, è costituita una rappresentanza per ciascuna cucina.
3. I rappresentanti dei detenuti e degli internati assistono al prelievo dei generi vittuari, ne controllano la qualità e la quantità, verificano che i generi prelevati siano interamente usati per la confezione del vitto.
4. Ai detenuti e agli internati lavoratori o studenti, facenti parte della rappresentanza, sono concessi permessi di assenza dal lavoro o dalla scuola per rendere possibile lo svolgimento del loro compito; per i detenuti e gli internati che lavorano per l’Amministrazione penitenziaria tali permessi orari sono retribuiti.
5. La rappresentanza suddetta e il delegato del direttore, indicato nel settimo comma dell'articolo 9 della legge, presentano, congiuntamente o disgiuntamente, le loro osservazioni al direttore.
6. La direzione assume mensilmente informazioni dall'autorità comunale sui prezzi correnti all'esterno relativi ai generi corrispondenti a quelli in vendita da parte dello spaccio o assume informazioni sui prezzi praticati negli esercizi della grande distribuzione più vicini all'istituto. I prezzi dei generi in vendita nello spaccio, che sono comunicati anche alla rappresentanza dei detenuti e degli internati, devono adeguarsi a quelli esterni risultanti dalle informazioni predette.
Locali per la confezione e la somministrazione del vitto. Uso di fornelli
1. Negli istituti ogni cucina deve servire alla preparazione del vitto per un massimo di duecento persone. Se il numero dei detenuti o internati è maggiore, sono attrezzate più cucine.
2. Il servizio di cucina è svolto dai detenuti e internati. A tal fine sono costantemente organizzati corsi di formazione professionale per gli stessi.
3. Il vitto è consumato di regola in locali all’uopo destinati, utilizzabili per un numero non elevato di detenuti o internati. Il regolamento interno stabilisce le modalità con le quali, a turno, i detenuti e gli internati sono ammessi a cucinare in locali attrezzati a tal fine.
4. E' consentito ai detenuti ed internati, nelle proprie camere, l'uso di fornelli personali per riscaldare liquidi e cibi già cotti, nonché per la preparazione di bevande e cibi di facile e rapido approntamento.
5. Le dimensioni e le caratteristiche dei fornelli devono essere conformi a prescrizioni ministeriali che regoleranno altresì le modalità di uso e di recupero, anche forfetario, della spesa.
6. La mancata adozione della gestione diretta, da parte dell’Amministrazione, dei servizi di vettovagliamento e di sopravitto di cui ai commi quinto e settimo dell’articolo 9 della legge, deve essere specificamente ed adeguatamente motivata dalle singole direzioni. La gestione diretta può, comunque, attuarsi anche con un unico fornitore dei generi vittuari. Alla gestione diretta è equiparata quella realizzata attraverso convenzioni con cooperative sociali ai sensi del comma 3 dell'articolo 47.
7. Il regolamento interno può prevedere che, senza carattere di continuità, sia consentita ai detenuti e agli internati la cottura di generi alimentari, stabilendo i generi ammessi nonché le modalità da osservare.
Ricezione, acquisto e possesso di oggetti e di generi alimentari
1. Il regolamento interno stabilisce, nei confronti di tutti i detenuti o internati dell'istituto, i generi e gli oggetti di cui è consentito il possesso, l'acquisto e la ricezione, finalizzati alla cura della persona e all'espletamento delle attività trattamentali, culturali, ricreative e sportive. Nella individuazione dei generi e oggetti ammessi si terrà anche conto delle nuove strumentazioni tecnologiche. E' vietato, comunque, il possesso di denaro.
2. Sono ammesse limitazioni sostenute da motivate esigenze di sicurezza, anche in relazione alla differenziazione del regime detentivo che consegue all'applicazione degli articoli 14-bis, 41-bis e 64 della legge.
3. Non è ammessa la ricezione dall'esterno di bevande alcoliche. E' consentito l'acquisto presso lo spaccio interno e il consumo giornaliero di vino in misura non superiore a mezzo litro e di gradazione non superiore a dodici gradi o di birra in misura non superiore ad un litro. La distribuzione e il consumo di tali bevande avviene nei locali in cui si consumano i pasti. In ogni caso è vietato l’accumulo di bevande alcoliche.
4. Gli oggetti non consentiti sono ritirati dalla direzione e, salvo che costituiscano corpi di reato, sono consegnati ai detenuti e agli internati all'atto della loro dimissione. I generi e gli oggetti deperibili o ingombranti che non possono essere trattenuti in deposito presso il magazzino sono restituiti ai familiari in occasione dei colloqui ovvero spediti agli stessi a cura e spese del detenuto o dell’internato.
5. I generi e gli oggetti provenienti dall'esterno devono essere contenuti in pacchi, che, prima della consegna ai destinatari, devono essere sottoposti a controllo.
6. I detenuti e gli internati possono ricevere quattro pacchi al mese complessivamente di peso non superiore a venti chili, contenente esclusivamente generi di abbigliamento, ovvero, nei casi e con le modalità stabiliti dal regolamento interno, anche generi alimentari di consumo comune che non richiedono manomissioni in sede di controllo.
7. Gli oggetti di uso personale possono essere acquistati o ricevuti in misura non eccedente le normali esigenze dell'individuo.
8. I generi alimentari, ricevuti dall'esterno o acquistati, non devono eccedere in quantità il fabbisogno di una persona.
9. Il detenuto o l'internato non può accumulare generi alimentari in quantità eccedente il suo fabbisogno settimanale.
10. Le limitazioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai pacchi, agli oggetti ed ai generi destinati alle detenute madri con prole in istituto per il fabbisogno dei bambini.
Cessioni fra detenuti o internati
1. La cessione e la ricezione di somme in peculio fra detenuti e internati sono vietate, salvo che si tratti di componenti dello stesso nucleo familiare.
2. E' consentita la cessione fra detenuti e internati di oggetti di modico valore.
Utilizzazione degli spazi all'aperto
1. Gli spazi all’aperto, oltre che per le finalità di cui all’articolo 10 della legge, sono utilizzati per lo svolgimento di attività trattamentali e, in particolare, per attività sportive, ricreative e culturali secondo i programmi predisposti dalla direzione.
2. La permanenza all'aperto, che deve avvenire, se possibile, in spazi non interclusi fra fabbricati, deve essere assicurata per periodi adeguati anche attraverso le valutazioni dei servizi sanitario e psicologico, accanto allo svolgimento delle attività trattamentali, come strumento di contenimento degli effetti negativi della privazione della libertà personale.
3. La riduzione della permanenza all'aperto a non meno di un'ora al giorno, dovuta a motivi eccezionali, deve essere limitata a tempi brevi e disposta con provvedimento motivato del direttore dell'istituto, che viene comunicato al provveditore regionale e al magistrato di sorveglianza.
4. Gli spazi destinati alla permanenza all’aperto devono offrire possibilità di protezione dagli agenti atmosferici.
Assistenza sanitaria
1. I detenuti e gli internati usufruiscono dell'assistenza sanitaria secondo le disposizioni della vigente normativa.
2. Le funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento ed organizzazione dei servizi sanitari in ambito penitenziario, nonché di controllo sul funzionamento dei servizi medesimi, sono esercitate secondo le competenze e con le modalità indicate dalla vigente normativa.
3. L'assistenza sanitaria viene prestata all'interno degli istituti penitenziari, salvo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 11 della legge.
4. Sulla base delle indicazioni desunte dalla rilevazione e dall'analisi delle esigenze sanitarie della popolazione penitenziaria, sono organizzati, con opportune dislocazioni nel territorio nazionale, reparti clinici e chirurgici.
5. In ogni caso in cui le prestazioni di carattere psichiatrico non siano assicurate a mezzo dell'opera di specialisti in psichiatria di ruolo, la direzione dell'istituto si avvale di specialisti ai sensi del quarto comma dell'articolo 80 della legge.
6. L'autorizzazione per le visite a proprie spese di un sanitario di fiducia per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e per i condannati e gli internati è data dal direttore.
7. Con le medesime forme previste per la visita a proprie spese possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici negli istituti.
8. Quando deve provvedersi con estrema urgenza al trasferimento di un detenuto o di un internato in luogo esterno di cura e non sia possibile ottenere con immediatezza la decisione della competente autorità giudiziaria, il direttore provvede direttamente al trasferimento, dandone contemporanea comunicazione alla predetta autorità; dà inoltre notizia del trasferimento al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al provveditore regionale.
9. In ogni istituto devono essere svolte con continuità attività di medicina preventiva che rilevino, segnalino ed intervengano in merito alle situazioni che possono favorire lo sviluppo di forme patologiche, comprese quelle collegabili alle prolungate situazioni di inerzia e di riduzione del movimento e dell'attività fisica.
Rimborso delle spese per prestazioni sanitarie
1. E' fatto divieto di richiedere alle persone detenute o internate alcuna forma di partecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie erogate dal servizio sanitario nazionale.
2. I detenuti o internati stranieri, apolidi o senza fissa dimora iscritti al servizio sanitario nazionale ai sensi della vigente normativa ricevono l'assistenza sanitaria a carico dei servizio sanitario pubblico nel cui territorio ha sede l'istituto di assegnazione del soggetto interessato.
3. Gli enti tenuti ad erogare l'assistenza sanitaria provvedono direttamente a fornire le prestazioni previste dalle leggi vigenti nei confronti dei familiari dei detenuti e degli internati lavoratori.
Assistenza particolare alle gestanti e alle madri con bambini.
Asili
nido
1. Le gestanti e le madri con bambini sono assistite da specialisti in ostetricia e ginecologia, incaricati o professionisti esterni. Il parto deve essere preferibilmente effettuato in luogo esterno di cura.
2. E' prestata, altresì, l'assistenza da parte di personale paramedico ostetrico.
3. L'assistenza sanitaria ai bambini che le madri detenute o internate tengono presso di sé è curata da professionisti specialisti in pediatria.
4. Gli specialisti in ostetricia e ginecologia e i pediatri, il personale paramedico, nonché gli operatori in puericultura degli asili nido sono compensati con onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
5. Presso gli istituti o sezioni dove sono ospitati gestanti e madri con bambini sono organizzati, di norma, appositi reparti ostetrici e asili nido. Le camere dove sono ospitati le gestanti e madri con i bambini non devono essere chiuse, affinché gli stessi possano spostarsi all'interno del reparto o della sezione, con il limite di non turbare l'ordinato svolgimento della vita nei medesimi.
6. Sono assicurati ai bambini all'interno degli istituti attività ricreative e formative proprie della loro età. I bambini, inoltre, con l'intervento dei servizi pubblici territoriali o del volontariato, sono accompagnati all'esterno con il consenso della madre, per lo svolgimento delle attività predette, anche presso gli asili nido esistenti sul territorio.
7. Quando i bambini debbono essere separati dalle madri detenute o internate, per avere superato il limite di età stabilito dalla legge o per altre ragioni, sentita in questo ultimo caso la madre, e non esistono persone a cui la madre possa affidare il figlio, la direzione dell'istituto, in tempo utile per le necessarie iniziative, segnala il caso agli enti per l'assistenza all'infanzia e al centro di servizio sociale, che assicura comunque il mantenimento di costanti rapporti tra la madre e il bambino.
Disposizioni particolari per gli infermi e i seminfermi di mente
1. Nei confronti dei detenuti e degli internati infermi o seminfermi di mente, salve le disposizioni di cui ai commi seguenti, devono essere attuati interventi che favoriscano la loro partecipazione a tutte le attività trattamentali e in particolare a quelle che consentano, in quanto possibile, di mantenere, migliorare o ristabilire le loro relazioni con la famiglia e l’ambiente sociale, anche attraverso lo svolgimento di colloqui fuori dei limiti stabiliti dall'articolo 37. Il servizio sanitario pubblico territorialmente competente accede all’istituto per rilevare le condizioni e le esigenze degli interessati e concordare con gli operatori penitenziari l’individuazione delle risorse esterne utili per la loro presa in carico da parte del servizio pubblico e per il loro successivo reinserimento sociale.
2. La sottoposizione a visto di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati infermi o seminfermi di mente può essere proposta, oltre che nei casi previsti dall'articolo 38, anche per esigenze connesse al trattamento terapeutico, accertate dal sanitario.
3. Nella concessione dei permessi di colloquio e nelle autorizzazioni alla corrispondenza telefonica si devono tenere in conto anche le esigenze di cui al comma 1.
4. I detenuti e gli internati infermi o seminfermi di mente che, a giudizio del sanitario, sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o un servizio utile sono ammessi al lavoro e godono di tutti i diritti relativi.
5. Coloro che non sono in grado di svolgere un lavoro produttivo o un servizio utile possono essere assegnati, secondo le indicazioni sanitarie, ad attività ergoterapiche e ad essi viene corrisposto un sussidio nella misura stabilita con decreto ministeriale.
6. Le disposizioni concernenti la formazione delle rappresentanze previste dagli articoli 9, 12, 20 e 27 della legge si applicano anche agli infermi o seminfermi di mente. Tuttavia, se fra i sorteggiati vi siano individui che, a giudizio del sanitario, per le loro condizioni psichiche non sono in grado di svolgere il compito, il magistrato di sorveglianza dispone la loro esclusione. Gli esclusi sono sostituiti da altri detenuti o internati nominati anch'essi per sorteggio.
7. Nei confronti degli infermi e dei seminfermi di mente le sanzioni disciplinari si applicano solo quando, a giudizio del sanitario, esista la sufficiente capacità naturale che consenta loro coscienza dell'infrazione commessa ed adeguata percezione della sanzione conseguente.
8. Gli infermi e seminfermi in permesso, in licenza o in regime di semilibertà ricevono, ove occorra, assistenza da parte dei servizi psichiatrici pubblici degli enti locali.
9. I detenuti e internati tossicodipendenti che presentino anche infermità mentali sono seguiti in collaborazione dal servizio per le tossicodipendenze e dal servizio psichiatrico.
10. Il presente articolo, nonché gli articoli 17, 18 e 19 si applicano fino alla completa attuazione del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230.
Servizio di biblioteca
1. La direzione dell'istituto deve curare che i detenuti e gli internati abbiano agevole accesso alle pubblicazioni della biblioteca dell'istituto, nonché la possibilità, a mezzo di opportune intese, di usufruire della lettura di pubblicazioni esistenti in biblioteche e centri di lettura pubblici, funzionanti nel luogo in cui è situato l'istituto stesso.
2. Nella scelta dei libri e dei periodici si deve realizzare una equilibrata rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società.
3. Il servizio di biblioteca è affidato, di regola, a un educatore. Il responsabile del servizio si avvale, per la tenuta delle pubblicazioni, per la formazione degli schedari, per la distribuzione dei libri e dei periodici, nonché per lo svolgimento di iniziative per la diffusione della cultura, dei rappresentanti dei detenuti e degli internati previsti dall'articolo 12 della legge, i quali espletano le suddette attività durante il tempo libero. Si avvale altresì di uno o più detenuti scrivani, regolarmente retribuiti.
4. I rappresentanti dei detenuti o degli internati sono sorteggiati, con le modalità previste nell'articolo 67, nel numero di tre o cinque, rispettivamente per gli istituti con un numero di presenti non superiore o superiore a cinquecento.
5. Nell’ambito del servizio di biblioteca, è attrezzata una sala lettura, cui vengono ammessi i detenuti e gli internati. I detenuti e internati lavoratori e studenti possono frequentare la sala lettura anche in orari successivi a quelli di svolgimento dell'attività di lavoro e di studio. Il regolamento interno stabilisce le modalità e gli orari di accesso alla sala di lettura.
CAPO III
Ingresso in istituto e modalità del trattamento
Ammissione in istituto
1. Le direzioni degli istituti penitenziari devono ricevere le persone indicate nell'articolo 94 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e quelle che si costituiscono dichiarando che ciò fanno per dare esecuzione ad un provvedimento da cui consegue la privazione dello stato di libertà.
2. In ogni caso la persona viene sottoposta all'isolamento previsto dal n. 3) del primo comma dell'articolo 33 della legge soltanto se l'autorità giudiziaria abbia disposto in tal senso.
3. Quando viene ricevuta una persona, che non può essere trattenuta perché deve essere sottoposta a misura privativa della libertà diversa da quella alla cui esecuzione l'istituto è destinato, la direzione provvede ad informare il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ai fini dell'assegnazione.
4. In caso di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto, la prescritta informazione all'autorità giudiziaria competente deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria prima dell’introduzione del detenuto nell'istituto, al fine di consentire la tempestiva emanazione dell'eventuale provvedimento di sottoposizione all'isolamento di cui al comma 3. Allo stesso modo provvede il direttore nel caso di presentazione spontanea in istituto di persona a carico della quale non sia stato ancora emesso provvedimento restrittivo della libertà personale dall'autorità giudiziaria.
5. Il provvedimento dell'autorità giudiziaria che dispone l'isolamento deve precisare le modalità, i limiti e la durata dell'isolamento medesimo.
6. In caso di mancata indicazione dei predetti elementi, la direzione richiede all'autorità giudiziaria competente le integrazioni necessarie. Segnala in ogni caso l'eventuale insorgenza di stati di sofferenza psicofisica della persona.
7. Durante l'isolamento giudiziario possono avere contatti con il detenuto isolato, con l'osservanza delle modalità stabilite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il personale nonché gli altri operatori penitenziari anche non appartenenti al personale dell'amministrazione incaricati, autorizzati o delegati dal direttore dell'istituto.
Modalità dell'ingresso in istituto
1. La direzione cura che il detenuto o l'internato all'atto del suo ingresso dalla libertà sia sottoposto a perquisizione personale, al rilievo delle impronte digitali e messo in grado di esercitare la facoltà prevista dal primo comma dell'articolo 29 della legge, con le modalità di cui all'articolo 62 del presente regolamento. Il soggetto è sottoposto a visita medica non oltre il giorno successivo.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 24, qualora dagli accertamenti sanitari o altrimenti, risulti che una persona condannata si trovi in una delle condizioni previste dagli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del codice penale, la direzione dell'istituto trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza per i provvedimenti di rispettiva competenza. La direzione provvede analogamente, quando la persona interessata si trovi in custodia cautelare, trasmettendo gli atti alla autorità giudiziaria procedente.
3. Un esperto dell’osservazione e trattamento effettua un colloquio con il detenuto o internato all'atto del suo ingresso in istituto, per verificare se, ed eventualmente con quali cautele, possa affrontare adeguatamente lo stato di restrizione. Il risultato di tali accertamenti è comunicato agli operatori incaricati per gli interventi opportuni e al gruppo degli operatori dell'osservazione e trattamento di cui all'articolo 29.
Gli eventuali aspetti di rischio sono anche segnalati agli organi giudiziari indicati nel comma 2. Se la persona ha problemi di tossicodipendenza, è segnalata anche al Servizio tossicodipendenze operante all'interno dell'istituto.
4. Dopo l’espletamento delle operazioni di cui ai commi precedenti e nel più breve tempo possibile, la direzione dell’istituto richiede al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria notizia su eventuali recedenti detenzioni, al fine di acquisire la preesistente cartella personale.
5. Il direttore dell’istituto, o un operatore penitenziario da lui designato, svolge un colloquio con il soggetto, al fine di conoscere le notizie necessarie per le iscrizioni nel registro previsto dall’articolo 7 del Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale di cui al decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334, e per iniziare la compilazione della cartella personale, nonché allo scopo di fornirgli le informazioni previste dal primo comma dell’articolo 32 della legge e di consegnargli l’estratto indicato nel comma 2 dall’articolo 69 del presente regolamento. In particolare, vengono forniti chiarimenti sulla possibilità di ammissione alle misure alternative alla detenzione e agli altri benefici penitenziari.
6. Qualora il detenuto o l'internato si rifiuti di fornire le sue generalità o quando vi siano fondati motivi per ritenere che le generalità fornite siano false, e sempre che non si riesca a conoscere altrimenti le esatte generalità, il soggetto è identificato sotto la provvisoria denominazione di «sconosciuto» a mezzo di fotografia e di riferimenti a connotati e contrassegni fisici e ne è fatto rapporto all'autorità giudiziaria.
7. Nel corso del colloquio il soggetto è invitato a segnalare gli eventuali problemi personali e familiari che richiedono interventi immediati. Di tali problemi la direzione informa il centro di servizio sociale.
8. Gli oggetti consegnati dal detenuto o dall'internato, nonché quelli rinvenuti sulla sua persona e che non possono essere lasciati in suo possesso, sono ritirati e depositati presso la direzione. Gli oggetti che non possono essere conservati sono venduti a beneficio del soggetto o inviati, a sue spese, alla persona da lui designata. Delle predette operazioni viene redatto verbale.
9. Degli oggetti consegnati dall'imputato o rinvenuti sulla sua persona è data notizia all'autorità giudiziaria che procede.
10. I contatti e gli interventi degli operatori penitenziari, degli assistenti volontari di cui all'articolo 78 della legge, dei rappresentanti della comunità esterna autorizzati ai sensi dell’articolo 17 della legge, nonché quelli degli operatori sociali e sanitari delle strutture e dei servizi assistenziali territoriali intesi alla prosecuzione dei programmi terapeutici o di trattamento educativo-sociale, istituzionalmente svolti con gli imputati, i condannati e gli internati non si considerano colloqui e ad essi non si applicano pertanto le disposizioni contenute nell'articolo 18 della legge e nell'articolo 37 del presente regolamento.
Iscrizioni a registro
1. Nel registro previsto dall’articolo 7 del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale di cui al decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334, oltre alle iscrizioni relative alle persone ivi indicate, devono essere inserite, in ordine cronologico, analoghe iscrizioni relative ai detenuti e agli internati che entrano o escono dall'istituto a causa di trasferimento o di transito.
2. Il registro, prima che sia posto in uso, è presentato al direttore dell’istituto che ne fa numerare ciascuna pagina, vistandola e segnandola con sigillo del proprio ufficio. In fine del registro lo stesso direttore indica il numero complessivo delle pagine e vi appone la data e la sottoscrizione.
3. La disposizione di cui al comma 2 si osserva anche per il registro di cui all'articolo 123 del codice di procedura penale e dall’articolo 44 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271.
4. Le istanze, le impugnazioni e le dichiarazioni previste dall'articolo 123 del codice di procedura penale sono comunicate all'autorità giudiziaria mediante estratto o copia autentica. In caso di urgenza, si utilizza il mezzo di comunicazione più rapido. Le istanze dei detenuti e degli internati relative ai provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge sono trasmesse al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza entro tre giorni dalla loro presentazione.
Albo degli avvocati
1. Presso ogni istituto penitenziario è tenuto l'albo degli avvocati del circondario, che deve essere affisso in modo che i detenuti e gli internati ne possano prendere visione.
2. E' fatto divieto agli operatori penitenziari di influire, direttamente o indirettamente, sulla scelta del difensore.
Cartella personale
1. Per ogni detenuto o internato è istituita una cartella personale, la cui compilazione inizia all'atto dell'ingresso in istituto dalla libertà. La cartella segue il soggetto in caso di trasferimento e resta custodita nell'archivio dell'istituto da cui il detenuto o l'internato è dimesso. Di tale custodia è data tempestiva notizia al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
2. L'intestazione della cartella personale è corredata dei dati anagrafici, delle impronte digitali, della fotografia e di ogni altro elemento necessario per la precisa identificazione della persona.
3. Nella cartella personale, oltre quanto stabilito dall’articolo 94 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, sono inseriti i dati e le indicazioni previsti dal quarto comma dell'articolo 13 della legge, con specifica menzione delle ricompense, delle sanzioni disciplinari e delle infrazioni che le hanno determinate, nonché della eventuale sospensione, condono ed estinzione delle sanzioni stesse, delle istanze e dei provvedimenti di cui al capo VI del titolo I della legge, della sottoposizione al regime di sorveglianza particolare e del reclamo eventualmente proposto, nonché di ogni altro dato richiesto da disposizioni ministeriali.
4. Tutti i provvedimenti del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza di cui all'articolo 14-ter e al capo VI del titolo I della legge sono comunicati alla direzione dell'istituto per la annotazione nella cartella personale. I provvedimenti relativi all'affidamento in prova al servizio sociale, al regime di semilibertà ed alla detenzione domiciliare sono altresì comunicati al centro di servizio sociale del luogo nel quale viene eseguita la misura alternativa alla detenzione.
5. Allo scadere di ogni semestre di custodia cautelare e di pena detentiva nella cartella personale di ciascun detenuto è annotato il giudizio espresso dalla direzione sugli elementi indicati nel comma 2 dell'articolo 103.
6. All'atto del trasferimento del detenuto o dell'internato in altro istituto nella cartella personale è annotato un giudizio complessivo sugli sviluppi del trattamento e sulla condotta tenuta.
Osservazione della personalità
1. L’osservazione scientifica della personalità è diretta all’accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi alle eventuali carenze fisico-psichiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all’instaurazione di una normale vita di relazione. Ai fini dell’osservazione si provvede all’acquisizione di dati giudiziari e penitenziari, clinici, psicologici e sociali e alla loro valutazione con riferimento al modo in cui il soggetto ha vissuto le sue esperienze e alla sua attuale disponibilità ad usufruire degli interventi del trattamento. Sulla base dei dati giudiziari acquisiti, viene espletata, con il condannato o l’internato, una riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l’interessato medesimo e sulle possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa.
2. All’inizio dell’esecuzione l’osservazione è specificamente rivolta, con la collaborazione del condannato o dell’internato, a desumere elementi per la formulazione del programma individualizzato di trattamento, il quale è compilato nel termine di nove mesi.
3. Nel corso del trattamento l’osservazione è rivolta ad accertare, attraverso l’esame del comportamento del soggetto e delle modificazioni intervenute nella sua vita di relazione, le eventuali nuove esigenze che richiedono una variazione del programma di trattamento.
4. L’osservazione e il trattamento dei detenuti e degli internati devono mantenere i caratteri della continuità in caso di trasferimento in altri istituti.
Espletamento dell’osservazione della personalità
1. L'osservazione scientifica della personalità è espletata, di regola, presso gli stessi istituti dove si eseguono le pene e le misure di sicurezza.
2. Quando si ravvisa la necessità di procedere a particolari approfondimenti, i soggetti da osservare sono assegnati, su motivata proposta della direzione, ai centri di osservazione.
3. L'osservazione è condotta da personale dipendente dall'Amministrazione e, secondo le occorrenze, anche dai professionisti indicati nel secondo e quarto comma dell'articolo 80 della legge.
4. Le attività di osservazione si svolgono sotto la responsabilità del direttore dell'istituto e sono dal medesimo coordinate.
Programma individualizzato di trattamento
1. Il programma di trattamento contiene le specifiche indicazioni di cui al terzo comma dell'articolo 13 della legge, secondo i principi indicati nel sesto comma dell'articolo 1 della stessa.
2. La compilazione del programma è effettuata da un gruppo di osservazione e trattamento presieduto dal direttore dell’istituto e composto dal personale e dagli esperti che hanno svolto le attività di osservazione indicate nell’articolo 28.
3. Il gruppo tiene riunioni periodiche, nel corso delle quali esamina gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati.
4. La segreteria tecnica del gruppo è affidata, di regola, all'educatore.
Assegnazione dei detenuti e degli internati agli istituti
1. I condannati e gli internati, all'inizio dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, sono provvisoriamente assegnati in un istituto destinato all'esecuzione del tipo di pena o di misura cui sono stati sottoposti, situato nell'ambito della regione di residenza. Qualora ciò non sia possibile per mancanza di tale istituto o per indisponibilità di posti, l'assegnazione deve avvenire ad altro istituto della stessa categoria situato in località prossima.
2. Nell'istituto di assegnazione provvisoria vengono espletate le attività di osservazione previste dall'articolo 13 della legge.
3. Sulla base della formulazione del programma di trattamento individualizzato viene disposta l'assegnazione definitiva.
4. Per l'assegnazione definitiva dei condannati e degli internati si ha riguardo alla corrispondenza fra le indicazioni del trattamento contenute nel programma individualizzato e il tipo di trattamento organizzato negli istituti ai sensi dell'articolo 115.
5. Alle assegnazioni provvisorie e definitive che comportino trasferimento dalla circoscrizione di un provveditorato regionale a quella di un altro provveditorato provvede il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nell'ambito della stessa circoscrizione dispone il provveditore regionale, informandone il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, fatte salve le assegnazioni dei detenuti e degli internati riservate dalla vigente normativa alla competenza del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Raggruppamento nelle sezioni
1. Gli istituti penitenziari, al fine di attuare la distribuzione dei condannati e degli internati secondo i criteri indicati nel secondo comma dell'articolo 14 della legge, sono organizzati in modo da realizzare nel loro interno suddivisioni in sezioni che consentano raggruppamenti limitati di soggetti.
2. Gli imputati che non sono sottoposti all'isolamento previsto dal n. 3) del primo comma dell'articolo 33 della legge, sono assegnati alle varie sezioni nelle quali l'istituto di custodia cautelare è suddiviso, in considerazione della loro età, di precedenti esperienze penitenziarie, della natura colposa o dolosa del reato ascritto e della indole dello stesso.
Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari
1. I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele.
2. La permanenza dei motivi cautelari viene verificata semestralmente.
3. Si cura, inoltre, la collocazione più idonea di quei detenuti ed internati per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte dei compagni. Sono anche utilizzate apposite sezioni a tal fine, ma la assegnazione presso le stesse deve essere frequentemente riesaminata nei confronti delle singole persone per verificare il permanere delle ragioni della separazione delle stesse dalla comunità.
Regime di sorveglianza particolare
1. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, quando, di propria iniziativa, o su segnalazione o proposta della direzione dell'istituto o su segnalazione dell'autorità giudiziaria, ritiene di disporre o prorogare la sottoposizione a regime di sorveglianza particolare di un detenuto o di un internato ai sensi dell'articolo 14-bis, primo comma, della legge, richiede al direttore dell'istituto la convocazione del consiglio di disciplina, affinché esprima parere nel termine di dieci giorni.
2. L'autorità giudiziaria deve far pervenire i pareri di cui al terzo comma dell'articolo 14-bis della legge al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria entro il termine di dieci giorni.
3. La direzione dell'istituto chiede preventivamente alla autorità giudiziaria competente ai sensi del secondo comma dell'articolo 11 della legge l'autorizzazione ad effettuare il visto di controllo sulla corrispondenza in arrivo ed in partenza, quando tale restrizione è prevista nel provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare. Il provvedimento dell'autorità giudiziaria viene emesso entro il termine di dieci giorni da quello in cui l'ufficio ha ricevuto la richiesta.
4. Del provvedimento che dispone in via provvisoria il regime di sorveglianza particolare e delle restrizioni a cui il detenuto o l'internato è sottoposto, è data comunicazione al medesimo, che sottoscrive per presa visione.
5. I provvedimenti che dispongono in via definitiva o che prorogano il regime di sorveglianza particolare sono comunicati dalla direzione dell'istituto al detenuto o internato mediante rilascio di copia integrale di essi e del provvedimento con cui in precedenza sia stata eventualmente disposta la sorveglianza particolare in via provvisoria.
6. Dei provvedimenti che dispongono o prorogano il regime di sorveglianza particolare e dei reclami proposti e del loro esito è presa nota nella cartella personale.
7. La direzione dell'istituto provvede, di volta in volta, ad inviare al magistrato di sorveglianza le copie di ciascuno dei predetti provvedimenti e degli eventuali reclami proposti dall'interessato.
8. Quando il detenuto o internato sottoposto al regime di sorveglianza particolare viene trasferito, anche temporaneamente, in altro istituto posto nella giurisdizione di un diverso ufficio di sorveglianza, la direzione dell'istituto di destinazione ne dà comunicazione a tale ufficio, trasmettendogli anche le copie dei provvedimenti e dei reclami di cui ai commi precedenti.
9. Il trasferimento ad altro istituto idoneo viene disposto quando nell'istituto in cui il detenuto o l'internato si trova non sia disponibile una sezione nella quale il regime di sorveglianza particolare possa essere attuato senza comportare pregiudizio per la popolazione detenuta o internata e senza pregiudicare l'ordine o la sicurezza. Ove sia necessario, il detenuto o internato sottoposto a regime di sorveglianza può essere trasferito in uno degli istituti o in una delle sezioni di cui all'articolo 32.
Reclamo avverso il provvedimento di sorveglianza particolare
1. Il reclamo avverso il provvedimento definitivo che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, se proposto con atto ricevuto dal direttore dell'istituto, è iscritto nel registro previsto dall'articolo 123 del codice di procedura penale e dall'articolo 44 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 ed è trasmesso al più tardi entro il giorno successivo in copia autentica al tribunale di sorveglianza, al quale è altresì trasmessa copia della cartella personale dell'interessato e del provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare. In caso di urgenza, la comunicazione è fatta con il mezzo più rapido.
2. Il detenuto o l'internato, nel proporre reclamo, può nominare contestualmente il difensore.
3. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ove non ritenga di provvedere direttamente, può delegare il provveditore regionale o il direttore dell'istituto a presentare al tribunale di sorveglianza memorie relative al provvedimento avverso il quale il detenuto o l'internato ha proposto reclamo.
Detenuti ed internati stranieri
1. Nell'esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri, si deve tenere conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali. Devono essere favorite possibilità di contatto con le autorità consolari del loro Paese.
2. Deve essere, inoltre, favorito l'intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato.
Regolamento interno
1. L’Amministrazione penitenziaria impartisce le direttive indicate nel primo comma dell’articolo 16 della legge, al fine di realizzare le differenti modalità trattamentali indicate nell’articolo 14 della legge stessa, anche attraverso la differenziazione degli istituti.
2. Il regolamento interno, oltre alle modalità degli interventi di trattamento e a quanto previsto dagli articoli 16 e 31 della legge e dagli articoli 8, 10, 11, 13, 14, 37, 67 e 74 del presente regolamento, disciplina, in ogni caso, le seguenti materie:
a) gli orari di apertura e di chiusura degli istituti;
b) orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata;
c) le modalità relative allo svolgimento dei vari servizi predisposti per i detenuti e per gli internati;
d) gli orari di permanenza nei locali comuni;
e) gli orari, i turni e le modalità di permanenza all’aperto;
f) i tempi e le modalità particolari per i colloqui e la corrispondenza anche telefonica;
g) le affissioni consentite e le relative modalità;
h) i giochi consentiti.
3. Il regolamento interno può disciplinare alcune delle materie sopra indicate in modo differenziato per particolari sezioni dell’istituto.
4. Nella predisposizione del regolamento interno, la commissione prevista dal secondo comma dell’articolo 16 della legge deve uniformarsi alle direttive impartite dall’Amministrazione penitenziaria ai sensi del primo comma dell’articolo 16 della legge e del comma 1 del presente articolo. Nel caso di direttive sopravvenute, le norme del regolamento interno non conformi ad esse cessano di avere applicazione e devono essere modificate dalla commissione, per uniformarle alle direttive medesime, entro venti giorni dal loro ricevimento.
5. Il regolamento interno deve essere portato a conoscenza dei detenuti e internati.
Colloqui
1. I colloqui dei condannati, degli internati e quelli degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado sono autorizzati dal direttore dell'istituto. I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi.
2. Per i colloqui con gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i richiedenti debbono presentare il permesso rilasciato dall'autorità giudiziaria che procede.
3. Le persone ammesse al colloquio sono identificate e, inoltre, sottoposte a controllo, con le modalità previste dal regolamento interno, al fine di garantire che non siano introdotti nell'istituto strumenti pericolosi o altri oggetti non ammessi.
4. Nel corso del colloquio deve essere mantenuto un comportamento corretto e tale non recare disturbo ad altri. Il personale preposto al controllo sospende dal colloquio le persone che tengono comportamento scorretto o molesto, riferendone al direttore, il quale decide sulla esclusione.
5. I colloqui avvengono in locali interni senza mezzi divisori o in spazi all'aperto a ciò destinati. Quando sussistono ragioni sanitarie o di sicurezza, i colloqui avvengono in locali interni comuni muniti di mezzi divisori. La direzione può consentire che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto. In ogni caso, i colloqui si svolgono sotto il controllo a vista del personale del Corpo di polizia penitenziaria.
6. Appositi locali sono destinati ai colloqui dei detenuti con i loro difensori.
7. Per i detenuti e gli internati infermi i colloqui possono avere luogo nell'infermeria.
8. I detenuti e gli internati usufruiscono di sei colloqui al mese. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell’articolo 4-bis della legge e per i quali si applichi il divieto di benefici ivi previsto, il numero di colloqui non può essere superiore a quattro al mese.
9. Ai soggetti gravemente infermi, o quando il colloquio si svolge con prole di età inferiore a dieci anni ovvero quando ricorrano particolari circostanze, possono essere concessi colloqui anche fuori dei limiti stabiliti nel comma 8.
10. Il colloquio ha la durata massima di un'ora. In considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi. Il colloquio con i congiunti o conviventi è comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l'internato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentono. A ciascun colloquio con il detenuto o con l'internato possono partecipare non più di tre persone. E' consentito di derogare a tale norma quando si tratti di congiunti o conviventi.
11. Qualora risulti che i familiari non mantengono rapporti con il detenuto o l'internato, la direzione ne fa segnalazione al centro di servizio sociale per gli opportuni interventi.
12. Del colloquio, con l'indicazione degli estremi del permesso, si fa annotazione in apposito registro.
13. Nei confronti dei detenuti che svolgono attività lavorativa articolata su tutti i giorni feriali, è favorito lo svolgimento dei colloqui nei giorni festivi, ove possibile.
Corrispondenza epistolare e telegrafica
1. I detenuti e gli internati sono ammessi a inviare e a ricevere corrispondenza epistolare e telegrafica. La direzione può consentire la ricezione di fax.
2. Al fine di consentire la corrispondenza, l'Amministrazione fornisce gratuitamente ai detenuti e agli internati, che non possono provvedervi a loro spese, settimanalmente, l'occorrente per scrivere una lettera e l'affrancatura ordinaria.
3. Presso lo spaccio dell'istituto devono essere sempre disponibili, per l'acquisto, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.
4. Sulla busta della corrispondenza epistolare in partenza il detenuto o l'internato deve apporre il proprio nome e cognome.
5. La corrispondenza in busta chiusa, in arrivo o in partenza, è sottoposta a ispezione al fine di rilevare l'eventuale presenza di valori o altri oggetti non consentiti. L'ispezione deve avvenire con modalità tali da garantire l'assenza di controlli sullo scritto.
6. La direzione, quando vi sia sospetto che nella corrispondenza epistolare, in arrivo o in partenza, siano inseriti contenuti che costituiscono elementi di reato o che possono determinare pericolo per l'ordine e la sicurezza, trattiene la missiva, facendone immediata segnalazione, per i provvedimenti del caso, al magistrato di sorveglianza, o, se trattasi di imputato sino alla pronuncia della sentenza di primo grado, all'autorità giudiziaria che procede.
7. La corrispondenza epistolare, sottoposta a visto di controllo su segnalazione o d'ufficio, è inoltrata o trattenuta su decisione del magistrato di sorveglianza o dell'autorità giudiziaria che procede.
8. Le disposizioni di cui ai commi 6 e 7 si applicano anche ai telegrammi e ai fax in arrivo.
9. Ove la direzione ritenga che un telegramma in partenza non debba essere inoltrato per i motivi di cui al comma 6, ne informa il magistrato di sorveglianza o l'autorità giudiziaria procedente, che decide se si debba o meno provvedere all'inoltro.
10. Il detenuto o l'internato viene immediatamente informato che la corrispondenza è stata trattenuta.
11. Non può essere sottoposta a visto di controllo la corrispondenza epistolare dei detenuti e degli internati indirizzata ad organismi internazionali amministrativi o giudiziari, preposti alla tutela dei diritti dell’uomo, di cui l'Italia fa parte.
Corrispondenza telefonica
1. In ogni istituto sono installati uno o più telefoni secondo le occorrenze.
2. I condannati e gli internati possono essere autorizzati dal direttore dell'istituto alla corrispondenza telefonica con i congiunti e conviventi, ovvero, allorché ricorrano ragionevoli e verificati motivi, con persone diverse dai congiunti e conviventi, una volta alla settimana. Essi possono, altresì, essere autorizzati ad effettuare una corrispondenza telefonica con i familiari o con le persone conviventi in occasione del loro rientro nell'istituto dal permesso o dalla licenza. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell’articolo 4-bis della legge e per i quali si applichi il divieto dei benefici ivi previsto, il numero dei colloqui telefonici non può essere superiore a due al mese.
3. L'autorizzazione può essere concessa, oltre i limiti stabiliti nel comma 2, in considerazione di motivi di urgenza o di particolare rilevanza, se la stessa si svolga con prole di età inferiore a dieci anni, nonché in caso di trasferimento del detenuto.
4. Gli imputati possono essere autorizzati alla corrispondenza telefonica con la frequenza e le modalità di cui ai commi 2 e 3 dall'autorità giudiziaria procedente o, dopo la sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza.
5. Il detenuto o l'internato che intende intrattenere corrispondenza telefonica deve rivolgere istanza scritta all'autorità competente, indicando il numero telefonico richiesto e le persone con cui deve corrispondere. L'autorizzazione concessa è efficace fino a che non ne intervenga la revoca. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 il richiedente deve anche indicare i motivi che consentono l'autorizzazione, che resta efficace, se concessa, solo fino a che sussistono i motivi indicati. La decisione sulla richiesta, sia in caso di accoglimento che di rigetto, deve essere motivata.
6. Il contatto telefonico viene stabilito dal personale dell'istituto con le modalità tecnologiche disponibili. La durata massima di ciascuna conversazione telefonica è di dieci minuti.
7. L'autorità giudiziaria competente a disporre il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare ai sensi dell'articolo 18 della legge può disporre che le conversazioni telefoniche vengano ascoltate e registrate a mezzo di idonee apparecchiature. E' sempre disposta la registrazione delle conversazioni telefoniche autorizzate su richiesta di detenuti o internati per i reati indicati nell'articolo 4-bis della legge.
8. La corrispondenza telefonica è effettuata a spese dell'interessato, anche mediante scheda telefonica prepagata.
9. La contabilizzazione della spesa avviene per ciascuna telefonata e contestualmente ad essa.
10. In caso di chiamata dall'esterno diretta ad avere corrispondenza telefonica con i detenuti e gli internati, all'interessato può essere data solo comunicazione del nominativo dichiarato dalla persona che ha chiamato, sempre che non ostino particolari motivi di cautela. Nel caso in cui la chiamata provenga da congiunto o convivente anch'esso detenuto si dà corso alla conversazione, purché entrambi siano stati regolarmente autorizzati ferme restando le disposizioni di cui al comma 7.
Uso di apparecchi radio e di altri strumenti
1. Ai detenuti e agli internati è consentito usare un apparecchio radio personale. Il direttore, inoltre, può autorizzare l'uso, anche nella camera di pernottamento, di personal computer e di lettori di nastri e di compact disc portatili per motivi di lavoro o di studio.
2. Apposite prescrizioni ministeriali stabiliranno le caratteristiche, le modalità di uso e la eventuale spesa convenzionale per energia elettrica.
Corsi di istruzione a livello della scuola d'obbligo
1. Il Ministero della pubblica istruzione, previe opportune intese con il Ministero della giustizia, impartisce direttive agli organi periferici della pubblica istruzione per l'organizzazione di corsi a livello della scuola d'obbligo, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 43, comma 1, relativamente alla scolarità obbligatoria nei corsi di istruzione secondaria superiore. L'attivazione, lo svolgimento e il coordinamento dei corsi di istruzione si attuano preferibilmente sulla base di protocolli di intesa fra i ministeri predetti.
2. Il dirigente dell’ufficio scolastico regionale, sulla base delle indicazioni e delle richieste formulate dalle direzioni degli istituti penitenziari e dai dirigenti scolastici, concerta con il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria la dislocazione e il tipo dei vari corsi a livello della scuola d'obbligo da istituire nell'ambito del provveditorato, secondo le esigenze della popolazione penitenziaria.
3. L'organizzazione didattica e lo svolgimento dei corsi sono curati dai competenti organi dell’amministrazione scolastica. Le direzioni degli istituti forniscono locali e attrezzature adeguate.
4. Le direzioni degli istituti curano che venga data adeguata informazione ai detenuti e agli internati dello svolgimento dei corsi scolastici e ne favoriscono la più ampia partecipazione. Le direzioni curano che gli orari di svolgimento dei corsi siano compatibili con la partecipazione di persone già impegnate in attività lavorativa o in altre attività organizzate nell'istituto. Sono evitati, in quanto possibile, i trasferimenti ad altri istituti dei detenuti ed internati impegnati in attività scolastiche, anche se motivati da esigenze di sfollamento, e qualunque intervento che possa interrompere la partecipazione a tali attività. Le direzioni, quando ritengono opportuno proporre il trasferimento di detenuti o internati che frequentano i corsi, acquisiscono in proposito il parere degli operatori dell'osservazione e trattamento e quello delle autorità scolastiche, pareri che sono uniti alla proposta di trasferimento trasmessa agli organi competenti a decidere. Se viene deciso il trasferimento, lo stesso è attuato, in quanto possibile, in un istituto che assicuri alla persona trasferita la continuità didattica.
5. Per lo svolgimento dei corsi e delle attività integrative dei relativi curricoli può essere utilizzato dalle autorità scolastiche, d'intesa con le direzioni degli istituti, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità didattica del personale scolastico.
6. In ciascun istituto penitenziario è costituita una commissione didattica, con compiti consultivi e propositivi, della quale fanno parte il direttore dell’istituto, che la presiede, il responsabile dell’area trattamentale e gli insegnanti. La commissione è convocata dal direttore e formula un progetto annuale o pluriennale di istruzione.
Corsi di formazione professionale
1. Le direzioni degli istituti favoriscono la partecipazione dei detenuti a corsi di formazione professionale, in base alle esigenze della popolazione detenuta, italiana e straniera, e alle richieste del mercato del lavoro. A tal fine promuovono accordi con la regione e gli enti locali competenti. Ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 21 della legge, i corsi possono svolgersi in tutto o in parte, con particolare riferimento alle esercitazioni pratiche, all'esterno degli istituti.
2. L’Amministrazione penitenziaria promuove protocolli d’intesa con gli enti locali che garantiscano al detenuto o internato la continuità della frequenza e la possibilità di conseguire il titolo di qualificazione anche dopo la dimissione.
3. Le direzioni degli istituti possono fornire locali e attrezzature adeguate e possono progettare, d’intesa con il provveditorato regionale, attività formative rispondenti a esigenze particolari dei detenuti e degli internati e tali da sviluppare il lavoro penitenziario.
4. Le direzioni degli istituti curano che venga data adeguata informazione ai detenuti ed agli internati dello svolgimento dei corsi e ne favoriscono la più ampia partecipazione. Le direzioni curano che gli orari di svolgimento dei corsi siano compatibili con la partecipazione di persone già impegnate in attività lavorativa o in altre attività organizzate in istituto. Sono evitati, in quanto possibile, i trasferimenti ad altri istituti dei detenuti ed internati impegnati nei corsi, anche se motivati da esigenze di sfollamento, e qualunque intervento che possa interrompere la partecipazione a tali attività. Le direzioni, quando il trasferimento di detenuti o internati che frequentano i corsi derivi da motivi di opportunità, acquisiscono in proposito il parere degli operatori dell’osservazione e trattamento e quello degli insegnanti, pareri che sono uniti alla proposta di trasferimento trasmessa agli organi competenti a decidere. Se viene deciso il trasferimento, lo stesso è attuato, in quanto possibile, in un istituto che assicuri alla persona trasferita la continuità didattica.
5. Per lo svolgimento dei programmi e per le attività integrative di essi, può essere utilizzato d’intesa con le direzioni degli istituti, il contributo volontario di persone qualificate, le quali operano sotto la responsabilità del personale degli enti locali.
6. Si applica il comma 6 dell’articolo 41.
Corsi di istruzione secondaria superiore
1. I corsi di istruzione secondaria superiore, comprensivi della scolarità obbligatoria prevista dalle vigenti disposizioni, sono organizzati, su richiesta dell’Amministrazione penitenziaria, dal ministero della pubblica istruzione a mezzo della istituzione di succursali di scuole del predetto livello in determinati istituti penitenziari. La dislocazione di tali succursali è decisa con riferimento alle indicazioni del protocollo di intesa di cui al comma 1 dell'articolo 41, assicurando la presenza di almeno una delle succursali predette in ogni regione.
2. A tali corsi sono ammessi detenuti e internati che manifestano seria aspirazione allo svolgimento degli studi e che debbano permanere in esecuzione della misura privativa della libertà per un periodo di tempo non inferiore ad un anno scolastico.
3. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 41.
4. Per agevolare i condannati e gli internati che non siano in condizioni di frequentare i corsi regolari, la direzione dell'istituto può concordare con un vicino istituto d’istruzione secondaria superiore le modalità di organizzazione di percorsi individuali di preparazione agli esami per l’accesso agli anni di studio intermedi dei corsi di istruzione secondaria superiore. A tal fine possono essere utilizzate anche persone dotate della necessaria qualificazione professionale. Analoga agevolazione è offerta agli imputati.
5. Sono stabilite intese con le autorità scolastiche per offrire la possibilità agli studenti di sostenere gli esami previsti per i vari corsi.
6. Qualora non sia possibile rendere compatibile lo svolgimento dei corsi di studio con quello della attività di lavoro, come previsto dal comma 4 dell'articolo 41, i condannati e gli internati, durante la frequenza dei corsi previsti dal comma 1 del presente articolo, sono esonerati dal lavoro. Coloro che seguono i corsi di preparazione di cui al comma 4 possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta.
Studi universitari
1. I detenuti e gli internati che risultano iscritti ai corsi di studio universitari o che siano in possesso dei requisiti per l'iscrizione a tali corsi sono agevolati per il compimento degli studi.
2. A tal fine, sono stabilite le opportune intese con le autorità accademiche per consentire agli studenti di usufruire di ogni possibile aiuto e di sostenere gli esami.
3. Coloro che seguono corsi universitari possono essere esonerati dal lavoro, a loro richiesta, in considerazione dell'impegno e del profitto dimostrati.
4. I detenuti e internati studenti universitari sono assegnati, ove possibile, in camere e reparti adeguati allo svolgimento dello studio, rendendo, inoltre, disponibili per loro appositi locali comuni. Gli studenti possono essere autorizzati a tenere nella propria camera e negli altri locali di studio i libri, le pubblicazioni e tutti gli strumenti didattici necessari al loro studio.
Benefici economici per gli studenti
1. Per la frequenza dei corsi di formazione professionale è corrisposto un sussidio orario nella misura determinata con decreto ministeriale.
2. I corsi possono svolgersi anche durante le ore lavorative solo nel caso in cui non risulti possibile lo svolgimento in tempi diversi da quelli delle attività di studio e di lavoro. In tal caso i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto, oltre al sussidio previsto nel comma 1 per le ore di effettiva frequenza ai corsi.
3. Per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado i detenuti ricevono un sussidio giornaliero nella misura determinata con decreto ministeriale per ciascuna giornata di frequenza o di assenza non volontaria. Nell'intervallo tra la chiusura dell'anno scolastico e l'inizio del nuovo corso agli studenti è corrisposto un sussidio ridotto per i giorni feriali, nella misura determinata con decreto ministeriale, purché abbiano superato con esito positivo il corso effettuato nell'anno scolastico e non percepiscano mercede.
4. A conclusione di ciascun anno scolastico agli studenti che seguono corsi individuali di scuola di istruzione secondaria di secondo grado e che hanno superato gli esami con effetti legali, nonché agli studenti che seguono corsi presso università pubbliche o equiparate e che hanno superato tutti gli esami del loro anno, vengono rimborsate, qualora versino in disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
5. I corsi a livello di scuola d'obbligo possono svolgersi anche durante le ore lavorative solo nel caso in cui non risulti possibile lo svolgimento in tempi diversi da quelli delle attività di studio e di lavoro, come indicato nel comma 4 dell'articolo 41. In tal caso, i detenuti e gli internati che li frequentano percepiscono, per il lavoro prestato, una mercede proporzionata al numero delle ore di lavoro effettivamente svolto.
6. Ai detenuti e agli internati che hanno superato con esito positivo il corso frequentato, è corrisposto un premio di rendimento nella misura stabilita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
7. I soggetti che fruiscono di assegni o borse di studio non percepiscono i benefici economici previsti dal presente articolo.
8. L'importo complessivo dei sussidi e dei premi di rendimento previsti dal presente articolo, è determinato annualmente con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Esclusione dai corsi di istruzione e di formazione professionale
1. Il detenuto o l'internato che, nei corsi di istruzione, anche individuale, o in quello di formazione professionale, tenga un comportamento che configuri sostanziale inadempimento dei suoi compiti è escluso dal corso.
2. Il provvedimento di esclusione dal corso è adottato dal direttore dell’istituto sentito il parere del gruppo di osservazione e trattamento e delle autorità scolastiche e deve essere motivato, particolarmente nel caso in cui l'esclusione sia disposta in difformità dal parere espresso dalle autorità predette. Il provvedimento può essere sempre revocato ove il complessivo comportamento del detenuto o dell’internato ne consenta la riammissione ai corsi.
Organizzazione del lavoro
1. Le lavorazioni penitenziarie, sia all'interno sia all'esterno dell'istituto, possono essere organizzate e gestite dalle direzioni degli istituti secondo le linee programmatiche determinate dai provveditorati. Allo stesso modo possono essere organizzate e gestite da imprese pubbliche e private e, in particolare, da imprese cooperative sociali, in locali concessi in comodato dalle direzioni. I rapporti fra la direzione e le imprese sono definiti con convenzioni che regolano anche l'eventuale utilizzazione, eventualmente in comodato, dei locali e delle attrezzature già esistenti negli istituti, nonché le modalità di addebito all'impresa delle spese sostenute per lo svolgimento della attività produttiva. I detenuti e internati che prestano la propria opera in tali lavorazioni dipendono, quanto al rapporto di lavoro, direttamente dalle imprese che le gestiscono. I datori di lavoro sono tenuti a versare alla direzione dell’istituto la retribuzione dovuta al lavoratore, al netto delle ritenute previste dalla legge, e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare sulla base della documentazione inviata dalla direzione. I datori di lavoro devono dimostrare alla direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.
2. Le lavorazioni interne dell'istituto sono organizzate, in quanto possibile, in locali esterni alle sezioni detentive, attrezzati con spazi per la consumazione dei pasti durante l'orario di lavoro.
3. Le convenzioni di cui al comma 1, particolarmente con cooperative sociali, possono anche avere ad oggetto servizi interni, come quello di somministrazione del vitto, di pulizia e di manutenzione dei fabbricati.
4. L'Amministrazione penitenziaria deve, di regola, utilizzare le lavorazioni penitenziarie per le forniture di vestiario e corredo, nonché per le forniture di arredi e quant'altro necessario negli istituti. Gli ordinativi di lavoro fra gli istituti non implicano alcun rapporto economico fra gli stessi, dovendosi solo accertare da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o del provveditorato regionale, secondo la rispettiva competenza, la fondatezza della richiesta e la possibilità di produzione dei beni necessari presso l'istituto al quale l'ordinativo viene indirizzato. Il ricorso per le forniture suindicate a imprese esterne si giustifica soltanto quando vi sia una significativa convenienza economica, per la valutazione della quale si deve tenere conto anche della funzione essenziale di attuazione del trattamento penitenziario alla quale devono assolvere le lavorazioni penitenziarie.
5. La produzione è destinata a soddisfare, nell'ordine, le commesse dell'Amministrazione penitenziaria, delle altre amministrazioni statali, di enti pubblici e di privati.
6. Le commesse di lavoro delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici sono distribuite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che a tal fine tiene gli opportuni contatti anche con i Provveditorati dello Stato. Le direzioni possono accogliere direttamente le commesse di lavoro provenienti dai privati.
7. Quando le commesse provengono da imprese pubbliche o private può essere convenuto che il committente fornisca materie prime e accessorie, attrezzature e personale tecnico. Del valore di queste prestazioni si tiene conto al fine di determinare le incidenze sui costi e il conseguente prezzo dei prodotti.
8. Se le commesse non sono sufficienti ad assorbire la capacità di mano d'opera delle lavorazioni penitenziarie, l'Amministrazione, previa analisi delle possibilità di assorbimento del mercato, può organizzare e gestire lavorazioni dirette alla produzione di determinati beni che vengono offerti in libera vendita anche a mezzo di imprese pubbliche.
9. Le direzioni degli istituti penitenziari, quando, per favorire la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro, ritengono opportuno vendere i prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo ai sensi del tredicesimo comma dell'articolo 20 della legge, richiedono informazioni sui prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto alla camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura, o all'ufficio tecnico erariale o all'autorità comunale, al fine di stabilire i prezzi di vendita dei prodotti.
10. I posti di lavoro a disposizione della popolazione detenuta di ciascun istituto sono fissati in un'apposita tabella predisposta dalla direzione e distinta tra lavorazioni interne, lavorazioni esterne, servizi di istituto. Nella tabella sono, altresì, indicati i posti di lavoro disponibili all'interno per il lavoro a domicilio, nonché i posti di lavoro disponibili all'esterno. La tabella è modificata secondo il variare della situazione ed è approvata dal provveditore regionale.
11. Negli istituti per minorenni particolare cura è esplicata nell'organizzazione delle attività lavorative per la formazione professionale.
Lavoro esterno
1. L'ammissione dei condannati e degli internati al lavoro all'esterno è disposta dalle direzioni solo quando ne è prevista la possibilità nel programma di trattamento e diviene esecutiva solo quando il provvedimento sia stato approvato dal magistrato di sorveglianza ai sensi del quarto comma dell'articolo 21 della legge.
2. L'ammissione degli imputati al lavoro all'esterno, disposta dalle direzioni su autorizzazione della competente autorità giudiziaria ai sensi del secondo comma dell'articolo 21 della legge, è comunicata al magistrato di sorveglianza.
3. La direzione dell'istituto deve motivare la richiesta di approvazione del provvedimento o la richiesta di autorizzazione all'ammissione al lavoro all'esterno, anche con riguardo all'opportunità della previsione della scorta, corredandola di tutta la necessaria documentazione.
4. Il magistrato di sorveglianza o l'autorità giudiziaria procedente, a seconda dei casi, nell'approvare il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno del condannato o internato o nell'autorizzare l'ammissione al lavoro all'esterno dell'imputato, deve tenere conto del tipo di reato, della durata, effettiva o prevista, della misura privativa della libertà e della residua parte di essa, nonché dell'esigenza di prevenire il pericolo che l'ammesso al lavoro all'esterno commetta altri reati.
5. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno indossano abiti civili; ad essi non possono essere imposte manette.
6. La scorta dei detenuti e degli internati ammessi al lavoro all'esterno, qualora sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, è effettuata dal personale del Corpo di polizia penitenziaria con le modalità stabilite dalla direzione dell'istituto. Il personale del Corpo di polizia penitenziaria specificamente comandato, nonché il personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri possono effettuare controlli del detenuto durante il lavoro all’esterno.
7. L'accompagnamento dei minori ai luoghi di lavoro esterno, qualora sia ritenuto necessario per motivi di sicurezza, può essere effettuato da personale dell'Amministrazione penitenziaria appartenente a ogni qualifica.
8. Al fine di consentire l'assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro all'esterno il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ricerca, nell’ambito della disciplina vigente, forme di collaborazione con le autorità competenti.
9. Il provveditore regionale impartisce disposizioni alle direzioni degli istituti dipendenti per favorire la piena occupazione dei posti di lavoro disponibili all'esterno.
10. I datori di lavoro dei detenuti o internati sono tenuti a versare alla direzione dell’istituto la retribuzione, al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al lavoratore e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare sulla base della documentazione inviata alla direzione. I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.
11. I detenuti e gli internati ammessi al lavoro all'esterno esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi, con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privata della libertà.
12. L'ammissione al lavoro all'esterno per lo svolgimento di lavoro autonomo può essere disposta, ove sussistano le condizioni di cui al primo comma dell'articolo 21 della legge, solo se trattasi di attività regolarmente autorizzata dagli organi competenti ed il detenuto o l'internato dimostri di possedere le attitudini necessarie e si possa dedicare ad essa con impegno professionale. Il detenuto o l'internato è tenuto a versare alla direzione dell'istituto l'utile finanziario derivante dal lavoro autonomo svolto e su di esso vengono effettuati i prelievi ai sensi del primo comma dell'articolo 24 della legge.
13. Nel provvedimento di assegnazione al lavoro all'esterno senza scorta devono essere indicate le prescrizioni che il detenuto o internato deve impegnarsi per iscritto a rispettare durante il tempo da trascorrere fuori dall'istituto, nonché quelle relative agli orari di uscita e di rientro, tenuto anche conto della esigenza di consumazione dei pasti e del mantenimento dei rapporti con la famiglia, secondo le indicazioni del programma di trattamento. Inoltre, l'orario di rientro deve essere fissato all'interno di una fascia oraria che preveda l'ipotesi di ritardo per forza maggiore. Scaduto il termine previsto da tale fascia oraria, viene inoltrato a carico del detenuto rapporto per il reato previsto dall'articolo 385 del codice penale.
14. La direzione dell'istituto provvede a consegnare al detenuto o internato ed a trasmettere al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale ed al direttore del centro di servizio sociale copia del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno, dandone notizia all'autorità di pubblica sicurezza del luogo in cui si dovrà svolgere il lavoro all'esterno.
15. Le eventuali modifiche delle prescrizioni e la revoca del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno sono comunicate al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al provveditore regionale e al magistrato di sorveglianza, per i condannati e gli internati, o alla autorità giudiziaria procedente, per gli imputati. La revoca del provvedimento di ammissione al lavoro esterno diviene esecutiva dopo l’approvazione del magistrato di sorveglianza. Il direttore dell’istituto può disporre con provvedimento motivato la sospensione dell’efficacia dell’ammissione al lavoro all’esterno in attesa della approvazione da parte del magistrato di sorveglianza del provvedimento di revoca.
16. I controlli di cui al terzo comma dell'articolo 21 della legge sono diretti a verificare che il detenuto o l'internato osservi le prescrizioni dettategli e che il lavoro si svolga nel pieno rispetto dei diritti e della dignità.
17. La disposizione di cui al terzo comma dell'articolo 21 della legge si applica anche nel caso di ammissione al lavoro all'esterno per svolgere un lavoro autonomo.
18. Quando il lavoro si svolge presso imprese pubbliche, il direttore dell'istituto cura l’adozione di precisi accordi con i responsabili di dette imprese per l'immediata segnalazione alla direzione stessa di eventuali comportamenti del detenuto o internato lavoratore che richiedano interventi di controllo.
Criteri di priorità per l'assegnazione al lavoro all'interno degli istituti
1. Nella determinazione delle priorità per l'assegnazione dei detenuti e degli internati al lavoro si ha riguardo agli elementi indicati nel sesto comma dell'articolo 20 della legge.
2. Il direttore dell’istituto assicura imparzialità e trasparenza nelle assegnazioni al lavoro avvalendosi anche del gruppo di osservazione e trattamento.
Obbligo del lavoro
1. I condannati e i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro, che non siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro all'esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati nel sesto comma dell'articolo 20 della legge, sono tenuti a svolgere un'altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell'istituto.
Attività artigianali, intellettuali o artistiche
1. Le attività artigianali, intellettuali e artistiche si svolgono, fuori delle ore destinate al lavoro ordinario, in appositi locali o, in casi particolari, nelle camere, se ciò non comporti l'uso di attrezzi ingombranti o pericolosi o non arrechi molestia.
2. Gli imputati possono essere ammessi ad esercitare tali attività, a loro richiesta, anche nelle ore dedicate al lavoro.
3. I condannati e gli internati che richiedono di svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche durante le ore di lavoro, possono esservi autorizzati ed esonerati dal lavoro ordinario, quando dimostrino di possedere le attitudini previste dal quattordicesimo comma dell'articolo 20 della legge e si dedichino ad esse con impegno professionale.
4. Le autorizzazioni, sentito il gruppo di osservazione e trattamento, sono date dal direttore dell’istituto che determina le prescrizioni da osservare anche in relazione al rimborso delle spese eventualmente sostenute dall'Amministrazione.
5. Può essere consentito l'invio dei beni prodotti a destinatari fuori dall'istituto, senza spese per l'Amministrazione.
6. Sull'utile finanziario derivante dall'attività artigianale, intellettuale o artistica, percepito dal condannato o dall'internato, anche in semilibertà o al lavoro all'esterno, vengono effettuati i prelievi ai sensi dell'articolo 24, primo comma, della legge.
Lavoro a domicilio
1. Il lavoro a domicilio all'interno dell'istituto penitenziario può essere svolto, nel rispetto della normativa in materia, anche durante le ore destinate al lavoro ordinario, con l'osservanza delle modalità e condizioni di cui all'articolo 51.
Esclusione dalle attività lavorative
1. L’esclusione dall’attività lavorativa è adottata dal direttore dell’istituto, sentito il parere dei componenti del gruppo di osservazione, nonché, se del caso, del preposto alle lavorazioni e del datore di lavoro, nei casi in cui il detenuto o l’internato manifesti un sostanziale rifiuto nell'adempimento dei suoi compiti e doveri lavorativi.
Lavoro in semilibertà
1. I datori di lavoro dei condannati e degli internati in regime di semilibertà sono tenuti a versare alla direzione dell'istituto la retribuzione al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare dovuti al lavoratore. I datori di lavoro devono anche dimostrare alla stessa direzione l'adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.
2. I condannati e gli internati ammessi al lavoro in semilibertà esercitano i diritti riconosciuti ai lavoratori liberi con le sole limitazioni che conseguono agli obblighi inerenti alla esecuzione della misura privativa della libertà.
3. I condannati e gli internati ammessi al lavoro autonomo in semilibertà versano alla direzione dell’istituto i corrispettivi al netto delle ritenute non appena percepiti.
Assegni per il nucleo familiare
1. I detenuti e gli internati lavoratori devono fornire alla direzione dell'istituto la documentazione, per essi prescritta, intesa a dimostrare il diritto agli assegni per il nucleo familiare per le persone a carico.
2. Qualora il detenuto o l'internato non provveda a fornire la documentazione, la direzione ne informa le persone a carico, invitandole a provvedervi.
3. Ove i soggetti o le persone a carico incontrino difficoltà nella produzione dei documenti richiesti, la direzione provvede direttamente all’acquisizione, chiedendo agli uffici competenti le certificazioni necessarie.
4. Gli importi sono consegnati direttamente alle persone a carico o spediti alle stesse.
5. Se la persona a carico è incapace, gli assegni sono versati al suo legale rappresentante o, se questi è lo stesso detenuto o internato, alla persona a cui l'incapace è affidato.
Prelievi sulla remunerazione
1. Il prelievo della quota di remunerazione a titolo di rimborso delle spese di mantenimento e i prelievi previsti dal secondo comma, numeri 1) e 3), dell'articolo 145 del codice penale nei confronti dei condannati si effettuano in occasione di ogni liquidazione della remunerazione.
2. Ferma restando la competenza del giudice dell'esecuzione per le controversie relative all'attribuzione e alla liquidazione delle spese di mantenimento, sui reclami relativi all'ordine seguito nei prelievi di cui all'articolo 145 del codice penale decide il magistrato di sorveglianza.
Peculio
1. Il peculio dei condannati e degli internati si distingue in fondo vincolato e fondo disponibile.
2. E' destinata al fondo vincolato la quota di un quinto della mercede. La rimanente parte del peculio costituisce il fondo disponibile, che non può superare il limite di due milioni di lire. L'eventuale eccedenza non fa parte del peculio e, salvo che non debba essere immediatamente utilizzata per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe o ammende, nonché al pagamento di debiti, viene inviata ai familiari o conviventi secondo le indicazioni dell'interessato, o depositata a suo nome presso un istituto bancario o un ufficio postale.
3. Il fondo vincolato non può essere utilizzato nel corso della esecuzione delle misure privative della libertà. Tuttavia, in considerazione di particolari motivi, il direttore dell'istituto può autorizzare l'utilizzazione di parte del fondo vincolato.
4. Il fondo disponibile può essere usato per invii ai familiari o conviventi, per acquisti autorizzati, per la corrispondenza, per spese inerenti alla difesa legale, al pagamento di multe, ammende o debiti e per tutti gli altri usi rispondenti a finalità trattamentali. Il pagamento delle spese inerenti alla difesa legale avviene su presentazione della parcella o della richiesta scritta di anticipo sulla medesima, recante l'indicazione degli estremi del procedimento, se questo è in corso; una copia della parcella o della richiesta di anticipo viene conservata dalla direzione dell'istituto.
5. Il peculio degli imputati è interamente disponibile e non può superare il limite di quattro milioni.
6. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria stabilisce, all'inizio di ciascun anno, l'ammontare delle somme che possono essere spese per gli acquisti e la corrispondenza e di quelle che possono essere inviate ai familiari o conviventi.
7. La disposizione del comma 6 è derogabile su autorizzazione del direttore dell’istituto solo per acquisti di strumenti, oggetti e libri occorrenti per attività di studio e di lavoro.
8. La direzione dell'istituto, alla fine di ciascun anno finanziario, procede alla determinazione e all'accredito degli interessi legali maturati sul peculio di ciascun detenuto o internato presente nell'istituto.
9. Gli interessi si calcolano sui saldi di fine mese.
10. Al detenuto o all'internato dimesso la direzione dell'istituto corrisponde la somma costituente il peculio e l'importo degli interessi maturati. Il fondo dei detenuti e degli internati eccedente gli ordinari bisogni della cassa dell'istituto per il servizio relativo al fondo stesso è versato alla Cassa depositi e prestiti. L'ammontare degli interessi corrisposti dalla Cassa depositi e prestiti è versato all'erario.
11. Al condannato o all'internato ammesso al regime di semilibertà sono consegnate somme in contanti prelevate dal fondo disponibile, in relazione alle spese che egli deve sostenere, anche in eccesso al limite fissato nel comma 6.
12. Al detenuto o all'internato in permesso o in licenza è consegnata una somma in contanti prelevata dal peculio disponibile, nella misura richiesta dalle circostanze.
13. I limiti di somme determinati nel presente articolo possono essere variati con decreto del Ministro della giustizia.
Manifestazioni della libertà religiosa
1. I detenuti e gli internati hanno diritto di partecipare ai riti della loro confessione religiosa purché compatibili con l’ordine e la sicurezza dell’istituto e non contrari alla legge, secondo le disposizioni del presente articolo.
2.E' consentito ai detenuti e agli internati che lo desiderino di esporre, nella propria camera individuale o nel proprio spazio di appartenenza nella camera a più posti, immagini e simboli della propria confessione religiosa.
3. E' consentito, durante il tempo libero, a singoli detenuti e internati di praticare il culto della propria professione religiosa, purché non si esprima in comportamenti molesti per la comunità.
4. Per la celebrazione dei riti del culto cattolico, ogni istituto è dotato di una o più cappelle in relazione alle esigenze del servizio religioso. Fino all’entrata in vigore della disciplina che sarà adottata a seguito delle intese di cui all’articolo 11, comma 2, dell’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato e reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121, le pratiche di culto, l'istruzione e l’assistenza spirituale dei cattolici sono assicurate da uno o più cappellani in relazione alle esigenze medesime; negli istituti in cui operano più cappellani, l'incarico di coordinare il servizio religioso è affidato ad uno di essi dal provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, ovvero, se trattasi di istituti per minorenni, dal direttore del centro di rieducazione minorenni, sentito l'ispettore dei cappellani.
5. Per l'istruzione religiosa o le pratiche di culto di appartenenti ad altre confessioni religiose, anche in assenza di ministri di culto, la direzione dell'istituto mette a disposizione idonei locali.
6. La direzione dell'istituto, al fine di assicurare ai detenuti e agli internati che ne facciano richiesta, l'istruzione e l'assistenza spirituale, nonché la celebrazione dei riti delle confessioni diverse da quella cattolica, si avvale dei ministri di culto indicati da quelle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato italiano sono regolati con legge; si avvale altresì dei ministri di culto indicati a tal fine dal Ministero dell’interno; può, comunque, fare ricorso, anche fuori dei casi suindicati, a quanto disposto dall'articolo 17, secondo comma, della legge.
Attività culturali, ricreative e sportive
1. I programmi delle attività culturali, ricreative e sportive sono articolati in modo da favorire possibilità di espressioni differenziate. Tali attività devono essere organizzate in modo da favorire la partecipazione dei detenuti e internati lavoratori e studenti.
2. I programmi delle attività sportive sono rivolti, in particolare, ai giovani; per il loro svolgimento deve essere sollecitata la collaborazione degli enti nazionali e locali preposti alla cura delle attività sportive.
3. I rappresentanti dei detenuti e degli internati nella commissione prevista dall'articolo 27 della legge sono nominati con le modalità indicate dall'articolo 67 del presente regolamento, nel numero di tre o cinque, rispettivamente, per gli istituti con un numero di detenuti o di internati presenti non superiore o superiore a cinquecento unità.
4. La commissione, avvalendosi anche della collaborazione dei detenuti e degli internati indicati nell'articolo 71, cura l'organizzazione delle varie attività in corrispondenza alle previsioni dei programmi.
5. Le riunioni delle commissioni si svolgono durante il tempo libero.
6. Nella organizzazione e nello svolgimento delle attività, la direzione può avvalersi dell'opera degli assistenti volontari e delle persone indicate nell'articolo 17 della legge.
Attività organizzate per i detenuti e gli internati che non lavorano
1. La direzione si adopera per organizzare, in coincidenza con le ore di lavoro, attività di tempo libero per i soggetti che, indipendentemente dalla loro volontà, non svolgono attività lavorativa.
Rapporti con la famiglia e progressione nel trattamento
1. La predisposizione dei programmi di intervento per la cura dei rapporti dei detenuti e degli internati con le loro famiglie è concertata fra i rappresentanti delle direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale.
2. Particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale. A tal fine, secondo le specifiche indicazioni del gruppo di osservazione, il direttore dell’istituto può:
a) concedere colloqui oltre quelli previsti dall’articolo 37;
b) autorizzare la visita da parte delle persone ammesse ai colloqui, con il permesso di trascorrere parte della giornata insieme a loro in appositi locali o all'aperto e di consumare un pasto in compagnia, ferme restando le modalità previste dal secondo comma dell'articolo 18 della legge.
Comunicazione dell'ingresso in istituto
1. Immediatamente dopo l'ingresso nell'istituto penitenziario, sia in caso di provenienza dalla libertà, sia in caso di trasferimento, al detenuto e all'internato viene richiesto, da parte degli operatori penitenziari, se intenda dar notizia del fatto a un congiunto o ad altra persona indicata e, in caso positivo, se vuole avvalersi del mezzo postale ordinario o telegrafico. Della dichiarazione è redatto processo verbale.
2. La comunicazione, contenuta in una lettera in busta aperta o in modulo di telegramma e limitata alla sola notizia relativa al primo ingresso nell'istituto penitenziario o all'avvenuto trasferimento, è presentata alla direzione, che provvede immediatamente all'inoltro, a carico dell'interessato. Se si tratta di minore o di detenuto o internato privo di fondi, la spesa è a carico dell'Amministrazione.
3. Se si tratta di straniero, l’ingresso nell’istituto è comunicato all'autorità consolare nei casi e con le modalità previste dalla normativa vigente.
Comunicazione di infermità e di decessi
1. In caso di grave infermità fisica o psichica o di decesso di un detenuto o di un internato, la direzione dell’istituto ne dà immediata comunicazione a un congiunto e alla persona eventualmente da lui indicata, a cura e spese dell’Amministrazione con il mezzo più rapido e le modalità più opportune.
2. Non appena la direzione dell’istituto ha notizia della grave infermità o del decesso di un congiunto del detenuto o dell’internato, o di altra persona con cui questi è abitualmente in contatto, deve darne immediata comunicazione all’interessato nelle forme più convenienti.
3. Del decesso di un detenuto o di un internato è data immediata comunicazione anche al magistrato di sorveglianza.
Permessi
1. I permessi previsti dal primo e secondo comma dell'articolo 30 della legge sono concessi su domanda e hanno una durata massima di cinque giorni, oltre al tempo necessario per raggiungere il luogo dove il detenuto o l'internato deve recarsi.
2. Nel provvedimento di concessione sono stabilite le opportune prescrizioni ed è in ogni caso specificato se il detenuto o l'internato deve o meno essere scortato per tutto o per parte del tempo del permesso, avuto riguardo alla personalità del soggetto e all'indole del reato di cui è imputato o per il quale è stato condannato.
3. Al fine di acquisire elementi di valutazione sulla personalità del soggetto, il magistrato di sorveglianza o la competente autorità giudiziaria chiede alla direzione dell'istituto le necessarie informazioni.
4. Per i permessi di durata superiore alle dodici ore può esser disposto che il detenuto o l'internato trascorra la notte in un istituto penitenziario.
5. Le operazioni di scorta sono effettuate dal Corpo di polizia penitenziaria. Nel provvedimento di concessione del permesso possono essere specificate le modalità.
6. Nel caso in cui risulti che il permesso deve essere eseguito in luogo diverso da quello indicato nel provvedimento, vengono rinnovati con la massima urgenza, se necessario, gli accertamenti con riferimento alla situazione e al luogo di effettiva esecuzione. Il conseguente provvedimento è comunicato ai sensi del terzo comma dell'articolo 30-bis della legge.
Permessi premio
1. Il direttore dell'istituto deve corredare la domanda del condannato di concessione del permesso premio con l'estratto della cartella personale contenente tutte le notizie di cui all'articolo 26, esprimendo il proprio parere motivato al magistrato di sorveglianza, avuto riguardo alla condotta del condannato, alla sua pericolosità sociale, ai motivi addotti, ai risultati dell'osservazione scientifica della personalità espletata e del trattamento rieducativo praticato, nonché alla durata della pena detentiva inflitta ed alla durata della pena ancora da scontare.
2. Nell'adottare il provvedimento di concessione il magistrato di sorveglianza stabilisce le opportune prescrizioni relative alla dimora e, ove occorra, al domicilio del condannato durante il permesso, sulla base delle informazioni eventualmente assunte, ad integrazione di quelle già disponibili, a mezzo degli organi di polizia.
3. Durante il permesso premio, i controlli del condannato sono effettuati dall'Arma dei carabinieri o dalla Polizia di Stato. In casi particolari l’Amministrazione penitenziaria può disporre ulteriori controlli da parte del personale del Corpo di polizia penitenziaria.
4. In fase di esecuzione del provvedimento, gli operatori penitenziari, designati dal direttore dell'istituto e da quello del centro di servizio sociale, forniscono, se necessario, al condannato e ai servizi assistenziali territoriali le indicazioni utili a stabilire validi collegamenti per gli eventuali problemi di competenza degli enti locali.
5. Qualora il permesso premio debba essere fruito in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, il direttore dell'istituto di provenienza ne dà comunicazione alla direzione dell'istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente competenti, affinché, di concerto con gli operatori sociali del territorio, possano effettuare gli interventi di competenza secondo quanto previsto dai commi 4 e 6, riferendo poi alle direzioni dell'istituto e del centro di servizio sociale competenti.
6. Il condannato in permesso, in caso di necessità, può rivolgersi all'istituto ed al centro di servizio sociale territorialmente competenti, che saranno informati e forniti di documentazione adeguata nei tempi più rapidi. L'interessato può segnalare le proprie esigenze, in ordine alle quali l'istituto o il centro si attiva per dare la più opportuna e tempestiva risposta secondo le rispettive competenze istituzionali.
Comunicazioni all’autorità di pubblica sicurezza
1. Dei provvedimenti esecutivi di concessione dei permessi previsti dagli articoli 64 e 65 il direttore dell'istituto presso il quale l'interessato si trova dà notizia senza ritardo al questore e all’ufficio di polizia nel cui territorio è sito il comune ove il permesso deve essere fruito.
Garanzie di sorteggio delle rappresentanze
1. Le modalità dei sorteggi dei componenti delle rappresentanze previste dagli articoli 9, 12, 20 e 27 della legge sono disciplinate dal regolamento interno in maniera da garantire uguali possibilità di nomina per tutti i detenuti e gli internati. Con il medesimo sorteggio sono nominati i rappresentanti in carica e i loro sostituti.
2. I detenuti e gli internati nominati nelle rappresentanze previste dagli articoli 12, 20 e 27 della legge durano in carica quattro mesi.
Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa
1. La direzione dell'istituto promuove la partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa, avvalendosi dei contributi di privati cittadini e delle istituzioni o associazioni pubbliche o private previste dall'articolo 17 della legge.
2. La direzione dell'istituto esamina con i privati e con gli appartenenti alle istituzioni o associazioni le iniziative da realizzare all'interno dell'istituto e trasmette proposte al magistrato di sorveglianza, con il suo parere, anche in ordine ai compiti da svolgere e alle modalità della loro esecuzione.
3. Il magistrato di sorveglianza, nell'autorizzare gli ingressi in istituto, stabilisce le condizioni che devono essere rispettate nello svolgimento dei compiti.
4. La direzione dell'istituto cura che le iniziative indicate ai commi precedenti siano svolte in piena integrazione con gli operatori penitenziari. A tal fine, le persone autorizzate hanno accesso agli istituti secondo le modalità e i tempi previsti per le attività alle quali collaborano.
5. In caso di inosservanza delle condizioni o di comportamento pregiudizievole all'ordine e alla sicurezza dell'istituto, il direttore comunica al magistrato di sorveglianza il venir meno del proprio parere favorevole, per i provvedimenti conseguenti, disponendo eventualmente, con provvedimento motivato, la sospensione dell’efficacia del provvedimento autorizzativo.
6. Al fine di sollecitare la disponibilità di persone ed enti idonei e per programmarne periodicamente la collaborazione, la direzione dell'istituto e quella del centro servizio sociale, di concerto fra loro, curano la partecipazione della comunità al reinserimento sociale dei condannati e degli internati e le possibili forme di essa.
CAPO IV
Regime penitenziario
Informazioni sulle norme e sulle disposizioni che regolano la vita penitenziaria
1. In ogni istituto penitenziario devono essere tenuti, presso la biblioteca o altro locale a cui i detenuti possono accedere, i testi della legge, del presente regolamento, del regolamento interno nonché delle altre disposizioni attinenti ai diritti e ai doveri dei detenuti e degli internati, alla disciplina e al trattamento.
2. All'atto dell'ingresso, a ciascun detenuto o internato è consegnato un estratto delle principali norme di cui al comma 1, con l'indicazione del luogo dove è possibile consultare i testi integrali. L'estratto suindicato è fornito nelle lingue più diffuse tra i detenuti e internati stranieri.
3. Di ogni successiva disposizione nelle materie indicate nel comma 1 è data notizia ai detenuti e agli internati.
4. L'osservanza da parte dei detenuti e degli internati delle norme e delle disposizioni che regolano la vita penitenziaria deve essere ottenuta anche attraverso il chiarimento delle ragioni delle medesime.
Norme di comportamento
1. I detenuti e gli internati hanno l'obbligo di osservare le norme che regolano la vita penitenziaria e le disposizioni impartite dal personale; devono tenere un contegno rispettoso nei confronti degli operatori penitenziari e di coloro che visitano l'istituto.
2. I detenuti e gli internati, nei reciproci contatti, devono tenere un comportamento corretto.
3. Nei rapporti reciproci degli operatori penitenziari con i detenuti e gli internati deve essere usato il «lei».
Compiti di animazione e di assistenza
1. A singoli detenuti o internati, che dimostrino particolari attitudini a collaborare per il proficuo svolgimento dei programmi dell'istituto possono essere affidate dalla direzione mansioni che comportino compiti di animazione nelle attività di gruppo, di carattere culturale, ricreativo e sportivo, nonché di assistenza nelle attività di lavoro in comune.
2. Le mansioni suddette sono espletate sotto la diretta supervisione del personale, il quale deve garantire che in nessuna circostanza l'esercizio di esse importi un potere disciplinare o possa servire come pretesto per l'acquisizione di una posizione di preminenza sugli altri detenuti o internati.
Risarcimento dei danni arrecati a beni dell'Amministrazione o di terzi
1. In caso di danni a cose mobili o immobili dell'Amministrazione, la direzione svolge indagini intese ad accertare l'ammontare del danno e a identificare il responsabile valutandone la colpa.
2. All'esito degli accertamenti e dopo aver sentito l'interessato, la direzione notifica per iscritto l'addebito al responsabile, invitandolo al risarcimento e fissandone le modalità, le quali possono comportare anche pagamenti rateali.
3. La somma dovuta a titolo di risarcimento viene prelevata dal peculio disponibile.
4. In caso di danni a cose appartenenti ad altri detenuti o internati, la direzione dell'istituto si adopera per favorire il risarcimento spontaneo.
5. Il risarcimento spontaneo è considerato come circostanza attenuante nell’eventuale procedimento disciplinare.
Isolamento
1. L'isolamento continuo per ragioni sanitarie è prescritto dal medico nei casi di malattia contagiosa. Esso è eseguito, secondo le circostanze, in appositi locali dell'infermeria o in un reparto clinico. Durante l'isolamento, speciale cura è dedicata dal personale all'infermo anche per sostenerlo moralmente. L'isolamento deve cessare non appena sia venuto meno lo stato contagioso.
2. L'isolamento continuo durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune è eseguito in una camera ordinaria, a meno che il comportamento del detenuto o dell'internato sia tale da arrecare disturbo o da costituire pregiudizio per l'ordine e la disciplina. Anche in tal caso, l'isolamento si esegue in locali con le caratteristiche di cui all’articolo 6 della legge.
3. Ai detenuti e gli internati, nel periodo di esclusione dalle attività in comune di cui al comma 2, è precluso di comunicare con i compagni.
4. L'isolamento diurno nei confronti dei condannati all'ergastolo non esclude l'ammissione degli stessi alle attività lavorative, nonché di istruzione e formazione diverse dai normali corsi scolastici, ed alle funzioni religiose.
5. Sono assicurati il vitto ordinario e la normale disponibilità di acqua.
6. Le condizioni delle persone sottoposte ad indagini preliminari che sono in isolamento non devono differire da quelle degli altri detenuti, salvo le limitazioni disposte dall'autorità giudiziaria che procede.
7. La situazione di isolamento dei detenuti e degli internati deve essere oggetto di particolare attenzione, con adeguati controlli giornalieri nel luogo di isolamento, da parte sia di un medico sia di un componente del gruppo di osservazione e trattamento, e con vigilanza continuativa ed adeguata da parte del personale del Corpo di polizia penitenziaria.
8. Non possono essere utilizzate sezioni o reparti di isolamento per casi diversi da quelli previsti per legge.
Perquisizioni
1. Le operazioni di perquisizione previste dall'articolo 34 della legge sono effettuate dal personale del Corpo di polizia penitenziaria alla presenza di un appartenente a tale Corpo di qualifica non inferiore a quella di vice sovrintendente. Il personale che effettua la perquisizione e quello che vi presenzia deve essere dello stesso sesso del soggetto da perquisire.
2. La perquisizione può non essere eseguita quando è possibile compiere l'accertamento con strumenti di controllo.
3. Le perquisizioni nelle camere dei detenuti e degli internati devono essere effettuate con rispetto della dignità dei detenuti nonché delle cose di appartenenza degli stessi.
4. Il regolamento interno stabilisce quali sono le situazioni, con quella prevista dall'articolo 83, in cui si effettuano perquisizioni ordinarie.
5. Per procedere a perquisizione fuori dei casi ordinari è necessario l'ordine del direttore.
6. Per operazioni di perquisizione generale il direttore può avvalersi, in casi eccezionali, della collaborazione di personale appartenente alla Polizia di Stato ed alle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza secondo le disposizioni vigenti.
7. In casi di particolare urgenza, il personale procede di sua iniziativa alla perquisizione, informandone immediatamente il direttore, specificando i motivi che hanno determinato l'urgenza.
Istanze e reclami
1. Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell’istituto devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. Gli accessi in istituto del magistrato di sorveglianza e del provveditore regionale sono annotati in un registro riservato a ciascuna delle due autorità, nel quale le stesse indicano i rilievi emersi a seguito degli accessi predetti. Anche il direttore annota in apposito registro le udienze effettuate.
2. Ai detenuti e agli internati che lo richiedono è fornito l’occorrente per redigere per iscritto istanze e reclami alle autorità indicate nell’articolo 35 della legge.
3. Qualora il detenuto o l’internato intenda avvalersi della facoltà di usare il sistema della busta chiusa, dovrà provvedere direttamente alla chiusura della stessa apponendo all’esterno la dicitura «riservata». Se il mittente è privo di fondi, si provvede a cura della direzione.
4. Il magistrato di sorveglianza e il personale dell’Amministrazione penitenziaria informano, nel più breve tempo possibile, il detenuto o l’internato che ha presentato istanza o reclamo, orale o scritto, dei provvedimenti adottati e dei motivi che ne hanno determinato il mancato accoglimento.
Ricompense
1. Le ricompense sono concesse su iniziativa del direttore ai detenuti e agli internati che si sono distinti per:
a) particolare impegno nello svolgimento del lavoro;
b) particolare impegno e profitto nei corsi scolastici e di addestramento professionale;
c) attiva collaborazione nell'organizzazione e nello svolgimento delle attività culturali, ricreative e sportive;
d) particolare sensibilità e disponibilità nell'offrire aiuto ad altri detenuti o internati, per sostenerli moralmente nei momenti di difficoltà di fronte a loro problemi personali;
e) responsabile comportamento in situazioni di turbamento della vita dell'istituto, diretto a favorire atteggiamenti collettivi di ragionevolezza;
f) atti meritori di valore civile.
2. I comportamenti suindicati sono ricompensati con:
a) encomio;
b) proposta di concessione dei benefici indicati negli articoli 47, 47-ter, 50, 52, 53, 54 e 56 della legge e 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, sempre che ne ricorrano i presupposti;
c) proposta di grazia, di liberazione condizionale e di revoca anticipata della misura di sicurezza.
3. La ricompensa di cui alla lettera a) del comma 2 è concessa dal direttore, quelle di cui alle lettere b) e c) dello stesso comma sono concesse dal consiglio di disciplina, sentito il gruppo di osservazione.
4. Nella scelta del tipo e delle modalità delle ricompense da concedere si deve tenere conto della rilevanza del comportamento nonché della condotta abituale del soggetto.
5. Delle ricompense concesse all'imputato è data comunicazione all'autorità giudiziaria che procede.
Infrazioni disciplinari e sanzioni
1. Le sanzioni disciplinari sono inflitte ai detenuti e agli internati che si siano resi responsabili di:
1) negligenza nella pulizia e nell'ordine della persona o della camera;
2) abbandono ingiustificato del posto assegnato;
3) volontario inadempimento di obblighi lavorativi;
4) atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità;
5) giochi o altre attività non consentite dal regolamento interno;
6) simulazione di malattia;
7) traffico di beni di cui è consentito il possesso;
8) possesso o traffico di oggetti non consentiti o di denaro;
9) comunicazioni fraudolente con l'esterno o all'interno nei casi indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma dell'articolo 33 della legge;
10) atti osceni o contrari alla pubblica decenza;
11) intimidazione di compagni o sopraffazioni nei confronti dei medesimi;
12) falsificazione di documenti provenienti dall'Amministrazione affidati alla custodia del detenuto o dell'internato;
13) appropriazione o danneggiamento di beni dell'Amministrazione;
14) possesso o traffico di strumenti atti ad offendere;
15) atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell'istituto per ragioni del loro ufficio o per visita;
16) inosservanza di ordini o prescrizioni o ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi;
17) ritardi ingiustificati nel rientro previsti dagli articoli 30, 30-ter, 51, 52 e 53 della legge;
18) partecipazione a disordini o a sommosse;
19) promozione di disordini o di sommosse;
20) evasione;
21) fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori.
2. Le sanzioni disciplinari sono inflitte anche nell'ipotesi di tentativo delle infrazioni sopra elencate.
3. La sanzione dell'esclusione dalle attività in comune non può essere inflitta per le infrazioni previste nei numeri da 1) a 8) del comma 1, salvo che l'infrazione sia stata commessa nel termine di tre mesi dalla commissione di una precedente infrazione della stessa natura.
4. Delle sanzioni inflitte all'imputato è data notizia all'autorità giudiziaria che procede.
Provvedimenti disciplinari in via cautelare
1. In caso di assoluta urgenza, determinata dalla necessità di prevenire danni a persone o a cose, nonché l'insorgenza o la diffusione di disordini o in presenza di fatti di particolare gravità per la sicurezza e l'ordine dell'istituto, il direttore può disporre, in via cautelare, con provvedimento motivato, che il detenuto o l'internato, che abbia commesso una infrazione sanzionabile con la esclusione dalle attività in comune, permanga in una camera individuale, in attesa della convocazione del consiglio di disciplina.
2. Subito dopo l'adozione del provvedimento cautelare, il sanitario visita il soggetto e rilascia la certificazione prevista dal secondo comma dell'articolo 39 della legge.
3. Il direttore attiva e svolge al più presto il procedimento disciplinare, applicando il disposto dei commi 2 e seguenti dell'articolo 81.
4. La durata della misura cautelare non può comunque eccedere i dieci giorni,. Il tempo trascorso in misura cautelare si detrae dalla durata della sanzione eventualmente applicata.
Procedimento penale e provvedimenti disciplinari
1. Il giudizio disciplinare dinanzi al consiglio di disciplina può essere sospeso allorché, per lo stesso fatto, vi è informativa di reato alla autorità giudiziaria.
2. In tal caso la direzione avrà cura di richiedere periodicamente l’esito del procedimento penale. I definitivi provvedimenti disciplinari sono emessi al termine del procedimento medesimo.
Sospensione e condono delle sanzioni
1. L'esecuzione delle sanzioni può essere condizionalmente sospesa, per il termine di sei mesi, allorché si presuma che il responsabile si asterrà dal commettere ulteriori infrazioni. Se nel detto termine il soggetto commette altre infrazioni disciplinari, la sospensione è revocata e la sanzione è eseguita; altrimenti la infrazione è estinta.
2. Per eccezionali circostanze l'autorità che ha deliberato la sanzione può condonarla.
3. Qualora il sanitario certifichi che le condizioni di salute del soggetto non gli permettono di sopportare la sanzione della esclusione dalle attività in comune, questa è eseguita quando viene a cessare la causa che ne ha impedito l'esecuzione.
Procedimento disciplinare
1. Allorché un operatore penitenziario constata direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa, redige rapporto, indicando in esso tutte le circostanze del fatto. Il rapporto viene trasmesso al direttore per via gerarchica.
2. Il direttore, alla presenza del comandante del reparto di polizia penitenziaria, contesta l'addebito all'accusato, sollecitamente e non oltre dieci giorni dal rapporto, informandolo contemporaneamente del diritto ad esporre le proprie discolpe.
3. Il direttore, personalmente o a mezzo del personale dipendente, svolge accertamenti sul fatto.
4. Quando il direttore ritiene che debba essere inflitta una delle sanzioni previste nei numeri 1) e 2) del primo comma dell'articolo 39 della legge convoca, entro dieci giorni dalla data della contestazione di cui al comma 2, l'accusato davanti a sé per la decisione disciplinare. Altrimenti fissa, negli stessi termini, il giorno e l'ora della convocazione dell'accusato davanti al consiglio di disciplina. Della convocazione è data notizia all'interessato con le forme di cui al comma 2.
5. Nel corso dell'udienza, l'accusato ha la facoltà di essere sentito e di esporre personalmente le proprie discolpe.
6. Se nel corso del procedimento risulta che il fatto è diverso da quello contestato e comporta una sanzione di competenza del consiglio di disciplina, il procedimento è rimesso a quest'ultimo.
7. La sanzione viene deliberata e pronunciata nel corso della stessa udienza o dell'eventuale sommario processo verbale.
8. Il provvedimento definitivo con cui è deliberata la sanzione disciplinare è tempestivamente comunicato dalla direzione al detenuto o internato e al magistrato di sorveglianza e viene annotato nella cartella personale.
Mezzi di coercizione fisica
1. La coercizione fisica, consentita per le finalità indicate nel terzo comma dell’articolo 41 della legge, si effettua sotto il controllo sanitario con l’uso dei mezzi impiegati per le medesime finalità presso le istituzioni ospedaliere pubbliche.
Trasferimenti
1. Nei trasferimenti per motivi diversi da quelli di giustizia o di sicurezza si tiene conto delle richieste espresse dai detenuti e dagli internati in ordine alla destinazione.
2. Il detenuto o l'internato, prima di essere trasferito, è sottoposto a perquisizione personale ed è visitato dal medico, che ne certifica lo stato psico-fisico, con particolare riguardo alle condizioni che rendano possibile sopportare il viaggio o che non lo consentano. In quest’ultimo caso, la direzione ne informa immediatamente l'autorità che ha disposto il trasferimento.
3. All'atto del trasferimento la direzione consegna al detenuto o all'internato gli oggetti personali che egli intende portare direttamente con sé, nei limiti previsti dalle disposizioni in vigore in materia di traduzioni.
4. Il capo scorta riceve in consegna dalla direzione:
a) generi alimentari in quantità e qualità adeguate alle esigenze del soggetto durante il viaggio o, alternativamente, una somma di denaro per l'acquisto dei detti generi, nella misura giornaliera che viene fissata con decreto del Ministro della giustizia;
b) la cartella personale;
c) il certificato sanitario previsto dal comma 2;
d) la nota degli oggetti costituenti il bagaglio personale;
e) il peculio, in tutto o in parte, costituito in fondo disponibile;
f) il certificato dell'ammontare del peculio consegnato.
5. Il capo scorta rilascia ricevuta degli oggetti, dei valori e dei documenti a lui consegnati dalla direzione dell'istituto di provenienza e ottiene, a sua volta, ricevuta dalla direzione dell'istituto di destinazione di quanto da lui consegnato.
6. Il peculio del detenuto o dell'internato e gli altri oggetti di sua spettanza, che non sono stati consegnati alla scorta o inclusi nel bagaglio personale sono, nel più breve tempo possibile, trasmessi alla direzione dell'istituto di destinazione, contemporaneamente al fascicolo personale.
7. Le spese per la spedizione degli oggetti indicati nel comma 6 sono, in ogni caso, sopportate dall'Amministrazione fino al limite di dieci chilogrammi di peso e, per l'eccedenza, dal detenuto o dall'internato che sia stato trasferito a sua domanda.
8. Nel caso di trasferimenti temporanei di breve durata, le disposizioni dei commi 4, 5 e 6 si applicano nella misura richiesta dalle circostanze, considerati anche i desideri dell'interessato.
9. Quando si rende necessario un trasferimento collettivo di detenuti o di internati non sono inclusi, ove possibile:
a) i detenuti e gli internati per i quali sono in corso attività trattamentali, particolarmente in materia di lavoro, istruzione e formazione professionale o per i quali sia in corso procedura di sorveglianza per la ammissione a misure alternative;
b) i detenuti e gli internati nei cui confronti sono in corso trattamenti sanitari non agevolmente proseguibili in altra sede;
c) le detenute con prole in istituto;
d) gli imputati prima della pronuncia della sentenza di primo grado o gli imputati appellanti quando sia già stata fissata udienza per la decisione della impugnazione.
Traduzioni
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 42-bis della legge e dalle altre disposizioni normative che regolano la materia, le traduzioni dei detenuti e degli internati si effettuano con le modalità stabilite con decreto del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Autorità che dispongono i trasferimenti tra istituti o le traduzioni
1. Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria dispone i trasferimenti tra istituti di diversi provveditorati ovvero quelli ad esso riservati dalla normativa vigente. I trasferimenti tra istituti dello stesso provveditorato sono disposti dal provveditore regionale. I trasferimenti degli imputati per motivi diversi da quelli di giustizia sono disposti previo nulla osta della autorità giudiziaria che procede.
2. Quando, sussistendo gravi e comprovati motivi di sicurezza, occorre trasferire gli imputati, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dopo aver chiesto il nulla osta all'autorità giudiziaria che procede precisandone i motivi, la durata e la sede di destinazione, può dare anticipata esecuzione al trasferimento, che, comunque, deve essere convalidato dall'autorità giudiziaria procedente.
3. I trasferimenti o le traduzioni per la comparizione degli imputati alle udienze dibattimentali sono richiesti dall'autorità giudiziaria alle direzioni degli istituti, che vi provvedono senza indugio, informandone il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. La stessa disposizione si applica ai trasferimenti e alle traduzioni per la comparizione davanti ai tribunali di sorveglianza.
4. La direzione dell'istituto comunica senza indugio al magistrato di sorveglianza ogni trasferimento definitivo di un detenuto o internato.
5. I trasferimenti o le traduzioni per motivi di giustizia penale diversi da quelli indicati dal comma 3 ed i trasferimenti o le traduzioni per motivi di giustizia civile sono consentiti solo quando, a giudizio dell'autorità giudiziaria competente, gravi motivi rendono inopportuno il compimento dell'attività da espletare nel luogo dove il detenuto è ristretto.
6. Soddisfatte le esigenze giudiziarie, il soggetto viene restituito all'istituto di provenienza.
7. Nei casi di assoluta urgenza, determinata da motivi di salute, il direttore provvede direttamente al trasferimento, informandone immediatamente l'autorità competente.
8. Il trasferimento dei condannati o degli internati è comunicato all'organo del pubblico ministero competente per la esecuzione.
9. L'assegnazione prevista dal secondo comma dell'articolo 28 è disposta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Traduzioni di detenute e di internate
1. Le traduzioni delle detenute e delle internate sono effettuate con la partecipazione di personale femminile del Corpo di polizia penitenziaria.
Uso di abiti civili nelle traduzioni
1. Nelle traduzioni i detenuti e gli internati possono indossare abiti civili.
Trattamento del dimittendo
1. Nel periodo che precede la dimissione, possibilmente a partire da sei mesi prima di essa, il condannato e l’internato beneficiano di un particolare programma di trattamento, orientato alla soluzione dei problemi specifici connessi alle condizioni di vita familiare, di lavoro e di ambiente a cui dovranno andare incontro. A tal fine, particolare cura è dedicata a discutere con loro le varie questioni che si prospettano e ad esaminare le possibilità che si offrono per il loro superamento anche trasferendo gli interessati, a domanda, in un istituto prossimo al luogo di residenza, salvo che non ostino motivate ragioni contrarie.
2. Per la definizione e la esecuzione del suddetto programma, la direzione richiede la collaborazione del centro di servizio sociale, dei servizi territoriali competenti e del volontariato.
Dimissione
1. La dimissione dei detenuti e degli internati si attua su ordine scritto della competente autorità giudiziaria.
2. La dimissione dei condannati che hanno espiato la pena ha luogo nel giorno indicato nel provvedimento, e, quando possibile, nelle ore antimeridiane.
3. La dimissione degli altri detenuti e degli internati è effettuata non appena la direzione riceve il relativo provvedimento.
4. Quando all'esito della pena deve seguire una misura di sicurezza detentiva di cui sia stata disposta la esecuzione ai sensi articolo 679 del codice procedura penale, o viceversa, non si dà corso alla dimissione e si procede, secondo le norme indicate dall'articolo 30, alla nuova assegnazione.
5. Il centro di servizio sociale, i servizi territoriali competenti e il volontariato, di intesa fra loro, si adoperano per prendere contatto con il nucleo familiare presso cui il condannato o l'internato andrà a stabilirsi, ai fini degli opportuni interventi.
6. I dimessi che, a causa di gravi infermità fisiche o di infermità o minorazioni psichiche, abbisognano di ricovero in luogo di cura, sono trasferiti alla più vicina appropriata istituzione ospedaliera.
7. In caso di intrasportabilità, attestata dal sanitario, la dimissione può essere sospesa e l'infermo rimane nell'istituto dove, compatibilmente con le esigenze di organizzazione generali, gli sono evitate le limitazioni del regime penitenziario.
8. Della sospensione è data immediata comunicazione, quando si tratta di imputato, all'autorità giudiziaria competente; quando si tratta di condannato o di internato, al magistrato di sorveglianza e, in ogni caso, al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
9. Se il dimesso non è in grado di provvedere per suo conto a raggiungere il luogo della sua residenza, il direttore lo munisce, a richiesta, dei necessari titoli di viaggio; se trattasi di persona residente all'estero, vengono forniti i titoli di viaggio necessari per raggiungere il consolato del paese nel quale è residente.
10. All'atto della dimissione vengono consegnati al soggetto il peculio e gli oggetti di sua proprietà.
11. Il peculio e gli oggetti che non siano stati comunque ritirati dal dimesso sono trattenuti dalla direzione dell'istituto, che provvede, previe opportune ricerche, alla restituzione nel tempo più breve possibile.
12. Trascorso un anno dalla dimissione senza che sia possibile la restituzione, gli oggetti vengono venduti a cura della direzione e il ricavato, unitamente all'eventuale peculio, viene versato alla Cassa delle ammende che trattiene la somma in deposito, ai fini della restituzione all'interessato.
Provvedimenti in caso di evasione
1. In caso di evasione di un detenuto o di un internato, la direzione ne dà immediata notizia alle locali autorità di polizia, alla procura della Repubblica, al magistrato di sorveglianza e al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, provvedendo, contemporaneamente, ad attuare, a mezzo del personale dipendente, le prime ricerche.
2. I beni dell'evaso, che non sia stato catturato, vengono trattenuti per un anno, e successivamente, venduti a cura della direzione. Il ricavato entra a far parte di un fondo sul quale viene versato anche l'eventuale peculio. Il fondo è depositato a cura della direzione presso la Cassa depositi e prestiti.
3. All'atto del rientro dell'evaso in istituto, la direzione che ha effettuato il deposito ne dispone lo svincolo e ne richiede la restituzione. La somma restituita entra a far parte del peculio.
4. Nel caso in cui il soggetto deceda durante lo stato di evasione, la direzione dell'istituto, a richiesta degli eredi o di altri aventi diritto che abbiano provato tale loro qualità ai sensi del comma 4 dell'articolo 92, autorizza la Cassa depositi e prestiti a versare direttamente agli aventi diritto la somma depositata secondo le loro spettanze.
Indicazioni negli atti dello stato civile
1. Negli atti dello stato civile previsti dal primo comma dell'articolo 44 della legge, devono essere indicati la strada e il numero civico dell'istituto ove il fatto si è verificato, omettendo ogni altro riferimento.
Provvedimenti in caso di decesso
1. Nel caso di morte di un detenuto o di un internato, il sanitario, fatte le constatazioni di legge, presenta rapporto alla direzione.
2. La direzione, contemporaneamente alla trasmissione della notizia del decesso alle autorità previste dal secondo comma dell'articolo 44 della legge, fa denuncia di morte all'ufficiale di stato civile.
3. I beni del defunto sono inventariati e copia dell'inventario è inviata al sindaco del comune di origine o di residenza, per le notificazioni agli eredi.
4. I beni sono consegnati agli eredi o agli altri aventi diritto, quando essi abbiano provato tale loro qualità, in base alla normativa vigente in materia.
5. Decorso un anno dalla morte, senza che gli eredi o gli altri aventi diritto abbiano ritirato i beni, questi vengono trasmessi al tribunale del luogo, per la devoluzione successoria.
6. Se si tratta di detenuti o di internati stranieri o italiani nati all'estero o di cui non si conosca il luogo di nascita, notizia del decesso è data al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma.
7. Qualora alla sepoltura della salma non sia provveduto da parte dei congiunti, si provvede a cura e spese dell'Amministrazione.
Intervento della Polizia di Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza
1. Qualora si verifichino disordini collettivi con manifestazioni di violenza o tali da far ritenere che possano degenerare in manifestazioni di violenza, il direttore dell'istituto, che non sia in grado di intervenire efficacemente con il personale a disposizione, richiede l'intervento della Polizia di Stato e delle Forze armate in servizio di pubblica sicurezza secondo le disposizioni vigenti, informandone immediatamente il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e il Prefetto.
CAPO V
Assistenza
Assistenza alle famiglie
1. Nell'azione di assistenza alle famiglie dei detenuti e degli internati, prevista dall'articolo 45 della legge, particolare cura è rivolta alla situazione di crisi che si verifica nel periodo che segue immediatamente la separazione dal congiunto. In tale situazione, deve essere fornito ai familiari, specialmente di età minore, sostegno morale e consiglio per aiutarli a far fronte al trauma affettivo, senza trascurare i problemi pratici e materiali eventualmente causati dall'allontanamento del congiunto.
2. Particolare cura è, altresì, rivolta per aiutare le famiglie dei detenuti e degli internati nel periodo che precede il loro ritorno.
Integrazione degli interventi nell'assistenza alle famiglie e ai dimessi
1. Nello svolgimento degli interventi a favore delle famiglie dei detenuti e degli internati e di quelli a favore dei dimessi, il centro di servizio sociale e il consiglio di aiuto sociale mantengono contatti con gli organi locali competenti per l’assistenza e con gli enti pubblici e privati che operano nel settore. Ai detti organi ed enti sono rappresentate le speciali esigenze dell'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria e il modo più appropriato per tenerle presenti nei loro programmi.
CAPO VI
Misure alternative alla detenzione e altri provvedimenti
della
magistratura di sorveglianza
Istanza di affidamento in prova al servizio sociale e decisione
1. L’istanza di affidamento in prova al servizio sociale da parte del condannato detenuto è presentata al direttore dell’istituto, il quale la trasmette al magistrato di sorveglianza territorialmente competente in relazione al luogo di detenzione unitamente a copia della cartella personale. Il direttore provvede analogamente alla trasmissione della proposta del consiglio di disciplina.
2. Salvo quanto previsto dal comma 3, se il condannato si trova in libertà l’istanza è presentata al pubblico ministero competente per l’esecuzione.
3. Nell’ipotesi prevista dall’articolo 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, l’istanza è presentata direttamente al tribunale di sorveglianza competente.
4. L’ordinanza di affidamento in prova al servizio sociale contiene le prescrizioni di cui all’articolo 47 della legge e indica l’ufficio di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui dovrà svolgersi l’affidamento. La cancelleria del tribunale di sorveglianza provvede all’immediata trasmissione dell’ordinanza, anche con mezzi telematici che ne assicurino l’autenticità e la sicurezza, al casellario giudiziario e alla direzione dell’istituto, se l’interessato è detenuto, nonché alle comunicazioni all’interessato, al pubblico ministero e al centro di servizio sociale per adulti, dopo aver annotato in calce all’ordinanza stessa:
a) i dati di identificazione della sentenza o delle sentenze di condanna e, se vi è provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, i dati necessari ad identificarlo, compreso in ogni caso l’organo del pubblico ministero competente all’esecuzione della pena e il numero di registro della procedura esecutiva;
b) l’indirizzo dell’ufficio del magistrato di sorveglianza e del centro di servizio sociale per adulti competenti in relazione al luogo in cui dovrà svolgersi l’affidamento.
5. Il controllo dell’osservanza delle prescrizioni di cui all’articolo 47 della legge è di competenza del centro di servizio sociale e viene attuato secondo le modalità precisate all’articolo 118.
6. Nei casi in cui è stata disposta la sospensione dell’esecuzione dal pubblico ministero o dal magistrato di sorveglianza, l’ordinanza che respinge l’istanza deve contenere i dati di cui alla lettera a) del comma 4 e deve essere comunicata senza ritardo all’organo del pubblico ministero competente per l’ulteriore corso della esecuzione. In ogni caso, l’ordinanza di rigetto è notificata all’interessato ed al suo difensore ed è sempre comunicata al centro di servizio sociale competente, o relativa sede distaccata.
Esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale
1. L’ordinanza, immediatamente esecutiva, salva la ipotesi di sospensione della esecuzione di cui al comma 7 dell’articolo 666 del codice di procedura penale, a cura della cancelleria del tribunale di sorveglianza è subito trasmessa in copia, se il condannato è detenuto, alla direzione dell’istituto in cui lo stesso si trova, per la sua liberazione e l’attuazione della misura alternativa, previa la sottoscrizione del verbale di cui al comma 3. All’interessato è rilasciata anche per notifica copia dell’ordinanza e del verbale. In ogni caso, l’ordinanza è trasmessa senza ritardo:
a) all’ufficio di sorveglianza competente per la prova, unitamente al fascicolo processuale;
b) al centro di servizio sociale per adulti competente per la prova, o relativa sede distaccata;
c) all’organo del pubblico ministero competente per la esecuzione della pena;
d) agli organi competenti per la comunicazione o la notificazione alle parti ed ai difensori, se l’interessato è libero, o trovasi sottoposto alla detenzione domiciliare, o comunque nello stato detentivo di cui al comma 10 dell’articolo 656 del codice procedura penale, con l’avviso che deve presentarsi, libero nella persona, entro dieci giorni, al centro di servizio sociale competente per la sottoscrizione del verbale di cui al comma 3 e per l’esecuzione della prova. Detti organi daranno immediata comunicazione dell’avvenuta notifica al centro di servizio sociale per adulti competente, o relativa sede distaccata.
2. Il direttore del centro dà immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza della mancata presentazione nel termine. Il tribunale di sorveglianza revoca la misura salvo che risulti l’esistenza di fondate ragioni del ritardo.
3. L’ordinanza di affidamento in prova ha effetto se l’interessato sottoscrive il verbale previsto dal quinto comma dell’articolo 47 della legge, con l’impegno a rispettare le prescrizioni dallo stesso previste. Il verbale è sottoscritto davanti al direttore dell’istituto se il condannato è detenuto, o davanti al direttore del centro di servizio sociale per adulti competente per la prova previa notifica di cui alla lettera d) del comma 1, se il condannato è libero o trovasi sottoposto alla detenzione domiciliare, o comunque nello stato detentivo di cui al comma 10 dell’articolo 656 del codice procedura penale. Il centro di servizio sociale per adulti trasmette senza indugio il verbale di accettazione delle prescrizioni:
a) al tribunale di sorveglianza che ha emesso l’ordinanza;
b) all’ufficio di sorveglianza competente per la prova;
c) all’organo del pubblico ministero competente per la esecuzione e la determinazione del fine pena.
4. Dalla data di sottoscrizione del verbale di accettazione delle prescrizioni ha inizio l'affidamento in prova al servizio sociale. Nel caso di condannato che ha ottenuto l’affidamento mentre era libero, copia del verbale di accettazione delle prescrizioni viene inviata all’organo del pubblico ministero competente per la esecuzione, che aggiorna l’ordine di esecuzione della pena, indicando la data di conclusione del periodo di prova all’ufficio di sorveglianza e al centro di servizio sociale competente, disponendo anche la notifica all’interessato. Se l’affidamento concerne pene inflitte con sentenze di condanna diverse, il pubblico ministero, competente ai sensi del comma 2 dell'articolo 663 del codice procedura penale, emette provvedimento di esecuzione di pene concorrenti.
5. Con l’ordinanza di affidamento in prova al servizio sociale, il tribunale di sorveglianza, se il condannato è detenuto e presenta speciali esigenze di sostegno personale, può stabilire anche particolari modalità di dimissione dal carcere nonché l’eventuale accompagnamento dell’affidato da parte dei familiari o di volontari presso il luogo di svolgimento della prova.
6. Quando il luogo di svolgimento della prova è lontano dal luogo della dimissione, si applica la disposizione di cui al comma 9 dell’articolo 89.
7. Se nel corso della prova viene richiesto che la stessa prosegua in luogo situato in altra giurisdizione, il magistrato di sorveglianza, su dettagliato parere del centro di servizio sociale che segue la prova, provvede di conseguenza, con corrispondente modifica delle prescrizioni. Il provvedimento è comunicato all'affidato e ai centri di servizio sociale interessati. La cancelleria dell'ufficio di sorveglianza trasmette il fascicolo dell'affidamento in prova all'ufficio di sorveglianza divenuto competente. Anche il centro di servizio sociale che seguiva la prova trasmette i propri atti a quello divenuto competente. Se il magistrato di sorveglianza non accoglie la domanda, ne fa dare comunicazione all'interessato dal centro di servizio sociale.
8. Il direttore del centro di servizio sociale per adulti designa un assistente sociale appartenente al centro affinché provveda all’espletamento dei compiti indicati dall’articolo 47 della legge secondo le modalità precisate all’articolo 118. Il centro si avvale anche della collaborazione di assistenti volontari ai sensi dell'articolo 78 della legge.
9. Il centro di servizio sociale riferisce al magistrato di sorveglianza le notizie indicate nel decimo comma dell'articolo 47 della legge, almeno ogni tre mesi. Il magistrato di sorveglianza può, in ogni tempo, convocare il soggetto sottoposto a prova e chiedere informazioni all'assistente sociale di cui al comma 8.
10. Il magistrato di sorveglianza, tenuto anche conto delle informazioni del centro di servizio sociale, provvede se necessario alla modifica delle prescrizioni, con decreto motivato, dandone notizia al tribunale di sorveglianza ed al centro di servizio sociale.
Prosecuzione o cessazione, revoca e annullamento
dell’affidamento in
prova al servizio sociale
1. Se sopravvengono nuovi titoli di esecuzione di pena detentiva, il magistrato di sorveglianza, comunque informato, provvede a norma dell'articolo 51-bis della legge. Il provvedimento di prosecuzione provvisoria, che contiene la indicazione dei dati indicati nella lettera a) del comma 4 dell'articolo 96, se già disponibili, è comunicato al centro servizio sociale che segue l'affidamento. Il provvedimento di sospensione provvisoria, oltre agli stessi dati suindicati, relativi alla nuova pena da eseguire, contiene l'ordine agli organi di polizia di provvedere all'accompagnamento dell'affidato nell'istituto penitenziario più vicino o in quello che, comunque, sarà indicato nel provvedimento stesso, che è direttamente ed immediatamente eseguibile.
2. Il magistrato di sorveglianza, in entrambi i casi, trasmette gli atti e il provvedimento adottato al tribunale di sorveglianza per i definitivi provvedimenti dello stesso. Il provvedimento, adottato in via provvisoria dal magistrato di sorveglianza, conserva i suoi effetti fino alla decisione definitiva del tribunale di sorveglianza se questo esamina il caso in udienza entro il termine stabilito dall'articolo 51-bis della legge, anche se la decisione intervenga in una udienza successiva, ove occorrano ulteriori accertamenti.
3. Se il tribunale di sorveglianza estende l'affidamento in prova alla nuova pena da eseguire, nella ordinanza vengono annotati i dati di cui alle lettere a) e b) del comma 4 dell'articolo 96. L'ordinanza è notificata e comunicata, come previsto dal comma 1 dell'articolo 97, in quanto applicabile. L'organo del pubblico ministero, competente ai sensi del comma 2 dell'articolo 663 del codice procedura penale, emette provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, indicando la nuova data di conclusione della esecuzione del periodo di prova, dandone notifica all'interessato e comunicazione agli uffici competenti. Il direttore del centro di servizio sociale che segue la prova, o suo sostituto, redige apposito verbale con cui l'affidato si impegna al rispetto delle prescrizioni precedentemente determinate anche per il periodo di prosecuzione della misura alternativa, dandone comunicazione al tribunale di sorveglianza e all'ufficio di sorveglianza.
4. Se il tribunale di sorveglianza, invece, prende atto del venire meno delle condizioni di ammissibilità alla misura alternativa, ne dichiara la inefficacia e dispone che la esecuzione della pena complessiva prosegua in regime detentivo. Nella ordinanza si menzionano i dati essenziali della pena stessa, come indicati alle lettere a) e b) del comma 4 dell'articolo 96, specificando la pena residua ancora da espiare e deducendo il periodo di esecuzione della pena in regime di affidamento in prova, che resta utilmente espiato. L'ordinanza è comunicata e notificata, come previsto dal comma 1 dell'articolo 97. L'organo del pubblico ministero competente ai sensi del comma 2 dell'articolo 663 del codice procedura penale provvede come indicato al comma 3 del presente articolo.
5. Qualora il magistrato di sorveglianza ritenga, direttamente o in base ad informazioni acquisite, che si debba verificare se ricorrono le condizioni per la revoca dell'affidamento in prova, investe il tribunale di sorveglianza della decisione. Se lo ritiene necessario, provvede anche alla sospensione provvisoria della misura alternativa ai sensi dell'articolo 51-ter della legge, indicando l'organo di polizia competente al riaccompagnamento in istituto, al quale viene direttamente trasmessa copia del provvedimento per la esecuzione.
6. Al tribunale di sorveglianza sono trasmessi gli atti e, se emesso, anche il provvedimento di sospensione provvisoria della misura alternativa.
7. Il tribunale di sorveglianza adotta la decisione definitiva, previ ulteriori accertamenti, se li ritenga necessari. Se il tribunale di sorveglianza revoca la misura alternativa, nella ordinanza vengono annotati i dati di cui alle lettere a) e b) del comma 4 dell'articolo 96 e determinata la pena detentiva residua da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il periodo trascorso in affidamento in prova. Nel caso in cui vi sia stata sospensione della esecuzione della misura alternativa e riaccompagnamento in carcere, la data di questo viene indicata come data di decorrenza della pena detentiva residua da espiare. L'ordinanza è comunicata e notificata come previsto dal comma 1 dell'articolo 97, in quanto applicabile. L'organo del pubblico ministero competente alla esecuzione della pena emette nuovo ordine di esecuzione della stessa; si applica l'ultima parte del comma 3 dell'articolo 97.
8. Nel caso di annullamento da parte della Corte di Cassazione della ordinanza di concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, cessa la esecuzione della misura alternativa. La sentenza di annullamento deve essere comunicata al pubblico ministero competente alla esecuzione. Il pubblico ministero, quando debba emettere nuovo ordine di esecuzione della pena detentiva, deduce il periodo di esecuzione della stessa in regime di affidamento in prova, che resta utilmente espiato.
Affidamento in prova in casi particolari
1. Qualora il condannato tossicodipendente o alcooldipendente richieda l'affidamento in prova previsto dall'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, dopo che l'ordine di esecuzione della pena è stato eseguito, la relativa domanda è presentata al direttore dell'istituto, il quale la trasmette senza ritardo all'organo del pubblico ministero competente per l'esecuzione.
2. Quando l'interessato è libero, si applica l'articolo 656 del codice procedura penale. L’interessato è tenuto a eseguire immediatamente il programma terapeutico concordato. La mancata esecuzione dipendente dalla volontà dell’interessato è valutata dal tribunale di sorveglianza per gli effetti dell’articolo 93, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309.
3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di affidamento in prova al servizio sociale previste dagli articoli 96, 97 e 98.
4. Qualora, nel corso della prova, risulti che il programma di recupero, per l'attuazione del quale l'affidamento è stato concesso, si è concluso positivamente, secondo quanto riferito dall'organo o dall'ente che ne cura l’attuazione, il magistrato di sorveglianza, acquisita dettagliata relazione del centro servizio sociale competente, ridetermina le prescrizioni per l'ulteriore svolgimento della prova. Solo nel caso in cui il periodo residuo della pena è superiore ad anni tre, il magistrato di sorveglianza procede ai sensi dell’articolo 51-bis della legge, trasmettendo al tribunale di sorveglianza il provvedimento emesso e gli atti relativi.
Detenzione domiciliare
1. La detenzione domiciliare ha inizio dal giorno in cui è notificato il provvedimento esecutivo che la dispone.
2. Nell'ordinanza di concessione della detenzione domiciliare deve essere indicato l'ufficio di sorveglianza nella cui giurisdizione dovrà essere eseguita la misura.
3. Nei casi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 47-ter della legge e fatto salvo quanto previsto dal comma 2, lettera b), dell'articolo 76 del presente regolamento, la detenzione domiciliare può essere concessa dal tribunale di sorveglianza anche su segnalazione della direzione dell'istituto.
4. Non appena il provvedimento di concessione della detenzione domiciliare è esecutivo, la cancelleria del tribunale provvede a trasmetterlo, unitamente agli atti, alla cancelleria dell'ufficio di sorveglianza nello stesso indicato.
5. Se nel corso della detenzione domiciliare l'interessato richiede che la misura sia proseguita in località situata in altra giurisdizione, si applicano le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 97.
6. In caso di modifica delle prescrizioni e delle disposizioni relative alla detenzione domiciliare, il magistrato di sorveglianza ne dà notizia al tribunale di sorveglianza, all'ufficio di polizia giudiziaria competente ad eseguire i controlli, e al centro di servizio sociale.
7. Gli interventi rimessi dalla legge alla competenza del servizio sociale vengono svolti secondo le modalità precisate dall'articolo 118, nei limiti del regime proprio della misura.
8. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 96, 97 e 98.
Regime di semilibertà
1. L'ordinanza di ammissione alla semilibertà, immediatamente esecutiva, salva la ipotesi di sospensione della esecuzione di cui al comma 7 dell'articolo 666 del codice procedura penale, è inviata, in copia, dalla cancelleria del tribunale di sorveglianza all'ufficio di sorveglianza ed alle direzioni dell'istituto penitenziario e del centro servizio sociale.
2. Nei confronti del condannato e dell'internato ammesso al regime di semilibertà è formulato un particolare programma di trattamento, che deve essere redatto entro cinque giorni, anche in via provvisoria dal solo direttore, e che è approvato dal magistrato di sorveglianza. Quando la misura deve essere eseguita in luogo diverso, il soggetto lo raggiunge libero nella persona, munito di copia del programma di trattamento provvisorio, che può essere limitato a definire le modalità per raggiungere l'istituto o sezione in cui la semilibertà deve essere attuata. Nel programma di trattamento per l'attuazione della semilibertà sono dettate le prescrizioni che il condannato o l'internato si deve impegnare, per scritto, ad osservare durante il tempo da trascorrere fuori dell'istituto, anche in ordine ai rapporti con la famiglia e con il servizio sociale, nonché quelle relative all'orario di uscita e di rientro. Nel programma di trattamento, al fine di accompagnare l'inserimento esterno per la specifica attività per cui vi è ammissione alla semilibertà con la integrazione della persona nell'ambiente familiare e sociale, sia nei giorni di svolgimento della specifica attività predetta, particolarmente per la possibile consumazione dei pasti in famiglia, sia negli altri giorni, sono indicati i rapporti che la persona potrà mantenere all'esterno negli ambienti indicati, rapporti che risultino utili al processo di reinserimento sociale, secondo le indicazioni provenienti dalla attività di osservazione e in particolare dagli aggiornamenti sulla situazione esterna da parte del centro servizio sociale.
3. La responsabilità del trattamento resta affidata al direttore, che si avvale del centro di servizio sociale per la vigilanza e l'assistenza del soggetto nell'ambiente libero. Gli interventi del servizio sociale vengono svolti secondo le modalità precisate dall'articolo 118, nei limiti del regime proprio della misura.
4. Nei casi in cui all'articolo 51 della legge, il direttore riferisce al tribunale ed al magistrato di sorveglianza.
5. L'ammesso al regime di semilibertà deve dare conto al personale dell'istituto, appositamente incaricato, dell'uso del denaro di cui è autorizzato a disporre.
6. Nel caso di mutamento dell'attività di cui al primo comma dell'articolo 48 della legge o se la misura deve essere proseguita in località situata in altra giurisdizione, si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 89. Il direttore dell'istituto di provenienza informa dell'arrivo del semilibero l'istituto di destinazione. L'interessato viene subito ammesso al regime di semilibertà nel nuovo istituto secondo il programma di trattamento già redatto, con le eventuali modifiche.
7. Per il semilibero ricoverato in luogo esterno di cura ai sensi dell'articolo 11, secondo comma, della legge non è disposto piantonamento.
8. Sezioni autonome di istituti per la semilibertà possono essere ubicate in edifici o in parti di edifici di civile abitazione.
9. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 96, 97 e 98.
Licenze
1. Al condannato ammesso al regime di semilibertà e all'internato in ogni caso, ai quali viene concessa licenza, è consegnato dalla direzione parte del peculio disponibile in relazione alle esigenze alle quali far fronte nel corso della licenza stessa.
2. Per le spese di viaggio necessarie a raggiungere il luogo in cui la licenza deve trascorrersi, si applica il comma 9 dell'articolo 89.
3. Il soggetto deve raggiungere direttamente la sede di destinazione e presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza per la certificazione del giorno e dell'ora dell'arrivo. Analogamente, al momento del rientro, deve munirsi di certificazione del giorno e dell'ora di partenza.
Riduzioni di pena per la liberazione anticipata
1. Per l'inoltro delle richieste e delle proposte per la concessione del beneficio previsto dall'articolo 54 della legge; si applicano le disposizioni del comma 1 dell'articolo 96, in quanto compatibili.
2. La partecipazione del condannato all'opera di rieducazione è valutata con particolare riferimento all'impegno dimostrato nel trarre profitto dalle opportunità offertegli nel corso del trattamento e al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna.
3. L'organo del pubblico ministero competente per l'esecuzione comunica al tribunale di sorveglianza la sentenza di condanna inflitta al soggetto per delitto non colposo commesso durante l'esecuzione della pena.
4. L’ordinanza indica nel dispositivo la misura della riduzione apportata alla durata di una determinata pena in corso di esecuzione.
Liberazione condizionale
1. Il direttore trasmette senza indugio al tribunale di sorveglianza la domanda o la proposta di liberazione condizionale corredata della copia della cartella personale e dei risultati della osservazione della personalità, se già espletata.
2. L'ordinanza di concessione della liberazione condizionale immediatamente esecutiva, salva la ipotesi di sospensione della esecuzione di cui al comma 7 dell'articolo 666 del codice procedura penale, è trasmessa alla direzione dell'istituto per la scarcerazione e comunicata, per gli adempimenti relativi alla attuazione della liberazione condizionale, oltre che all'interessato, al magistrato di sorveglianza, alla questura e al centro di servizio sociale territorialmente competenti. Il magistrato di sorveglianza emette il provvedimento con il quale stabilisce le prescrizioni della libertà vigilata, la questura provvede alla redazione del verbale di sottoposizione dell'interessato alle prescrizioni e il centro di servizio sociale attiva l'intervento di cui all'articolo 105.
3. Nell'ordinanza è fissato il termine massimo entro il quale, dopo la scarcerazione, l'interessato dovrà presentarsi all'ufficio di sorveglianza del luogo dove si esegue la libertà vigilata.
4. Il magistrato di sorveglianza, in caso di accertata violazione delle prescrizioni, trasmette al tribunale di sorveglianza la proposta di revoca della liberazione condizionale.
Intervento del servizio sociale nella libertà vigilata
1. Copia dell'atto relativo alla esecuzione della libertà vigilata emanato dal magistrato di sorveglianza, è trasmessa al centro di servizio sociale, che svolge gli interventi previsti dalla legge secondo le modalità precisate dall'articolo118 nei limiti del regime proprio della misura.
2. Il centro riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sui risultati degli interventi effettuati.
Remissione del debito
1. Ai fini della remissione del debito per spese di procedimento e di mantenimento, il magistrato di sorveglianza tiene conto, per la valutazione della condotta del soggetto, oltre che degli elementi di sua diretta conoscenza, anche delle annotazioni contenute nella cartella personale, con particolare riguardo all'evoluzione della condotta del soggetto. Se non vi è stata detenzione, si tiene conto della regolarità della condotta in libertà.
2. Per l'accertamento delle condizioni economiche, il magistrato di sorveglianza si avvale della collaborazione del centro di servizio sociale e può chiedere informazioni agli organi finanziari.
3. La presentazione della proposta o della richiesta sospende la procedura di esecuzione per il pagamento delle spese del procedimento eventualmente in corso. A tal fine, la cancelleria dell'ufficio di sorveglianza dà notizia della avvenuta presentazione dell'istanza o della proposta alla cancelleria del giudice della esecuzione. Alla medesima cancelleria viene comunicata l'ordinanza di accoglimento o di rigetto.
4. Della richiesta di remissione del debito concernente le spese di mantenimento viene data comunicazione anche alla direzione dell'istituto da cui il detenuto o l'internato è stato dimesso. A seguito di questa comunicazione, o contemporaneamente alla proposta di remissione del debito, la direzione dell'istituto che non abbia ancora provveduto, non dà corso alla procedura per il recupero delle spese di mantenimento. L'ordinanza di accoglimento o di rigetto viene comunicata alla direzione competente.
5. A seguito della comunicazione dell'ordinanza di rigetto viene dato corso alla procedura sospesa o non ancora iniziata.
Comunicazioni all'organo dell'esecuzione
1. Il dispositivo dei provvedimenti della magistratura di sorveglianza che comunque incidono sulla pena in esecuzione viene trasmesso a cura della cancelleria, anche con mezzi telematici che ne assicurino l’autenticità e la sicurezza, al casellario giudiziale e, se l’interessato è detenuto, alla direzione dell’istituto e viene comunicato all’interessato, al pubblico ministero e, quando occorre, al centro di servizio sociale, dopo aver annotato i dati di identificazione della sentenza o delle sentenze di condanna o, se vi è provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, i dati necessari ad identificarlo. In ogni caso sono indicati l’organo del pubblico ministero competente all’esecuzione della pena e il numero di registro della procedura esecutiva.
2. Quando contro i provvedimenti indicati nel comma 1 sia stato proposto ricorso per cassazione, il cancelliere della corte comunica entro tre giorni dalla decisione il relativo dispositivo al cancelliere del tribunale di sorveglianza che ha pronunciato il provvedimento impugnato, il quale provvede a norma del comma 1.
Rinvio dell'esecuzione delle pene detentive
1. Il pubblico ministero competente per l'esecuzione, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, il direttore dell'istituto penitenziario e il direttore del centro di servizio sociale, quando abbiano notizia di talune delle circostanze che, ai sensi degli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del codice penale, consentono il rinvio dell'esecuzione della pena, ne informano senza ritardo il tribunale di sorveglianza competente e il magistrato di sorveglianza.
Pareri sulla domanda o proposta di grazia
1. Il magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione si trova il condannato esprime il proprio motivato parere sulla domanda o proposta di grazia entro il più breve tempo possibile, dopo aver assunto gli opportuni elementi presso la direzione dell'istituto o del centro di servizio sociale.
TITOLO II
Disposizioni relative all'organizzazione penitenziaria
CAPO I
Istituti penitenziari
Esecuzione di pene in istituti di categoria diversa
1. Alle case mandamentali, per le esigenze previste dal terzo comma dell'articolo 61 della legge, possono essere assegnati anche i condannati alla pena della reclusione per un tempo non superiore a due anni o con un residuo pena non superiore a due anni, che non presentino particolari problemi di custodia. Le funzioni relative alla direzione dell’istituto e alla osservazione e trattamento sono svolte dal personale che opera in un istituto sito nello stesso circondario in cui è compresa la casa mandamentale.
2. Nelle case circondariali possono essere assegnati i condannati alla pena dell'arresto nonché i condannati alla pena della reclusione per un tempo non superiore a cinque anni o con un residuo di pena non superiore a cinque anni.
3. Per le medesime esigenze indicate nel comma 1 possono essere assegnati nelle case di arresto i condannati alla pena della reclusione non superiore a due anni.
4. Le assegnazioni previste nel presente articolo sono disposte dal provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria.
5. L’esecuzione della pena dell’ergastolo si effettua nelle case di reclusione.
Ospedali psichiatrici giudiziari, case di cura e custodia,
istituti e
sezioni speciali per infermi e minorati fisici e psichici
1. Alla direzione degli ospedali psichiatrici giudiziari, salvo quanto disposto dall’articolo 113, nonché delle case di cura e custodia e degli istituti o sezioni speciali per soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche è preposto personale del ruolo tecnico-sanitario degli istituti di prevenzione e di pena, ed è assegnato, in particolare, il personale infermieristico necessario con riferimento alla funzione di cura e di riabilitazione degli stessi.
2. Gli operatori professionali e volontari che svolgono la loro attività nelle case di cura e custodia, negli ospedali psichiatrici giudiziari e negli istituti o nelle sezioni per infermi e minorati psichici sono selezionati e qualificati con particolare riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti ivi ospitati.
3. Agli ospedali psichiatrici giudiziari sono assegnati, oltre a coloro nei cui confronti è applicata, in via definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza prevista dal n. 3) del secondo comma dell'articolo 215 del codice penale, anche gli imputati, i condannati e gli internati che vengono a trovarsi, rispettivamente, nelle condizioni previste dagli articoli 148, 206 e 212, secondo comma, del codice penale.
4. Alle case di cura e custodia sono assegnati, oltre a coloro nei cui confronti è applicata, in via definitiva o provvisoria, la misura di sicurezza prevista dal n. 2) del secondo comma dell'articolo 215 del codice penale, anche gli imputati e gli internati che vengono a trovarsi, rispettivamente, nelle condizioni previste dagli articoli 148, 206 e 212, secondo comma, del codice penale.
5. Gli imputati e i condannati, ai quali nel corso della misura detentiva sopravviene una infermità psichica che non comporti, rispettivamente, l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza o l'ordine di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura e custodia, sono assegnati a un istituto o sezione speciale per infermi e minorati psichici.
6. La direzione dell'ospedale psichiatrico giudiziario o della casa di cura e custodia informa mensilmente le autorità giudiziarie competenti sulle condizioni psichiche dei soggetti ricoverati ai sensi degli articoli 148, 206 e 212, secondo comma, del codice penale.
7. I soggetti condannati a pena diminuita per vizio parziale di mente per l'esecuzione della pena possono essere assegnati agli istituti o sezioni per soggetti affetti da infermità o minorazioni psichiche quando le loro condizioni siano incompatibili con la permanenza negli istituti ordinari. Gli stessi, quando le situazioni patologiche risultino superate o migliorate in modo significativo, sono nuovamente assegnati agli istituti ordinari, previo eventuale periodo di prova nei medesimi.
Accertamento delle infermità psichiche
1. L'accertamento delle condizioni psichiche degli imputati, dei condannati e degli internati, ai fini dell'adozione dei provvedimenti previsti dagli articoli 148, 206, 212, secondo comma, del codice penale, dagli articoli 70, 71 e 72 del codice di procedura penale e dal comma 4 dell’articolo 111 del presente regolamento, è disposto, su segnalazione della direzione dell'istituto o di propria iniziativa, nei confronti degli imputati, dall'autorità giudiziaria che procede, e, nei confronti dei condannati e degli internati, dal magistrato di sorveglianza. L'accertamento è espletato nel medesimo istituto in cui il soggetto si trova o, in caso di insufficienza di quel servizio diagnostico, in altro istituto della medesima categoria.
2. L'autorità giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza possono, per particolari motivi, disporre che l'accertamento sia svolto presso un ospedale psichiatrico giudiziario, una casa di cura e custodia o in un istituto o sezione per infermi o minorati psichici, ovvero presso un ospedale psichiatrico civile. Il soggetto non può comunque permanere in osservazione per un periodo superiore a trenta giorni.
3. All'esito dell'accertamento, l'autorità giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza, ove non adotti uno dei provvedimenti previsti dagli articoli 148, 206, 212, secondo comma, del codice penale o dagli articoli 70, 71, e 72 del codice di procedura penale e dal comma 4 dell’articolo 111 del presente regolamento, dispone il rientro nell'istituto di provenienza.
Convenzioni con i servizi psichiatrici pubblici
1. Nel rispetto della normativa vigente l'Amministrazione penitenziaria, al fine di agevolare la cura delle infermità ed il reinserimento sociale dei soggetti internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, organizza le strutture di accoglienza tenendo conto delle più avanzate acquisizioni terapeutiche anche attraverso protocolli di trattamento psichiatrico convenuti con altri servizi psichiatrici territoriali pubblici.
Coordinamento delle attività di ricerca dei centri di osservazione
1. L'attività di ricerca scientifica, svolta dai centri di osservazione, è diretta all'analisi e alla valutazione dei metodi di osservazione e di trattamento ed è coordinata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Distribuzione dei detenuti ed internati negli istituti
1. In ciascuna regione è realizzato un sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive la cui ricettività complessiva soddisfi il principio di territorialità dell’esecuzione penale, tenuto conto anche di eventuali esigenze di carattere generale.
2. Nell'ambito delle categorie di istituti di cui ai numeri 2) e 3) del primo comma dell'articolo 59 della legge, è realizzata una distribuzione dei detenuti ed internati negli istituti o nelle sezioni, che valga a rendere operativi i criteri indicati nel secondo comma dell'articolo 14 della legge.
3. Per detenuti e internati di non rilevante pericolosità, per i quali risultino necessari interventi trattamentali particolarmente significativi, possono essere attuati, in istituti autonomi o in sezioni di istituto, regimi a custodia attenuata, che assicurino un più ampio svolgimento delle attività trattamentali predette.
4. I detenuti e gli internati che presentino problematiche di tossicodipendenza o alcooldipendenza e quelli con rilevanti patologie psichiche e fisiche e, in particolare, con patologie connesse alla sieropositività per HIV, possono essere assegnati ad istituti autonomi o sezioni di istituto che assicurino un regime di trattamento intensificato.
5. L'idoneità dei programmi di trattamento a perseguire le finalità della rieducazione è verificata con appropriati metodi di ricerca valutativa.
6. Possono essere realizzati, per sezioni sufficientemente autonome di uno stesso istituto, tipi differenziati di trattamento.
Accesso di ministri di culto agli istituti
1. I ministri del culto cattolico, diversi dai cappellani, e quelli indicati nell'ultimo comma dell'articolo 58 sono autorizzati dal direttore, su richiesta di singoli detenuti o internati, ad accedere all'istituto, per attività del loro ministero, previo accertamento della loro qualità. Tale attività si svolge in modo da assicurare la necessaria riservatezza.
Visite agli istituti
1. Le visite devono svolgersi nel rispetto della personalità dei detenuti e degli internati. Sono rivolte particolarmente alla verifica delle condizioni di vita degli stessi, compresi quelli in isolamento giudiziario. Non è consentito fare osservazioni sulla vita dello istituto in presenza di detenuti o internati, o trattare con imputati argomenti relativi al processo penale in corso.
2. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria può autorizzare persone diverse da quelle indicate nell’articolo 67 della legge ad accedere agli istituti, fissando le modalità della visita. Possono anche essere autorizzate in via generale le visite di persone appartenenti a categorie analoghe a quelle previste dall'articolo 67 della legge.
CAPO II
Servizio sociale e assistenza
Centro di servizio sociale
1. Ai centri di servizio sociale per adulti, e relative sedi distaccate, è assegnato il personale determinato con apposite tabelle organiche, relative a tutte le aree di attività.
2. Presso detti centri sono organizzate le aree di servizio sociale, di segreteria ed amministrativo-contabile.
3. Nell'area di servizio sociale possono essere inseriti esperti secondo quanto previsto dall’articolo 80 della legge, che forniscono, ove occorra, consulenza e collaborazione, sotto il coordinamento del direttore del centro o del responsabile dell'area.
4. Il centro di servizio sociale è ubicato in locali distinti dagli istituti e dagli uffici giudiziari.
5. Il direttore del centro assegna al personale il compimento delle attività, mediante una ripartizione del lavoro relativamente alle aree di appartenenza; impartisce istruzioni e disposizioni per l'espletamento dei compiti affidati e ne cura il coordinamento. Il direttore organizza periodiche riunioni con il personale di servizio sociale su problematiche o tematiche emergenti, ed espleta il controllo tecnico; assicura lo svolgimento delle attività dirette alla supervisione professionale del personale.
6. Nell'attuare gli interventi di osservazione e di trattamento in ambiente esterno per l'applicazione e l'esecuzione delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza, nonché degli interventi per l'osservazione e il trattamento dei soggetti ristretti negli istituti, il centro di servizio sociale coordina le attività di competenza nell'ambito dell'esecuzione penale con quella delle istituzioni e dei servizi sociali che operano sul territorio.
7. Le intese operative con i servizi degli enti locali sono definite in una visione globale delle dinamiche sociali che investono la vicenda personale e familiare dei soggetti e in una prospettiva integrata d'intervento. Tale coordinamento viene promosso e attuato osservando gli indirizzi generali dettati in materia dall’Amministrazione penitenziaria.
8. In particolare, gli interventi del servizio sociale per adulti, nel corso del trattamento in ambiente esterno, sono diretti ad aiutare i soggetti che ne beneficiano ad adempiere responsabilmente gli impegni che derivano dalla misura cui sono sottoposti. Tali interventi, articolati in un processo unitario e personalizzato, sono prioritariamente caratterizzati:
a) dall'offerta al soggetto di sperimentare un rapporto con l'autorità basato sulla fiducia nella capacità della persona di recuperare il controllo del proprio comportamento senza interventi di carattere repressivo;
b) da un aiuto che porti il soggetto ad utilizzare meglio le risorse nella realtà familiare e sociale;
c) da un controllo, ove previsto dalla misura in esecuzione, sul comportamento del soggetto che costituisca al tempo stesso un aiuto rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni dettate dalla magistratura di sorveglianza;
d) da una sollecitazione a una valutazione critica adeguata, da parte della persona, degli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata, nella prospettiva di un reinserimento sociale compiuto e duraturo.
Consiglio di aiuto sociale
1. Gli uffici del consiglio di aiuto sociale sono ubicati presso il tribunale del capoluogo del circondario.
2. Nell'ambito del consiglio sono organizzati servizi di segreteria, di cassa e di archivio.
3. I compiti relativi ai detti servizi sono affidati a impiegati delle carriere delle cancellerie, in servizio presso il tribunale, incaricati dal presidente.
4. Essi prestano la loro opera gratuitamente.
Assistenti volontari
1. L'autorizzazione prevista dal primo comma dell'articolo 78 della legge è data a coloro che dimostrano interesse e sensibilità per la condizione umana dei sottoposti a misure privative e limitative della libertà ed hanno dato prova di concrete capacità nell'assistenza a persone in stato di bisogno. L'autorizzazione può riguardare anche più persone appartenenti ad organizzazioni di volontariato, le quali assicurano, con apposite convenzioni con le direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale, continuità di presenza in determinati settori di attività. La revoca della convenzione comporta la decadenza delle singole autorizzazioni.
2. Nel provvedimento di autorizzazione è specificato il tipo di attività che l'assistente volontario può svolgere e, in particolare, se egli è ammesso a frequentare uno o più istituti penitenziari o a collaborare con i centri di servizio sociale.
3. L'autorizzazione ha durata annuale, ma, alla scadenza, se la valutazione della direzione dell'istituto o del centro di servizio sociale è positiva, si considera rinnovata.
4. La direzione dell'istituto o del centro di servizio sociale cura che le attività del volontariato siano svolte in piena integrazione con quelle degli operatori istituzionali. Le persone autorizzate hanno accesso agli istituti e ai centri di servizio sociali secondo le modalità e i tempi previsti per le attività trattamentali e per l'esecuzione delle misure alternative.
5. Se l'assistente volontario si rivela inidoneo al corretto svolgimento dei suoi compiti, il direttore dell'istituto o del centro di servizio sociale sospende l'autorizzazione e ne chiede la revoca al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dandone comunicazione al magistrato di sorveglianza.
PARTE II
Cassa delle ammende
TITOLO I
Amministrazione e contabilità della Cassa delle ammende
Organi della Cassa delle ammende
1. Sono organi della Cassa delle ammende:
a) il presidente;
b) il consiglio di amministrazione;
c) il segretario.
2. I componenti degli organi di cui al comma 1 prestano la loro opera gratuitamente.
Presidente
1. Il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, o un suo delegato, assume le funzioni di presidente della Cassa delle ammende e ne ha la rappresentanza legale.
2. Il presidente della Cassa delle ammende:
a) presiede il consiglio di amministrazione di cui all’articolo 123;
b) emana le disposizioni necessarie per l’esecuzione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione e vigila sul loro esatto adempimento;
c) adotta i provvedimenti di urgenza, anche di competenza del consiglio di amministrazione, salvo ratifica alla prima riunione del consiglio stesso;
d) stipula i contratti necessari per l’attuazione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione nei limiti degli stanziamenti di bilancio e nel rispetto delle norme di contabilità generale dello Stato e di quelle comunitarie in quanto direttamente applicabili;
e) ordina il pagamento delle spese nei limiti degli stanziamenti di bilancio ed in conformità alle delibere consiliari;
f) esercita i poteri di vigilanza sull’andamento amministrativo e contabile della Cassa;
g) presenta al consiglio di amministrazione il bilancio preventivo, il conto consuntivo e la situazione patrimoniale della Cassa.
Consiglio di amministrazione
1. La Cassa delle ammende è amministrata dal consiglio di amministrazione composto:
a) dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, o un suo delegato, con funzioni di presidente;
b) dai direttori, o un loro delegato, dell’ufficio centrale del personale, dell’ufficio centrale detenuti e trattamento, dell’ufficio centrale beni e servizi e da un funzionario esperto in amministrazione e contabilità del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria;
c) da un dirigente designato dal ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
2. Il consiglio di amministrazione opera osservando le seguenti disposizioni:
a) il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente, in via ordinaria, ogni sei mesi e, in via straordinaria, ogni qualvolta se ne presenti la necessità o quando ne è fatta richiesta da almeno due consiglieri con l’indicazione degli argomenti da trattare;
b) il segretario della Cassa assume anche le funzioni di segretario del consiglio di amministrazione e partecipa alle sedute del consiglio con facoltà di esprimere il proprio parere sulle questioni poste all’ordine del giorno;
c) per la validità delle adunanze devono essere presenti almeno due terzi dei componenti; la delibera è valida se adottata con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente;
d) i processi verbali delle adunanze sono sottoscritti dal presidente e dal segretario e vengono approvati nella seduta successiva a quella cui si riferisce.
3. Il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:
a) entro il mese di novembre di ogni anno delibera il bilancio di previsione della Cassa. Delibera altresì, in corso di esercizio, le variazioni di bilancio che si rendono necessarie per l’attuazione delle finalità della Cassa;
b) delibera la erogazione dei fondi di cui all’articolo 129;
c) delibera in merito all’accettazione di oblazioni volontarie, donazioni, sovvenzioni, contributi ed altri proventi eventuali;
d) delibera l’acquisto, la vendita, l’affitto e la permuta di immobili nonché l’acquisto di beni mobili, beni mobili registrati e attrezzature necessari per il funzionamento della Cassa;
e) delibera le modalità di impiego, anche diverse dal deposito in conto corrente, delle disponibilità finanziarie depositate presso la Cassa depositi e prestiti;
f) delibera i prelevamenti da effettuarsi dal fondo di riserva, anche in corso di esercizio, per sopperire alle deficienze dei capitoli di bilancio, ovvero per fronteggiare spese nuove o impreviste;
g) delibera l’istituzione di organi, anche collegiali, per il controllo delle attività svolte dai soggetti nei cui confronti la Cassa ha erogato propri fondi, limitatamente alle modalità ed alla legittimità del loro effettivo impiego;
h) ratifica i provvedimenti di urgenza adottati dal presidente.
Segretario
1. Il segretario della Cassa delle ammende è nominato dal consiglio di amministrazione, su proposta del presidente, ed è scelto tra il personale dell’Amministrazione penitenziaria in possesso della specifica professionalità in considerazione delle sue attribuzioni.
2. Il segretario:
a) dirige l’ufficio segreteria e coordina i servizi in cui esso si articola;
b) cura l’istruttoria degli affari che il presidente dovrà sottoporre al consiglio di amministrazione e predispone gli elementi necessari per le deliberazioni;
c) partecipa alle sedute del consiglio di amministrazione con facoltà di esprimere parere sulle questioni poste all’ordine del giorno;
d) redige i verbali delle sedute del consiglio di amministrazione e ne cura la conservazione;
e) esegue le direttive impartite dal presidente;
f) cura la tenuta della contabilità della Cassa, dei libri e delle scritture contabili, nonché della corrispondenza, conservando gli atti ed i documenti;
g) redige annualmente il bilancio di previsione, le relative variazioni, il conto consuntivo e tutti gli altri documenti contabili da sottoporre all’approvazione del consiglio di amministrazione;
h) è consegnatario dei beni mobili ed immobili della Cassa;
i) cura l’organizzazione e la gestione delle attività operative della Cassa e di esse risponde al presidente;
j) coordina e controlla le gestioni contabili della Cassa nonché quelle inerenti l’impiego dei fondi erogati ai sensi dell’articolo 129. Per l’espletamento di tale ultima attività potrà avvalersi degli organi istituiti ai sensi dell’articolo 123, comma 3, lettera g);
k) adempie a tutte le attività, amministrative e contabili, necessarie per la stipula dei contratti;
l) provvede direttamente alla riscossione delle entrate della Cassa e al pagamento delle spese delegategli dal presidente;
m) sottoscrive gli atti inerenti l’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo.
TITOLO II
Amministrazione e contabilità
Conto depositi e conto patrimoniale
1. La dotazione finanziaria della Cassa delle ammende è costituita dal conto depositi e dal conto patrimoniale.
2. Al conto depositi affluiscono tutti i versamenti effettuati a titolo provvisorio o cauzionale.
3. Sul conto patrimoniale sono versate tutte le altre somme, ed in particolare quelle devolute alla Cassa per disposizione di legge o per disposizione dell’autorità giudiziaria.
4. I fondi patrimoniali e i depositi cauzionali della Cassa sono, di regola, depositati in conto fruttifero presso la Cassa depositi e prestiti. Il consiglio di amministrazione può deliberare l’investimento dei fondi disponibili, o di parte di essi, ad esclusione di quelli derivanti dal bilancio dello Stato, in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, ovvero in titoli di aziende di provata solidità, idonei ad assicurare un tasso di interesse netto maggiore di quello riconosciuto dalla Cassa depositi e prestiti.
5. Il servizio di cassa e quello di acquisto e vendita dei titoli di cui al comma 4 sono disimpegnati dalla Cassa depositi e prestiti.
Versamenti delle somme
1. Salvo quanto previsto al comma 2, le somme dovute alla Cassa delle ammende devono essere versate integralmente ai concessionari del servizio delle riscossioni ed imputate al codice tributo “1AET”. I concessionari del servizio delle riscossioni provvedono a riversare le somme riscosse alle tesorerie provinciali dello Stato che sono tenute ad accreditarle alla tesoreria centrale dello Stato sul conto corrente speciale intestato a “Cassa depositi e prestiti - gestione principale” a favore della Cassa delle ammende. Le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato rilasciano quietanza di entrata.
2. Le somme dovute alla Cassa delle ammende dagli istituti di prevenzione e di pena devono essere versate, a mezzo di distinta di versamento, direttamente alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato che sono tenute ad accreditarle alla tesoreria centrale dello Stato sul conto corrente speciale di cui al comma 1. Le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato rilasciano quietanza di entrata.
3. Gli uffici giudiziari e le direzioni degli istituti di prevenzione e di pena inoltrano tempestivamente alla Cassa delle ammende comunicazione di avvenuto versamento corredata di lettera esplicativa della causale di ciascun versamento.
4. I proventi delle manifatture carcerarie, introitati in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, vengono riassegnati, con le modalità prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469, all’apposita unità previsionale di base del Ministero della giustizia e successivamente versate al bilancio della Cassa delle ammende nella misura prevista dalle disposizioni legislative.
5. Le somme così pervenute diventano fruttifere e gli interessi vengono liquidati dalla Cassa depositi e prestiti che provvede al loro accredito sul conto corrente il 30 giugno ed il 31 dicembre di ogni anno.
6. La Cassa depositi e prestiti ha l’obbligo di trasmettere semestralmente alla Cassa delle ammende, l’estratto del conto corrente unitamente alle comunicazioni relative alle operazioni effettuate direttamente.
Patrimonio
1. Il patrimonio della Cassa delle ammende è costituito da:
a) beni mobili ed immobili in proprietà;
b) titolarità di concessioni pervenute a qualsiasi titolo;
c) beni di qualsiasi natura che ad essa pervengano per donazione o altro titolo;
d) titoli pubblici e privati acquisiti per eventuale investimento di disponibilità finanziarie;
e) fondi in deposito presso la Cassa depositi e prestiti, presso istituti di credito e in cassa.
Entrate
1. Le entrate della Cassa delle ammende si distinguono in entrate correnti ed entrate in conto capitale.
2. Le entrate correnti sono costituite:
a) dalle rendite patrimoniali;
b) dagli interessi sui depositi e su titoli;
c) dai proventi o altre entrate espressamente devolute o assegnate dalla legge, o da altre fonti normative, direttamente alla Cassa;
d) dai depositi costituiti presso la Cassa e ad essa devoluti per disposizione dell’autorità giudiziaria;
e) dai proventi delle manifatture carcerarie riassegnate annualmente sul bilancio della Cassa;
f) da eventuali oblazioni volontarie, donazioni, sovvenzioni, contributi di enti o privati;
g) dalla vendita di beni mobili fuori uso;
h) da entrate eventuali e diverse.
3. Le entrate in conto capitale sono costituite da:
a) ricavi per vendite di beni immobili ed altri beni fruttiferi;
b) rimborsi di titoli di proprietà;
c) lasciti ed oblazioni in danaro con l’onere di investimento;
d) finanziamenti per acquisizioni patrimoniali.
Finalità ed interventi
1. La Cassa delle ammende, ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ai sensi dell’articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547, provvede ad attuare le finalità di cui ai successivi commi 2 e 3 con gli interventi diretti e indiretti previsti nel presente articolo.
2. I fondi patrimoniali della Cassa sono erogati, previa delibera del consiglio di amministrazione, per finanziare prioritariamente progetti dell’Amministrazione penitenziaria che utilizzano le disponibilità finanziarie dei fondi strutturali europei, nonché progetti che utilizzano finanziamenti previsti dalla normativa comunitaria, da quella nazionale e da quella regionale.
3. I fondi patrimoniali della Cassa sono altresì erogati, previa delibera del consiglio di amministrazione, per il finanziamento di programmi che attuano interventi di assistenza economica in favore delle famiglie di detenuti ed internati, nonché di programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale di detenuti ed internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione.
4. I programmi di cui al comma 3, previa indicazione della persona responsabile della loro attuazione, possono essere presentati da enti pubblici, da enti privati, fondazioni o altri organismi impegnati in attività di volontariato e di solidarietà sociale, dagli istituti penitenziari e dai centri di servizio sociale dell’Amministrazione penitenziaria.
5. I programmi di cui al comma 3, esclusi quelli presentati dagli istituti penitenziari e dai centri di servizio sociale, sono accompagnati da una relazione illustrativa del soggetto richiedente, nonché da un parere dell’assessorato alla sicurezza sociale della provincia territorialmente competente per il luogo in cui il programma deve essere attuato.
6. I programmi di cui al comma 3 sono finanziati con riferimento a stati di avanzamento semestrali, previa valutazione favorevole, per ogni stato di avanzamento, dei soggetti competenti a rilasciare i pareri di cui al comma 4 e del consiglio di amministrazione della Cassa.
7. Le spese inerenti il finanziamento dei programmi di cui ai commi 2 e 3 ed ogni altra spesa di competenza della Cassa delle ammende, ivi comprese le somme detratte dai depositi cauzionali per spese di giustizia e di mantenimento in carcere dovute dal depositante all’erario, sono effettuate con mandati di pagamento emessi dal presidente della Cassa stessa e trasmessi alla Cassa depositi e prestiti che ne cura l’accreditamento ai responsabili dei programmi di cui al comma 4, ovvero agli aventi diritto.
8. Dell’avvenuto accreditamento delle somme di cui al comma 7 la Cassa depositi e prestiti dà comunicazione alla Cassa delle ammende.
Bilancio
1. Il bilancio di previsione ed il conto consuntivo della Cassa delle ammende sono approvati con decreti del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
PARTE III
Disposizioni finali e transitorie
Incarichi giornalieri
1. Il provveditore regionale conferisce direttamente gli incarichi previsti dal secondo comma dell'articolo 80 della legge.
2. Al conferimento degli incarichi si provvede a seguito di accertamento dell'idoneità del richiedente ad assolvere i compiti relativi.
3. A tal fine, in ogni provveditorato regionale, una commissione composta dal provveditore, che la presiede, e da due dirigenti dell’Amministrazione penitenziaria, integrata da un esperto nella materia relativa all'incarico da conferire, sottopone il richiedente ad un colloquio inteso a valutare l'idoneità indicata nel comma 2.
4. Esercita le funzioni di segretario un funzionario del provveditorato regionale.
Nomina degli esperti per le attività di osservazione e di trattamento
1. Il provveditorato regionale compila, per ogni distretto di corte d'appello, un elenco degli esperti dei quali le direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale possono avvalersi per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento ai sensi del quarto comma dell'articolo 80 della legge.
2. Nell'elenco sono iscritti professionisti che siano di condotta incensurata e di età non inferiore agli anni venticinque. Per ottenere l'iscrizione nell'elenco i professionisti, oltre ad essere in possesso del titolo professionale richiesto, devono risultare idonei a svolgere la loro attività nello specifico settore penitenziario. L'idoneità è accertata dal provveditorato regionale attraverso un colloquio e la valutazione dei titoli preferenziali presentati dall'aspirante. A tal fine, il provveditorato regionale può avvalersi del parere di consulenti docenti universitari nelle discipline previste dal quarto comma dell'articolo 80 della legge.
3. Le direzioni degli istituti e dei centri di servizio sociale conferiscono agli esperti indicati nel comma 2 i singoli incarichi, su autorizzazione del provveditorato regionale.
Attribuzioni dei direttori dei centri di rieducazione e
degli uffici
di servizio sociale per i minorenni
1. Le attribuzioni corrispondenti a quelle che il presente regolamento demanda al provveditore regionale e al centro di servizio sociale per adulti sono esercitate rispettivamente dal direttore dell’ufficio per la giustizia minorile e dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni territorialmente competenti.
Disposizioni relative ai servizi
1. Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, negli istituti in cui i servizi igienici non sono collocati in un vano annesso alla camera, si provvederà, attraverso ristrutturazioni, ad adeguarli alla prescrizione di cui all'articolo 7, secondo gli interventi di edilizia penitenziaria resi possibili dalle disponibilità di bilancio. Analogamente si provvederà per dotare i servizi igienici di doccia e, particolarmente negli istituti e sezioni femminili, di bidet, là dove non ne siano dotati.
2. I servizi sistemati all'interno della camera, fino alla loro soppressione, dovranno, comunque, consentire la utilizzazione con le opportune condizioni di riservatezza.
3. Fino alla realizzazione dei servizi indicati nell'articolo 7, è consentita la effettuazione della doccia con acqua calda ogni giorno.
Disposizioni relative ai locali per confezione e consumazione del vitto
1. Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, i locali indicati nei commi 1 e 3 dell'articolo 13 devono essere realizzati negli istituti già esistenti attraverso adeguate ristrutturazioni, secondo gli interventi consentiti di edilizia penitenziaria, resi possibili dalle disponibilità di bilancio.
2. Finché non sia realizzato quanto previsto al comma 1 e manchino, comunque, locali accessibili a gruppi di detenuti, la consumazione dei pasti dovrà avvenire nelle camere, utilizzando idonei piani di appoggio.
3. Inoltre, sempre fino a che non sia realizzato quanto previsto al comma 1, potrà essere autorizzata, nelle camere o, se possibile, in luogo diverso ed adeguato, la cottura di generi di facile e rapida preparazione, stabilendo i generi ammessi, nonché le modalità da osservare e la entità, anche forfetaria, della eventuale spesa per energia a carico dell'utente se sia reso possibile l'uso di fornelli elettrici.
Norma finale
1. Il regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n.431, e successive modificazioni e integrazioni, è abrogato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- L'art. 87, comma quinto, della Costituzione, conferisce al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti.
- La legge 26 luglio 1975, n. 354, reca: "Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà".
- Il testo dell'art. 87, primo comma, della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 87 (Norme di esecuzione). - Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il Ministro per il tesoro, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, sarà emanato il regolamento di esecuzione.
Per quanto concerne la materia della istruzione negli istituti di prevenzione e di pena, il regolamento di esecuzione sarà emanato di concerto anche con il Ministro per la pubblica istruzione".
- Il testo dell'art. 17, commi 1 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), è il seguente:
"Art. 17. - 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati i regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi nonché dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e) (soppressa)".
2 - 3 (Omissis).
"4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento , sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale".
- Il testo del comma 6 dell'art. 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), è il seguente:
6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663".
- Per il testo dell'art. 9 della legge n. 354/1975, vedasi in note all'art. 20.
- Per il testo dell'art. 9 della legge n. 354/1975, vedasi in note all'art. 20.
- Per il testo dell'art. 9 della legge n. 354/1975, vedasi in note all'art. 20.
- Il testo vigente degli articoli 14-bis, 41-bis e 64 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 14-bis (Regime di sorveglianza particolare). - 1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti;
b) che con la violenza o la minaccia impediscono le attività degli altri detenuti o internati;
c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti.
2. Il regime di cui al precedente comma 1 è disposto con provvedimento motivato dell'amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma dell'art. 80.
3. Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza particolare è disposto sentita anche l'autorità giudiziaria che procede.
4. In caso di necessità ed urgenza l'amministrazione può disporre in via provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del provvedimento. Scaduto tale termine l'amministrazione, acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio decade.
5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare, fin dal momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell'imputazione, nello stato di libertà. L'autorità giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza all'amministrazione penitenziaria che decide sull'adozione dei provvedimenti di sua competenza.
6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente articolo è comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo potere di vigilanza".
"Art. 41-bis (Situazioni di emergenza). - 1. In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto.
2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro di grazia e giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell'art. 4-bis, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.
2-bis. Sui reclami avverso i provvedimenti del Ministro di grazia e giustizia emessi a norma del comma 2 è competente a decidere il tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto cui il condannato, l'internato o l'imputato è assegnato; tale competenza resta ferma anche nel caso di trasferimento disposto per uno dei motivi indicati nell'articolo 42".
"Art. 64 (Differenziazione degli istituti per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza). - I singoli istituti devono essere organizzati con caratteristiche differenziate in relazione alla posizione giuridica dei detenuti e degli internati e alle necessità di trattamento individuale o di gruppo degli stessi".
- Il testo dell'art. 10 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 10 (Permanenza all'aperto). - Ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto è consentito di permanere almeno per due ore al giorno all'aria aperta. Tale periodo di tempo può essere ridotto a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi eccezionali.
La permanenza all'aria aperta è effettuata in gruppi a meno che non ricorrano i casi indicati nell'art. 33 e nei numeri 4) e 5) dell'art. 39 ed è dedicata, se possibile, ad esercizi fisici".
- Il testo vigente del secondo comma, dell'art. 11 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Ove siano necessarie cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura. Per gli imputati, detti trasferimenti sono disposti, dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante l'istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l'istruzione sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione dell'imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza; dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione".
- Per il testo del quarto comma, dell'art. 80 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in nota all'art. 118.
- Il testo degli articoli 9, 12, 20 e 27 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 9 (Alimentazione). - Ai detenuti e agli internati è assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima.
Il vitto è somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.
I detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile.
La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale.
Il servizio di vettovagliamento è di regola gestito direttamente dall'amministrazione penitenziaria.
Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.
Ai detenuti e agli internati è consentito l'acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a spacci gestiti direttamente dall'amministrazione carceraria o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale. I prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui è sito l'istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla qualità e prezzi dei generi venduti nell'istituto".
"Art. 12 (Attrezzature per attività di lavoro, di istruzione e di ricreazione). - Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, d'istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune.
Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell'art. 16.
Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati".
"Art. 20 (Lavoro). - Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di formazione professionale organizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private convenzionate con la regione.
Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.
Il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.
I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell'ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando questo risponda a finalità terapeutiche.
L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale.
Nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell'anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei carichi familiari, della professionalità, nonchè delle precedenti e documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo la dimissione, con l'esclusione dei detenuti e internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bis della presente legge.
Il collocamento al lavoro da svolgersi all'interno dell'istituto avviene nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una generica e l'altra per qualifica o mestiere.
Per la formazione delle graduatorie all'interno delle liste e per il nulla-osta agli organismi competenti per il collocamento, è istituita, presso ogni istituto, una commissione composta dal direttore, da un appartenente al ruolo degli ispettori o dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria e da un rappresentante del personale educativo, eletti all'interno della categoria di appartenenza, da un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, da un rappresentante designato dalla commissione circoscrizionale per l'impiego territorialmente competente e da un rappresentante delle organizzazioni sindacali territoriali.
Alle riunioni della commissione partecipa senza potere deliberativo un rappresentante dei detenuti e degli internati, designato per sorteggio secondo le modalità indicate nel regolamento interno dell'istituto.
Per ogni componente viene indicato un supplente eletto o designato secondo i criteri in precedenza indicati.
Al lavoro all'esterno, si applicano la disciplina generale sul collocamento ordinario ed agricolo, nonchè l'art. 19, legge 28 febbraio 1987, n. 56.
Per tutto quanto non previsto dal presente articolo si applica la disciplina generale sul collocamento.
Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabllità generale dello Stato e di quelle di contabilità speciale, possono, previa autorizzazione del Ministro di grazia e giustizia, vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti corrispondenti nel mercato all'ingrosso della zona in cui è situato l'istituto.
I detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi ad esercitare per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o artistiche.
I soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere ammessi a un tirocinio retribuito.
La durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione professionale di cui al comma primo è garantita, nei limiti degli stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista dalle disposizioni vigenti in ordine a tali corsi.
Entro il 31 marzo di ogni anno il Ministro di grazia e giustizia trasmette al Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell'anno precedente".
"Art. 27 (Attività culturali, ricreative e sportive). - Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.
Una commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e dagli assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale".
- Il decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 220, reca: "Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell'art. 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419".
- Per il testo dell'art. 12 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, reca: "Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale".
- Il testo dell'art. 33 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 33 (Isolamento). - Negli istituti penitenziari l'isolamento continuo è ammesso:
1) quando è prescritto per ragioni sanitarie;
2) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune;
3) per gli imputati durante l'istruttoria e per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria".
- Il testo del primo comma, dell'art. 29 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 29. - I detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare immediatamente i congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro ingresso in un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento".
- Il testo degli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del codice penale, è il seguente:
"Art. 146 (Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena). - L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita:
1) (Omissis);
2) se deve aver luogo contro donna che ha partorito da meno di sei mesi;
3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da infezione HIV nei casi di incompatibilità con lo stato di detenzione ai sensi dell'art. 286-bis, comma 1, del codice di procedura penale".
"Art. 147. - L'esecuzione di una pena può essere differita:
1) (Omissis);
2) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro donna, che ha partorito da più di sei mesi ma da meno di un anno, e non vi è modo di affidare il figlio ad altri che alla madre".
- Il testo dell'art. 7 del decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334 (Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale), è il seguente:
"Art. 7. - 1. L'autorità preposta a un istituto penitenziario o un funzionario da essa delegato iscrive in un registro, in ordine cronologico, il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la lingua, lo stato, il domicilio dichiarato o eletto, i contrassegni personali delle persone che riceve in custodia, il giorno della loro entrata nell'istituto, il tempo e il luogo del loro arresto con l'indicazione del provvedimento in forza del quale furono arrestate, dell'autorità a disposizione della quale si trova il detenuto e del nome di chi ha proceduto alla consegna. Nello stesso registro sono iscritti la data dell'uscita dall'istituto, il provvedimento che la ordina e la dichiarazione o l'elezione di domicilio prevista dall'art. 161, comma 3, del codice.
2. Nel registro sono altresì annotati i provvedimenti comunicati a norma dell'art. 6".
- Il testo del primo comma dell'art. 32 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 32. - I detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti, e quando sia necessario, successivamente sono informati delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al trattamento".
- Il testo degli articoli 78 e 17 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 78 (Assistenti volontari). - L'amministrazione penitenziaria può, su proposta del magistrato di sorveglianza, autorizzare persone idonee all'assistenza e all'educazione a frequentare gli istituti penitenziari allo scopo di partecipare all'opera rivolta al sostegno morale dei detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale.
Gli assistenti volontari possono cooperare nelle attività culturali e ricreative dell'istituto sotto la guida del direttore, il quale ne coordina l'azione con quella di tutto il personale addetto al trattamento.
L'attività prevista nei commi precedenti non può essere retribuita.
Gli assistenti volontari possono collaborare coi centri di servizio sociale per l'affidamento in prova, per il regime di semilibertà e per l'assistenza ai dimessi e alle loro famiglie".
"Art. 17 (Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa). - La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'associazione rieducativa.
Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera.
Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo del direttore".
- Per il testo dell'art. 7 del decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334 (Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale), si vedano le note all'art. 3.
- Il testo dell'art. 123 del codice di procedura penale, è il seguente:
"Art. 123 (Dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate). - 1. L'imputato detenuto o internato in un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto dal direttore. Esse sono iscritte in apposito registro, sono immediatamente comunicate all'autorità competente e hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria.
2. Quando l'imputato è in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura, ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria, il quale ne cura l'immediata trasmissione all'autorità competente. Le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria.
3. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle denunce, impugnazioni, dichiarazioni e richieste presentate dalle altre parti private o dalla persona offesa".
- Il testo dell'art. 44 del citato decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è il seguente:
"Art. 44 (Comunicazione delle dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate). - 1. Le impugnazioni, le richieste e le altre dichiarazioni previste dall'art. 123 del codice sono comunicate nel giorno stesso, o al più tardi nel giorno successivo, all'autorità giudiziaria competente mediante estratto o copia autentica, anche per mezzo di lettera raccomandata. Nei casi di speciale urgenza, la comunicazione può avvenire anche con telegramma confermato da lettera raccomandata ovvero mediante l'uso di altri mezzi tecnici idonei. In tal caso l'ufficio presso il quale l'atto si trova attesta, in calce a esso, di aver trasmesso il testo originale".
- Il capo VI del titolo I della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, reca: "Misure alternative alla detenzione e remissione del debito".
- Il testo dell'art. 94 del citato decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è il seguente:
"Art. 94 (Ingresso in isitituti penitenziari). - 1. Il pubblico ufficiale preposto a un istituto penitenziario non può ricevere nè ritenervi alcuno se non in forza di un provvedimento dell'autorità giudiziaria o di un avviso di consegna da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria.
1-bis. Copia del provvedimento che costituisce titolo di custodia è inserito nella cartella personale del detenuto. All'atto del colloquio previsto dall'art. 23, quarto comma, del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, è anche successivamente, il direttore o l'operatore penitenziario da lui designato accerta, se del caso, con l'ausilio di un interprete, che l'interessato abbia precisa conoscenza del provvedimento che ne dispone la custodia e gliene illustra, ove occorra, i contenuti.
1-ter. L'autorità giudiziaria che dispone la custodia cautelare in carcere o che pronuncia un provvedimento da cui non consegua la rimessione in libertà del detenuto dispone che copia del provvedimento sia trasmessa, a cura della polizia giudiziaria o della cancelleria, al direttore dell'istituto penitenziario perchè provveda a quando stabilito dal comma 1-bis.
1-quater. Il detenuto ha sempre diritto di consultare la propria cartella personale e di ottenere copia dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria in essa contenuti.
2. Nondimeno, se si presenta nell'istituto una persona che dichiari di avere commesso un reato per il quale è obbligatorio l'arresto in flagranza, ivi deve essere trattenuto a norma dell'art. 349 del codice ad opera degli appartenenti al personale di custodia che abbiano qualità di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria, i quali redigono verbale e ne danno immediata notizia alla autorità giudiziaria competente.
3. Allo stesso modo si procede nei confronti di un latitante che si sia sottratto alla esecuzione della custodia cautelare, di un evaso o di un condannato in via definitiva che non sia in grado di produrre copia dell'ordine di esecuzione".
- Per il testo del quarto comma dell'art. 13 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in nota all'art. 30.
- Per il capo VI del titolo I della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 24.
- Il testo vigente dell'art. 14-ter della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 14-ter (Reclamo). - 1. Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.
2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo.
3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e del pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie.
4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del capo II-bis del titolo II".
- Per il testo del secondo e quarto comma, dell'art. 80 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in nota all'art. 118.
- Per il testo del terzo comma, dell'art. 13 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in nota all'art. 30.
- Il testo del sesto comma, dell'art. 1 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individuazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti".
- Il testo dell'art. 13 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 13 (Individuazione del trattamento). - Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto.
Nei confronti dei condannati e degli internati è predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione è compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa.
Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell'osservazione sono formulate indicazioni di merito al trattamento rieducativo da effettuare ed è compilato il relativo programma, che è integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione.
Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati.
Deve essere favorita in collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento".
- Per il testo del secondo comma, dell'art. 14 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in nota all'art. 36.
- Per il testo dell'art. 33, primo comma, n. 3), della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 22.
- Per il testo dell'art. 14-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 14.
- Per il testo del secondo comma, dell'art. 11 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 17.
- Per il testo dell'art. 123 del codice di procedura penale e per il testo dell'art. 44 del citato decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si vedano le note all'art. 24.
- Il testo degli articoli 16, 14 e 31 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 16 (Regolamento dell'istituto). - In ciascun istituto il trattamento penitenziario è organizzato secondo le direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti.
Le modalità del trattamento da seguire in ciascun istituto sono disciplinate nel regolamento interno, che è predisposto e modificato da una commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. La commissione può avvalersi della collaborazione degli esperti indicati nel quarto comma dell'art. 80.
Il regolamento interno disciplina, altresì, i controlli cui devono sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono.
Il regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal Ministro per la grazia e giustizia".
"Art. 14 (Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati). - Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento.
L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell'art. 42.
E' assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al di sotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione.
E' consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati ad attività organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza. Le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni d'istituto".
"Art. 31 (Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati). - Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 12 e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal regolamento interno dell'istituto".
- Per il testo vigente del primo comma, dell'art. 4-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in note all'art. 39.
- Il testo vigente degli articoli 4-bis e 18 della citata legge 26 luglio 1975, n. 254, è il seguente:
"Art. 4-bis (Divieto dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti). - 1. Fermo quanto stabilito dall'art. 13-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, l'assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio, e le misure alternative alla detenzione previste dal capo I della legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice di procedura penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo nonchè per i delitti, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale e all'art. 74, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, solo nei casi in cui tali detenuti internati collaborano con la giustizia a norma dell'art. 58-ter. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei predetti delitti, ai quali sia sta applicata una delle circostanze attenuanti previste dagli articoli 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna o 114 del codice di procedura penale, ovvero la disposizione dell'art. 116, secondo comma, dello stesso codice, i benefici suddetti posso essere concessi anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità dei collegamenti e la criminalità organizzata. Quando si tratta di detenuti o internati per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale ovvero di detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma del codice penale e all'art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, del predetto testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, i benefici suddetti possono essere concessi solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
Al suddetto comitato provinciale, può essere chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.
2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, terzo periodo, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni 3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3".
"Art. 18 (Colloqui, corrispondenza e informazione). - I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici. I colloqui si svolgono in appositi locali, sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia.
Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.
L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza. Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento.
I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sè i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione.
La corrispondenza dei singoli condannati o internati può essere sottoposta, con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a visto di controllo del direttore o di un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.
Salvo quanto disposto dall'art. 18-bis, per gli imputati i permessi di colloquio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, la sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza e le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza dell'autorità giudiziaria, ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'art. 11. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado i permessi di colloquio sono di competenza del direttore dell'istituto.
Le dette autorità giudiziarie, nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritengono di provvedervi direttamente, possono delegare il controllo al direttore o a un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Le medesime autorità possono anche disporre limitazioni nella corrispondenza e nella ricezione della stampa".
- Il testo vigente dell'ultimo comma dell'art. 21 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"4-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al secondo periodo del comma sedicesimo dell'art. 20, si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione professionale all'esterno degli istituti penitenziari".
- Per il testo del tredicesimo comma, dell'art. 20 della citata legge 26 aprile 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Il testo vigente del primo, secondo, terzo e quarto comma dell'art. 21 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'art. 15.
Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, l'assegnazione al lavoro esterno può essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni.
2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria.
3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell'istituto a cui il detenuto o l'internato è assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale.
4. Per ciascun condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo l'approvazione del magistrato di sorveglianza".
- Il testo del primo comma, dell'art. 24 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 24. - Sulla remunerazine spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresì prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell'art. 2".
- Il testo vigente dell'art. 385 del codice penale è il seguente:
"Art. 385 (Evasione). - Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito con la reclusione da sei mesi a un anno.
La pena è della reclusione da uno a tre anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed è da tre a cinque anni se la violenza o minaccia è commessa con armi o da più persone riunite.
Le disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonchè al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale.
Quando l'evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita".
- Per il testo del sesto comma, dell'art. 20 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Per il testo del sesto comma, dell'art. 20 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Per il testo del quattordicesimo comma, dell'art. 20 della citata legge 26 luglio, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Per il testo del primo comma, dell'art 24 della citata legge 26 luglio, n. 354, si vedano le note all'art. 48.
- Il testo dell'art. 145 del codice penale è il seguente:
"Art. 145 (Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato). - Negli stabilimenti penitenziari, ai condannati è corrisposta una remunerazione per il lavoro prestato.
Sulla remunerazione, salvo che l'adempimento delle obbligazioni sia altrimenti eseguito, sono prelevate nel seguente ordine:
1) le somme dovute a titolo di risarcimento del danno;
2) le spese che lo Stato sostiene per il mantenimento del condannato;
3) le somme dovute a titolo di rimborso delle spese del procedimento.
In ogni caso, deve essere riservata a favore del condannato una quota pari a un terzo della remunerazione, a titolo di peculio. Tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro".
- La legge 25 marzo 1985, n. 121, reca: "Ratifica ed esecuzione dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa sede".
- Per il testo del secondo comma, dell'art. 17 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 23.
- Per il testo dell'art. 27 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Per il testo dell'art. 17 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 23.
- Per il testo del secondo comma, dell'art. 18 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 39.
- Per il testo del primo e secondo comma, dell'art. 30 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, vedasi in note all'art. 77.
- Il testo vigente del terzo comma, dell'art. 30-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Il provvedimento è comunicato immediatamente senza formalità, anche a mezzo del telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e all'interessato, i quali, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo, se il provvedimento è stato emesso dal magistrato di sorveglianza, alla sezione di sorveglianza, o, se il provvedimento è stato emesso da altro organo giudiziario, alla Corte di appello".
- Per il testo degli articoli 9, 12, 20 e 27 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 20.
- Per il testo dell'art. 17 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 23.
- Il testo dell'art. 6 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 6 (Locali di soggiorno e di pernottamento). - I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; aerati, riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia.
I locali destinati al pernottamento in camere dotate di uno o più posti.
Particolare cura è impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati in camere a più posti.
Agli imputati deve essere garantito il pernottamento in camere ad un posto a meno che la situazione particolare dell'istituto non lo consenta.
Ciascun detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto".
- Il testo dell'art. 34 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 34 (Perquisizione personale). - I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per motivi di sicurezza.
La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della personalità".
- La legge 1o aprile 1981, n. 121, reca: "Nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza".
- Per il testo del quinto comma dell'art. 13 della detta legge n. 121/1981, si veda la nota all'art. 93.
- Il testo dell'art. 35 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 35 (Diritto di reclamo). - I detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa:
1) al direttore dell'istituto, nonchè agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione di pena e al Ministro per la grazia e giustizia;
2) al magistrato di sorveglianza;
3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;
4) al presidente della giunta regionale;
5) al Capo dello Stato".
- Il resto vigente degli articoli 47, 47-ter, 50, 52, 53, 54 e 56 della citata legge 26 luglio1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 47 (Affidamento in prova al servizio sociale). - 1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
2. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. L'affidamento in prova al servizio sociale, può essere disposto senza procedere all'osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.
4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione cui l'istanza deve essere rivolta, può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza successivamente proposta.
5. All'atto dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale".
"Art. 47-ter (Detenzione domiciliare). - 1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonchè la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci, con lei convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'art. 4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. Se l'istanza di applicazione della detenzione domiciliare è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza cui la domanda deve essere rivolta può disporre l'applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4.
2. La detenzione domiciliare non può essere concessa quando è accertata l'attualità di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata o di una scelta di criminalità.
3. Se la condanna di cui al comma 1 deve essere eseguita nei confronti di persona che trovasi in stato di libertà o ha trascorso la custodia cautelare, o la parte terminale di essa, in regime di arresti domiciliari, si applica la procedura di cui al comma 4 dell'art. 47.
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito dall'art. 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare.
5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, è punito ai sensi dell'art. 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo.
9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra misura".
"Art. 50 (Ammissione alla semilibertà). - 1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.
2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, di almeno due terzi di essa. L'internato può esservi ammesso in ogni tempo. Tuttavia, nei casi previsti dall'art. 47, se mancano i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell'espiazione di metà della pena.
3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.
4. L'ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.
5. Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena.
6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà può essere altresì disposta successivamente all'inizio dell'esecuzione della pena. Si applica l'art. 47, comma 4, in quanto compatibile.
7. Se l'ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà di cui all'ultimo comma dell'art. 92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431".
"Art. 52 (Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà). - Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore nel complesso a giorni quarantacinque all'anno.
Durante la licenza il condannato è sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca di semilibertà.
Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.".
"Art. 53 (Licenze agli internati). - Agli internati può essere concessa una licenza di sei mesi nel periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame di pericolosità.
Ai medesimi può essere concessa, per gravi esigenze personali o familiari, una licenza di durata non superiore a giorni quindici; può essere inoltre concessa una licenza di durata non superiore a giorni trenta, una volta all'anno, al fine di favorirne il riadattamento sociale.
Agli internati ammessi al regime di semilibertà possono inoltre essere concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo comma dell'articolo precedente.
Durante la licenza l'internato è sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se l'internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere della licenza, senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e, se in regime di semilibertà, può subire la revoca della concessione.".
"Art. 54 (Liberazione anticipata). - 1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio è comunicata all'ufficio del pubblico ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento è stato da lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca.
4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta al sensi del comma 1 si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all'ergastolo.".
"Art. 56 (Remissione del debito). - 1. Il debito per le spese di procedimento e di mantenimento è rimesso nei confronti dei condannati e degli internati che si trovano in disagiate condizioni economiche e hanno tenuto regolare condotta ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 30-ter. La relativa domanda può essere proposta fino a che non sia conclusa la procedura per il recupero delle spese.".
- Il testo vigente dell'art. 94 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è il seguente:
"Art. 94 (Affidamento in prova in casi particolari). - 1. Se la pena detentiva, inflitta nel limite di quattro anni o ancora da scontare nella stessa misura deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con una unità sanitaria locale o con uno degli enti previsti dall'art. 115 o privati. Alla domanda deve essere allegata certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza e la idoneità, ai fini del recupero del condannato del programma concordato.
2. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 91, commi 3 e 4, 92, commi 1 e 3.
3. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza può anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresì accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio.
4. Se il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresì stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegue il programma di recupero.
L'esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento.
5. L'affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto, ai sensi del presente articolo, più di due volte.
6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663".
- Per il testo del primo comma, numeri 2) e 3), dell'art. 33 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 22.
- Il testo vigente degli articoli 30, 30-ter e 51 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 30 (Permessi). - Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo. Agli imputati il permesso è concesso, durante il procedimento di primo grado, dalle medesime autorità giudiziarie, competenti, ai sensi del secondo comma dell'art. 11, a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado. Durante il procedimento di appello provvede il presidente del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'ufficio giudiziario presso il quale si è svolto il procedimento di appello.
Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi di particolare gravità.
Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di dodici, è punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, è punibile a norma del primo comma dell'art. 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo è punito in via disciplinare".
"Art. 30-ter (Permessi premio). - Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 e che non risultano socialmente pericolosi, il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.
(Omissis).
Per i condannati minori di età la durata dei permessi premio non può superare ogni volta i venti giorni e la durata complessiva non può eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di espiazione.
L'esperienza dei permessi premio è parte integrante del programma di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
La concessione dei permessi è ammessa:
a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;
b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;
c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre dieci anni;
d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni.
Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale, la concessione è ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto.
Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di cui al primo comma dell'art. 30; si applicano altresì le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo.
Il provvedimento relativo ai permessi premio è soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'art. 30-bis.
La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attività lavorative o culturali".
"Art. 51 (Sospensione e revoca del regime di semilibertà). - Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall'istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione.
Se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato è punibile a norma del primo comma dell'art. 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All'internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall'istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell'art. 53".
- Per il testo degli articoli 52 e 53 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 76.
- Il testo del secondo comma, dell'art. 39 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"La sanzione della esclusione dalle attività in comune non può essere eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il soggetto può sopportarla. Il soggetto escluso dalle attività in comune è sottoposto a costante controllo sanitario".
- Il testo dei n. 1) e 2) del primo comma, dell'art. 39 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Le infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti sanzioni:
1) richiamo del direttore;
2) ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al personale e di un gruppo di detenuti o internati;".
- Il testo del terzo comma, dell'art. 41 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Non può esser usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si può far ricorso ai fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto.
L'uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario".
- Il testo vigente dell'art. 42-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 42-bis. (Traduzioni). - 1. Sono traduzioni tutte le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale.
2. Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono eseguite, nel tempo più breve possibile, dal Corpo di polizia penitenziaria, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l'assistenza di personale femminile.
3. Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei servizi dei centri per la giustizia minorile possono essere richieste, nelle sedi in cui non sono disponibili contingenti del Corpo di polizia penitenziaria assegnati al settore minorile, ad altre forze di polizia.
4. Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonchè per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.
5. Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi è obbligatorio quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione. In tutti gli altri casi l'uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica è vietato. Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga è compiuta, all'atto di disporre la traduzione, dall'autorità giudiziaria o dalla direzione penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni.
6. Nelle traduzioni collettive è sempre obbligatorio l'uso di manette modulari multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale. E' vietato l'uso di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.
7. Nelle traduzioni individuali e collettive è consentito, nei casi indicati dal regolamento, l'uso di abiti civili. Le traduzioni dei soggetti di cui al comma 3 sono eseguite, di regola, in abiti civili".
- Il testo dell'art. 679 del codice di procedura penale è il seguente:
"Art. 679 (Misure di sicurezza). - 1. Quando una misura di sicurezza diversa dalla confisca è stata, fuori dei casi previsti dall'art. 312, ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l'interessato è persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti, premessa, ove occorra, la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato. Provvede altresì, su richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del suo difensore o di ufficio su ogni questione relativa nonchè sulla revoca della dichiarazione di tendenza a delinquere.
2. Il magistrato di sorveglianza sovraintende alla esecuzione delle misure di sicurezza personale".
- Il testo dell'art. 44 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 44 (Nascite, matrimoni, decessi). - Negli atti di stato civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione l'istituto.
La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella da cui il soggetto dipendeva e al Ministero della giustizia.
La salma è messa immediatamente a disposizione dei congiunti".
- Il testo dell'art. 44 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 44 (Nascite, matrimoni, decessi). - Negli atti di stato civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione l'istituto.
La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella da cui il soggetto dipendeva e al Ministero della giustizia.
La salma è messa immediatamente a disposizione dei congiunti".
- Il testo vigente dell'art. 13 della citata legge 1° aprile 1981, n. 121, è il seguente:
"Art. 13 (Prefetto). - Il prefetto è autorità provinciale di pubblica sicurezza.
Il prefetto ha la responsabilità generale dell'ordine e della sicurezza pubblica nella provincia e sovraintende all'attuazione delle direttive emanate in materia.
Assicura unità di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure occorrenti.
A tali fini il prefetto deve essere tempestivamente informato dal questore e dai comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza su quanto comunque abbia attinenza con l'ordine e la sicurezza pubblica nella provincia.
Il prefetto dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti e ne coordina le attività.
Il prefetto trasmette al Ministro dell'interno relazioni sull'attività delle forze di polizia in riferimento ai compiti di cui al presente articolo.
Il prefetto tiene informato il commissario del Governo della regione sui provvedimenti che adotta nell'esercizio dei poteri ad esso attribuiti dalla presente legge".
- Il testo dell'art. 45 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 45 (Assistenza alle famiglie). - Il trattamento dei detenuti e degli internati è integrato da un'azione di assistenza alle loro famiglie.
Tale azioni è rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolarne il reinserimento sociale.
E' utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale".
- Per il testo dell'art. 656, comma 9, lettera a) del codice di procedura penale, si veda in nota all'art. 99.
- Per il testo dell'art. 47 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 76.
- Il testo dell'art. 666, comma 7, del codice di procedura penale, è il seguente:
"7. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente".
- Per il testo dell'art. 656, comma 10, del codice di procedura penale, si veda in note all'art. 99.
- Per il testo dell'art. 47 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 76.
- Il testo dell'art. 663, comma 2, del codice di procedura penale è il seguente:
"2. Se le condanne sono state inflitte da giudici diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'art. 665, comma 4".
- Per il testo dell'art. 78 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 23.
- Il testo dell'art. 51-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 51-bis (Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà). - 1. Quando durante l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare o del regime di semilibertà sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva, il direttore dell'istituto penitenziario o il direttore del centro di servizio sociale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza. Se questi, tenuto conto del cumulo delle pene, rileva che permangono le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 47 o al comma 1 dell'art. 47-ter o ai primi tre commi dell'art. 50, dispone con decreto la prosecuzione provvisoria della misura in corso; in caso contrario dispone la sospensione della misura stessa. Il magistrato di sorveglianza trasmette quindi gli atti al tribunale di sorveglianza che deve decidere nel termine di venti giorni la prosecuzione o la cessazione della misura".
- Per il testo dell'art. 663, comma 2, del codice di procedura penale, si vedano le note all'art. 97.
- Il testo dell'art. 51-ter della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 51-ter (Sospensione cautelativa delle misure alternative). - 1. Se l'affidato in prova al servizio sociale o l'ammesso al regime di semilibertà o di detenzione domiciliare pone in essere comportamenti tali da determinare la revoca della misura, il magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione essa è in corso ne dispone con decreto motivato la provvisoria sospensione, ordinando l'accompagnamento del trasgressore, in istituto.
Trasmette quindi immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni di competenza. Il provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza cessa di avere efficacia se la decisione del tribunale di sorveglianza non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti".
- Per il testo dell'art. 94 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si vedano le note all'art. 76.
- Il testo dell'art. 656 del codice di procedura penale è il seguente:
"Art. 656 (Esecuzione delle pene detentive) - 1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.
2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato.
3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato.
4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'art. 277.
5. Se la pena detentiva anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni ovvero a quattro anni nei casi in cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono consegnati al condannato con l'avviso che egli, entro trenta giorni, può presentare istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessaria, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'art. 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'art. 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza, l'esecuzione della pena avrà corso immediato.
6. L'istanza deve essere presentata al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Il tribunale di sorveglianza decide entro 45 giorni dal ricevimento dell'istanza.
7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'art. 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
8. Qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione.
9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;
b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardi al tribunale di sorveglianza perchè provveda, senza formalità, all'eventuale applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'art. 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza".
- Per il testo dell'art. 51-bis della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 98.
- Per il testo dell'art. 47-ter della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 76.
- Per il testo dell'art. 666, comma 7, del codice di procedura penale, si vedano le note all'art. 97.
- Per il testo dell'art. 51 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 77.
- Il testo del primo comma dell'art. 48 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività lavorative istruttive o comunque utili al reinserimento sociale".
- Per il testo del secondo comma dell'art. 11 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 17.
- Per il testo dell'art. 54 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 76.
- Per il testo del comma 7 dell'art. 666 del codice di procedura penale, si vedano le note all'art. 97.
- Per il testo degli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del codice penale, si vedano le note all'art. 23.
- Il testo del terzo comma dell'art. 61 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalità previste dal regolamento, i condannati alla pena dell'arresto della reclusione possono essere assegnati alle case di custodia preventiva: i condannati alla pena della reclusione possono essere altresì assegnati alle case di arresto".
- Il testo dell'art. 215, comma, secondo, n. 3), del codice penale, è il seguente:
"Sono misure di sicurezza detentive:
1) - 2) omissis;
3) il ricovero in un manicomio giudiziario;
4) omissis".
- Il testo degli articoli 148 e 206 del codice penale, è il seguente:
"Art. 148 (Infermità psichica sopravvenuta al condannato). - Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l'infermità sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale, o professionale, o di delinquente per tendenza.
(Omissis).
Il provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato è sottoposto alla esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento".
"Art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza). - Durante l'istruzione o il giudizio, può disporsi che il minore di età, o l'infermo di mente o l'ubriaco abituale, o la persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti, o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti, siano provvisoriamente ricoverati in un riformatorio, o in un manicomio giudiziale, o in una casa di cura e di custodia.
Il giudice revoca l'ordine, quando ritenga che tali persone non siano più socialmente pericolose.
Il tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza è computato nella durata minima di essa".
- Il testo del secondo comma dell'art. 222 del codice penale, è il seguente:
"Se la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva è colpita da un'infermità psichica, il giudice ne ordina il ricovero in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia".
- Per il testo degli articoli 148, 206 e 212, secondo comma, del codice penale, si vedano le note all'art. 111.
- Il testo degli articoli 70, 71 e 72 del codice di procedura penale, è il seguente:
"Art. 70 (Accertamenti sulla capacità dell'imputato). - 1. Quando non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e vi è ragione di ritenere che, per infermità mentale sopravvenuta al fatto, l'imputato non è in grado di partecipare coscientemente al processo, il giudice, se occorre, dispone anche di ufficio perizia.
2. Durante il tempo occorrente per l'espletamento della perizia il giudice assume, a richiesta del difensore, le prove che possono condurre al proscioglimento dell'imputato, e, quando vi è pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti.
3. Se la necessità di provvedere risulta durante le indagini preliminari, la perizia è disposta dal giudice a richiesta di parte con le forme previste per l'incidente probatorio. Nel frattempo restano sospesi i termini per le indagini preliminari e il pubblico ministero compie i soli atti che non richiedono la partecipazione cosciente della persona sottoposta alle indagini. Quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove nei casi previsti dall'art. 392".
"Art. 71 (Sospensione del procedimento per incapacità dell'imputato).- 1. Se, a seguito degli accertamenti previsti dall'art. 70, risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone con ordinanza che questo sia sospeso, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice nomina all'imputato un curatore speciale, designando di preferenza l'eventuale rappresentante legale.
3. Contro l'ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore nonchè il curatore speciale nominato all'imputato.
4. La sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'art. 70, comma 2. A tale assunzione il giudice procede anche a richiesta del curatore speciale, che in ogni caso ha facoltà di assistere agli atti disposti sulla persona dell'imputato, nonchè agli atti cui questi ha facoltà di assistere.
5. Se la sospensione interviene nel corso delle indagini preliminari si applicano le disposizioni previste dall'art. 70 comma 3.
6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'art. 75, comma 3".
"Art. 72 (Revoca dell' ordinanza di sospensione). - 1. Allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del procedimento, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone ulteriori accertamenti peritali sullo stato di mente dell'imputato.
Analogamente provvede a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.
2. La sospensione è revocata con ordinanza non appena risulti che lo stato mentale dell'imputato ne consenta la cosciente partecipazione al procedimento ovvero che nei confronti dell'imputato deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere".
- Il testo dell'art. 59 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 59 (Istituti per adulti). - Gli istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione penitenziaria si distinguono in:
1) istituto di custodia cautelare;
2) istituto per l'esecuzione delle pene;
3) istituto per l'esecuzione delle misure di sicurezza;
4) centri di osservazione".
- Per il testo del secondo comma dell'art. 14 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 36.
- Il testo dell'art. 67 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 67 (Visite agli istituti). - Gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da:
a) il Presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente della Corta costituzionale;
b) i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i sottosegretari di Stato i membri del parlamento e i componenti del consiglio superiore della magistratura;
c) il presidente della corte d'appello, il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni;
d) i consiglieri regionali e il commissario di Governo per la regione, nell'ambito delle loro circoscrizioni;
e) l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo Ministero;
f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale;
g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati;
h) gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria;
i) l'ispettore dei cappellani;
l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia.
L'autorizzazione non occorre nemmeno per loro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio e per il personale indicato nell'art. 18-bis.
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri del culto cattolico e di altri culti".
- Il testo vigente dell'art. 80 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, è il seguente:
"Art. 80 (Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena). - Presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall'art. 72.
L'amministrazione penitenziaria può avvalersi per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro limiti numerici da concordare annualmente con il Ministero del tesoro.
Al personale incaricato giornaliero è attribuito lo stesso trattamento ragguagliato a giornate previsto per il corrispondente personale incaricato.
Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l'amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
Il servizio infermieristico degli istituti penitenziari previsti dall'art. 59, è assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri.
A tal fine la dotazione organica degli operai dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 275, emanato a norma dell'art. 17 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, è incrementata di ottocento unità riservate alla suddetta categoria. Tale unità sono attribuite nella misura di seicentoquaranta agli operai specializzati e di centosessanta ai capi operai.
Le modalità relative all'assunzione di detto personale saranno stabilite dal regolamento di esecuzione".
- Per il testo del primo comma dell'art. 78 della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si vedano le note all'art. 23.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469, reca: "Regolamento recante norme di semplificazione del procedimento per il versamento di somme all'entrata e la riassegnazione alle unità previsionali di base per la spesa del bilancio dello Stato, con particolare riferimento ai finanziamenti dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59".
- Il testo dell'art. 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547 (Disposizioni sulla riforma penitenziaria), è il seguente :
"Art. 4. Presso la direzione generale degli istituti di prevenzione e di pena è istituita la cassa delle ammende con personalità giuridica, amministrata con le norme della contabilità di Stato, salvo a fissare le relative modalità nel regolamento carcerario da emanarsi dal Ministero della giustizia di concerto con quello delle finanze.
Il bilancio preventivo, le eventuali variazioni da apportare nel corso dell'esercizio e il conto consuntivo sono approvati dal Ministero della giustizia di concerto con quello delle finanze.
Il bilancio preventivo e quello consuntivo devono pubblicarsi in allegato, rispettivamente allo stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia e al rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato.
Il servizio di cassa è disimpegnato dalla direzione generale della cassa depositi e prestiti e degli istituti di previdenza, presso la quale è istituito apposito conto corrente regolato a norma delle disposizioni sui conti correnti con detto istituto.
Nel regolamento di contabilità carceraria saranno stabilite le norme per il funzionamento del suddetto conto corrente".
- Per il testo dei commi secondo e quarto dell'art. 80, della citata della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si veda la nota all'art. 28.
- Per il testo dei commi secondo e quarto dell'art. 80, della citata della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, si veda la nota all'art. 28.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, come abrogato dal presente regolamento, era del seguente tenore: "Approvazione del regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà".